Distribuzione vaccini Covid: Petrone (Assoram) suona l’allarme per l’Italia
L’Italia avrà un ruolo chiave nella distribuzione finale dei vaccini anti-Covid19, perché è stata scelta da diversi produttori per ospitare i siti di confezionamento dei preparati (nei quali cioè il prodotto in bulk verrà trasformato e smistato per il ‘consumo’ finale). In particolare AstroZeneca-Oxford svolgerà questa attività ad Anagni, nello stabilimento di Catalent, e lo […]
L’Italia avrà un ruolo chiave nella distribuzione finale dei vaccini anti-Covid19, perché è stata scelta da diversi produttori per ospitare i siti di confezionamento dei preparati (nei quali cioè il prodotto in bulk verrà trasformato e smistato per il ‘consumo’ finale). In particolare AstroZeneca-Oxford svolgerà questa attività ad Anagni, nello stabilimento di Catalent, e lo stesso faranno “altri cinque-sei produttori” della decina che ad oggi sono alle battute finali dello sviluppo del vaccino. A spiegarlo a SUPPLY CHAIN ITALY è Pierluigi Petrone, presidente di Assoram, che riunisce gli operatori commerciali e logistici della distribuzione primaria di farmaci, nonché membro del comitato di presidenza di Farmaindustria, associazione delle imprese del farmaco aderente a Confindustria.
Per questo motivo, anche se verosimilmente il principio attivo alla base dei preparati sarà realizzato in gran parte all’estero, la Penisola “fungerà non solo da hub” – cioè da centro di stoccaggio del preparato – “ma anche da bridge” – ovvero da ponte per la distribuzione anche in altri paesi vicini, spiega Petrone.
Nonostante l’attualità del tema e questo ruolo chiave che sarà ricoperto dall’Italia come piattaforma logistica, l’approntamento di una supply chain adeguata a gestire questa “situazione senza precedenti” pare però non essere tra le priorità del governo. “Da 1 a 10, la risposta delle istituzioni fino ad ora è stata da -1” afferma senza mezzi termini Petrone, che nei giorni scorsi con Assoram si è rivolto a una serie di soggetti – “abbiamo scritto a Usmaf, al Ministero della Salute, al Ministero dei Trasporti, alla Conferenza Stato-Regioni e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri” – per chiedere l’avvio di un tavolo di confronto tra Stato e operatori sul tema.
Senza, per il momento, avere però ricevuto risposta.
“La prossima settimana ci ritroveremo con altre associazioni di categoria che stanno affrontando il problema: oltre a noi, ci saranno ad esempio Confetra, Assologistica e Anama” spiega il presidente di Assoram, che poi aggiunge: “Abbiamo visto i ritardi che ci sono stati negli approvvigionamenti di mascherine, di camici, di reagenti, e poi anche dei banchi di scuola: non possiamo permetterci di arrivare impreparati a gestire la distribuzione del vaccino”.
Un’attività che per forza di cose, conferma Petrone, ad oggi ha contorni ancora poco definiti, date le mille variabili e incognite che porta con sé, non ultima quella relativa alle esigenze di conservazione del preparato.
Come ormai noto, queste potranno infatti variare dal range ‘standard’ di 2-8 gradi Celsius, che le supply chain farmaceutiche sono abituate a gestire, per arrivare a temperature più rigide, fino a -70°. “Va considerato però che, indicativamente, una temperatura come questa sarà richiesta verosimilmente per la gestione del prodotto in bulk, e certamente non è quella a cui dovrà avvenire la somministrazione al paziente, che altrimenti avrebbe uno shock termico! Insomma, la fase di ultimo miglio del prodotto finito verosimilmente potrà avvenire, anche per preparati di questo tipo, a temperature più alte”.
Un’altra grande incognita riguarda i volumi che si renderanno necessari per proteggere la popolazione. Secondo il presidente di Assoram, la stima elaborata da DHL nel report realizzato con McKinsey – che prevede l’impiego di 10 miliardi di dosi, con la consegna globale di 220mila pallet e 15 milioni di contenitori – è ragionevole perché basata sugli storici delle distribuzioni dei vaccini antinfluenzali, con cui – si può supporre – il preparato contro il Covid-19 avrà molto in comune, ad esempio le dimensioni delle fiale. All’Italia potrebbe dunque essere destinato un numero di dosi pari a quello della popolazione (mentre all’Europa nel suo insieme andrà un quarto o un quinto della produzione globale). Ma chiaramente – e questa è un’ulteriore variabile – questo dipenderà anche dalla necessità di eventuali richiami, che nel caso andrebbe a moltiplicare le dosi richieste.
