Covid, logistica e trasporti: le lezioni imparate negli ultimi mesi da Nestlé Purina e Bialetti
Per molti direttori della logistica il Covid è stato un test brutale nel fornire una valutazione della bontà di scelte operate in tempi ‘non sospetti’. Se Bayer – come ha raccontato a SUPPLY CHAIN ITALY il supply chain manager per l’Italia Michele Palumbo – ha visto confermata l’importanza di appoggiarsi in Italia a due centri […]
Per molti direttori della logistica il Covid è stato un test brutale nel fornire una valutazione della bontà di scelte operate in tempi ‘non sospetti’.
Se Bayer – come ha raccontato a SUPPLY CHAIN ITALY il supply chain manager per l’Italia Michele Palumbo – ha visto confermata l’importanza di appoggiarsi in Italia a due centri logistici anziché uno solo (quando il più principale è stato costretto a rallentare le attività perché a pochissima distanza dalla zona rossa di Codogno), altre realtà che pure hanno continuato a lavorare a pieno ritmo stanno ripensando alcuni processi alla luce del nuovo quadro.
Nell’ambito dell’edizione 2020 della Roundtable di CSCMP Italy hanno parlato delle ‘lezioni’ imparate durante l’emergenza sanitaria, oltre allo stesso Palumbo, anche Marco Porzio, supply chain director della regione Sud Europa di Nestlé Purina, e Luca Brandellero, direttore logistica dell’intero gruppo Bialetti, in un incontro presentato da Igino Colella Garofalo e Jean Claude Marini, il primo presidente e il secondo vicepresidente della funzione membership di Cscmp Italy Roundtable.
Tra i temi affrontati c’è stato proprio quello della ricerca del giusto punto di equilibrio tra centralizzazione (scelta perlopiù perseguita in chiave di riduzione dei costi) e disponibilità di ‘piani B’, non solo dal lato dei magazzini ma relativamente alle intere supply chain aziendali, quindi anche in relazione ai fornitori.
Porzio ha raccontato come durante le fasi acute dell’emergenza Nestlé nel suo insieme abbia avuto alcune difficoltà nello stabilimento di San Pellegrino – a causa della sua collocazione, nel mezzo della Val Brembana -, che però si sono rivelate, anche in termini di assenze del personale, ben inferiori a quelle riscontrate successivamente in altri centri europei del gruppo. Dal lato della domanda, durante il lockdown e nelle fasi successive, il gruppo ha riscontrato un prevedibile calo delle vendite dei prodotti destinati all’HoReCa (in primis le stesse acque San Pellegrino, solitamente vendute perlopiù nei ristoranti), ma anche un aumento di quelle del canale della distribuzione organizzata.
Relativamente agli effetti della pandemia sulla logistica: “Per tutti i network abbiamo un centro distributivo unico a livello nazionale, per ottimizzare, avere massa critica ed evitare dispersione dello stock”. Se il centro si fosse trovato nel mezzo di una zona rossa – cosa che fortunatamente non è avvenuta – ha affermato Porzio, il rischio sarebbe stato di avere delle discontinuità. “Come Nestlé abbiamo infatti dei centri di back up ‘tiepidi’ e non ‘caldi’, cioè che possono switchare, diventando il nodo principale, nel giro di 2-3 giorni”. Quelli per il Nord Italia, ha spiegato ancora Porzio, si trovano però a poca distanza, e quindi il rischio che non solo il principale ma anche il suo ‘sostituto’ potessero bloccarsi è stato concreto.
Secondo il manager, questo ha portato l’azienda a realizzare di “avere necessità di maggiore flessibilità in termini di back up: non solo una alternativa, ma possibilmente due, e a una distanza superiore tra loro”. Lo stesso ragionamento vale anche per il rapporto con i fornitori, anche se su quel fronte – spiega Porzio – “non abbiamo mai cercato la centralizzazione spinta, ne abbiamo mantenuti sempre due o tre “. Per il manager la pandemia ha però insegnato che anche in questo caso nella ricerca di alternative va considerata anche la ‘variabile geografica’. “Il sourcing locale avrà maggiore importanza rispetto al passato. I problemi di trasporto ci hanno portato ad attivare fornitori nazionali”, così come a considerare “la possibilità di sostenere le realtà più piccole” che magari potrebbero rivelarsi strategiche nel futuro, “rendendoci disponibili ad accorciare i termini di pagamento”.
La necessità di appoggiarsi in misura maggiore a fornitori più vicini geograficamente è stata evidenziata anche da Luca Brandellero di Bialetti Industrie. Gruppo noto soprattutto per l’invenzione della moka, oggi è una realtà quotata in Borsa – benché ancora “dall’approccio padronale” – che produce e vende anche anche pentole in acciaio (con il marchio Aeternum), così come caffettiere, macchine per l’espresso, cialde e lo stesso caffé (che arriva nello stabilimento di Coccaglio, in provincia di Brescia, ‘verde’ e lì viene tostato e incapsulato). Non solo: ha 100 punti vendita diretti e allo scoppio della pandemia aveva da poco ha fatto il suo ingresso nel segmento HoReCa, con la produzione di caffè da vendere nei bar. Insomma una struttura di vendita molto articolata (che include anche il canale del commercio elettronico, sia per via diretta che tramite Aamazon) che è stata messa sotto pressione in particolare durante il lockdown quando i negozi sono stati chiusi. L’azienda, ha raccontato Brandellero, ha reagito spingendo sull’e-commerce ma anche approntando la modalità della vendita telefonica per cercare di ‘tenere con sé’ la clientela che non acquistava né tramite GDO né tramite commercio elettronico, una alternativa che si è rilevata interessante e che dunque sarà ulteriormente sviluppata.
Relativamente agli approvvigionamenti, Brandellero ha rilevato come detto la necessità di trovare fornitori alternativi in Europa, perché le difficoltà nelle importazioni hanno portato anche a rotture di stock “dato che per fortuna nel frattempo per noi la domanda non è calata “.
Nel dettaglio, ha rilevato il manager, il trasporto marittimo va “a singhiozzo”, c’è “minor disponibilità di container” e quindi “stiamo lavorando con lead time più lunghi di un mese per sopperire a problemi dell’ultimo minuto, dato che abbiamo avuto anche navi che “sono arrivate con un ritardo di due o tre settimane perché magari hanno fatto giri più lunghi”. Anche per il direttore della logistica di Bialetti è poi da considerare l’opportunità di avere più di un centro logistico. Il gruppo, ha spiegato il manager, ad oggi ha infatti un “magazzino unico adiacente alla fabbrica principale”, gestito in “in full outsourcing” da un operatore che si occupa anche della distribuzione in Italia e in alcuni paesi europei. Più in generale secondo Brandellero, il lascito del Covid, per lo meno ad oggi, è che “ci sono assetti nuovi, perché i volumi sono inferiori, le aziende di trasporto hanno difficoltà operative anche perché alcuni operatori stanno chiudendo o lavorano a singhiozzo”. Di conseguenza, “si fa fatica a raggiungere alcune regioni d’Italia, le aziende stanno sostenendo costi alti, il livello di servizio si dovrà assestare su parametri diversi“.
F.M.
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