La gestione dell’ultimo miglio, secondo Petrone, sarà comunque la fase che presenterà le maggiori criticità in Italia, anche perché il nostro paese, a differenza di Stati come la Francia o la Spagna, ha una popolazione meno concentrata nelle capitali e più distribuita sul territorio.
Un altro nodo ancora da sciogliere riguarda poi quelle che saranno le destinazioni finali di questo ‘miglio’. In altre parole: dove saranno effettuate le vaccinazioni? “I punti di consegna finali potrebbero essere ospedali, ambulatori, studi di medici di famiglia, farmacie. A mio avviso – e non lo dico in quanto ‘farmacista’ (Petrone è CEO del gruppo omonimo, holding di circa 30 aziende operanti nel settore farmaceutico, parafarmaceutico e sanitario, ndr) proprio queste ultime potrebbero essere un luogo ottimale per la somministrazione del vaccino, per via della capillare presenza sul territorio ma anche per la disponibilità di magazzini sicuri contro possibili furti o danneggiamenti”.
Maggiori certezze paiono esserci invece rispetto alle fasi precedenti della distribuzione.
“Il trasporto dai grandi centri produttivi, a mio avviso, non potrà che avvenire per via aerea: d’altra parte abbiamo fatto arrivare in aereo le mascherine, non potremo che fare lo stesso con i vaccini” commenta Petrone, per il quale via nave potrebbero essere spedite parti accessorie al processo, come le cool box. “Da CEO di un’azienda farmaceutica io non utilizzerei il trasporto marittimo, innanzitutto per i tempi. Ma anche perché il costo di una spedizione aerea, per quanto maggiore rispetto a una via nave, avrà un’incidenza minima su quello complessivo necessario per la realizzazione del vaccino e la distribuzione”.
Sicuramente serviranno “hub di approdo del farmaco” – tendenzialmente Malpensa e Fiumicino – “e poi anche hub regionali”. La ‘cabina di regia’ della distribuzione del vaccino dovrà essere però necessariamente centralizzata: “Lo Stato, anche a costo di qualche mal di pancia tra i governatori, dovrebbe avocare a sé l’assegnazione di questi contratti, e non lasciarli gestire in modo sparso alle Regioni. Ad esempio con gare messe a punto dal Ministero della Salute di concerto con quello delle Infrastrutture e Trasporti, e necessariamente anche con quello delle Finanze, vista l’entità dei contratti di cui si andrebbe a parlare”.
De Iure (Assoram): “Per farci trovare pronti stiamo mappando le capacità dei nostro associati”
Anche se in assenza di input da parte del Governo, Assoram ha iniziato nel corso delle ultime settimane a fare la sua parte per farsi trovare pronta in quella che sarà la sfida logistica più grande di sempre per il settore.
“Abbiamo inviato un questionario ai nostri associati con lo scopo di mappare le loro capacità” spiega Mila De Iure, Direttore generale dell’associazione. Dall’indagine è emerso che “tutte le aziende associate sono attente alle evoluzioni in atto e stanno valutando gli investimenti necessari”. Anche per i soci di Assoram è però fondamentale capire a quali temperature andranno gestiti i vaccini, in modo da poter valutare investimenti per spazi aggiuntivi nei magazzini da dedicare allo stoccaggio delle scorte e per la pianificazione efficace dei trasporti. Questo in particolare nel caso in cui venissero autorizzati vaccini basati sull’mRNA, che tendenzialmente sono quelli che richiedono le temperature di conservazione più rigide.
Per De Iure le maggiori criticità arriveranno quindi da tre elementi: “la gestione di stoccaggio e trasporto a -70°C, se fosse confermata questa cold chain per determinati vaccini; le esigenze rispetto a sicurezza e contraffazione; il generarsi di un picco di attività, che necessariamente si creerà a ridosso dell’immissione sul mercato delle scorte”.
Anche per il Direttore generale di Assoram la conclusione è comunque la stessa del presidente dell’associazione: “La macchina logistica deve prepararsi con congruo anticipo per evitare pericolosi imbuti: ne stiamo parlando con le altre rappresentanze di categoria per arrivare pronti al dibattito istituzionale” che – nonostante il silenzio registrato sinora dalle istituzioni – “ci sembra ormai prossimo”.
Francesca Marchesi
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