Ecco come Amadori, Rittal e Ansaldo Energia hanno salvato gli approvvigionamenti nell’era del Covid
L’impatto del covid sulla supply chain e la gestione della catena logistica durante l’emergenza sono stati temi al centro di alcune delle tavole rotonde dell’edizione 2020 della Cscmp Roundatable Italy. Uno di questi momenti di confronto è stato dedicato in particolare alla questione degli approvvigionamenti, che è stata affrontata in un dibattito intitolato ‘Nuovi scenari […]
L’impatto del covid sulla supply chain e la gestione della catena logistica durante l’emergenza sono stati temi al centro di alcune delle tavole rotonde dell’edizione 2020 della Cscmp Roundatable Italy.
Uno di questi momenti di confronto è stato dedicato in particolare alla questione degli approvvigionamenti, che è stata affrontata in un dibattito intitolato ‘Nuovi scenari e gestione dei rischi per gli acquisti’, a cui hanno partecipato il direttore acquisti del gruppo Amadori, Giampiero Carozza, il suo omologo di Ansaldo Energia, Antonio Piga, e il supply chain manager di Kelvin-Rittal, Roberto Ziggiotti, che ne hanno discusso rispondendo a domande e sollecitazioni di Paolo Fincato, membro del board Cscmp Italy, che ha presentato l’incontro.
Il livello di digitalizzazione e l’aver optato o meno per un double sourcing (ovvero un approvvigionamento non dipendente da un unico fornitore) sono stati tra gli elementi indicati come chiave per mantenere la fluidità di produzione e distribuzione.
Carozza, dopo avere ricordato che il gruppo Amadori, specialista del settore avicolo (con una quota di mercato intorno al 30% in Italia), per sua natura aveva già una certa dimestichezza con la gestione di crisi sanitarie (benché di tipo animale), ha spiegato che durante il lockdown per la gestione del procurement l’azienda ha approntato una piccolissima unità di crisi che riportava direttamente all’amministratore delegato. Tra le difficoltà riscontrate, Carozza ha ricordato il fatto che l’azienda sia dovuta passare nel giro di poco da un modello di approvvigionamento just-in-time, ad esempio sulle scorte di imballaggi, che venivano reintegrate ogni giorno, a una gestione classica basata sulla ridondanza estrema di materiali, a coprire fino a 8 mesi. Per le forniture di Dpi il manager ha spiegato che l’azineda ha dovuto fare “uno scouting violento, anche rischioso” di nuovi fornitori, che ha interessato non direttamente i produttori cinesi ma broker italiani. Di conseguenza la società si è ritrovata a fare ordini (e a firmare lettere di credito) con importi anche di un milione di euro a favore di soggetti semi-sconosciuti, quindi con maggiori livelli di rischio. Per altri prodotti carenti Amadori è invece riuscita a rivolgersi a fornitori già noto con i quali ha allargato il campo delle referenze richieste. Dal punto di vista della distribuzione, l’azienda non ha invece avuto difficoltà: “Abbiamo 1.500 camion che girano per noi ogni giorno, abbiamo sempre consegnato la merce” ha detto Carozza.
Le criticità incontrate da Amadori sono state simili a quelle vissute da Rittal Italia, come spiegato dal supply chain manager, Roberto Ziggiotti.
Anche Rittal, azienda che produce sistemi per armadi di comando, distribuzione di corrente, climatizzazione, infrastrutture IT, software e servizi, ha infatti avuto alcuni problemi con gli approvvigionamenti. Durante il lockdown l’azienda si è mossa attivando un magazzino estero nel quale ha fatto confluire le forniture, in modo da poter avere delle scorte già pronte per il momento del riavvio delle attività. Un’altra criticità si è avuta quando, sempre in marzo, la Croazia ha bloccato le frontiere agli autotrasportatori italiani. La soluzione adottata è stata una triangolazione con la sede principale di Rittal in Germania, cosa che ha evitato gli stop negli approvvigionamenti a fronte però di costi lievitati. Nel giro di poco l’azienda è riuscita comunque ad approntare una staffetta tra autotrasportatori italiani e sloveni/croati che si davano il cambio al confine.
Ziggiotti ha spiegato che però le difficoltà di approvvigionamento per Rittal erano iniziate già prima, con lo scoppiare dell’epidemia in Cina che ha fatto chiudere alcune fabbriche del paese. Quando queste hanno riaperto e ricominciato a produrre, per il ripristino delle scorte l’azienda è ricorsa anche a spedizioni aeree per ragioni di velocità, ovviamente però a costi elevati e con grandi difficoltà nel trovare slot.
Le relazioni già in essere con la Cina sono però state anche molto utili per il reperimento di Dpi: Rittal si è attivata infatti con i suoi fornitori, quindi senza necessità di rivolgersi a intermediari italiani.
Le difficoltà negli approvvigionamenti sono state meno avvertite da Ansaldo Energia, altra grande azienda rappresentata nella tavola rotonda. Come spiegato dal direttore Acquisti Antonio Piga, il gruppo genovese – che opera con tre business unit dedicate alla produzione di turbine, alla manutenzione di centrali elettriche e al decommissioning e manutenzione di centrali nucleari – operava già con modalità di double sourcing, affiancando quindi a fornitori di low cost country dei colleghi europei. Maggiori criticità sono arrivate da fornitori di secondo livello e in generale dalle realtà più piccole.
La digitalizzazione, altro grande tema sul tavolo, è stata prevedibilmente descritta da tutti in termini positivi, in particolare se avviata in pre-covid e quindi ‘rodata’ nelle procedure aziendali. Il lavoro in remoto, lodato da tutti perché consente maggiore snellezza, secondo Carozza ha però mostrato anche alcuni aspetti controversi proprio relativamente all’aspetto del procurement. Secondo il manager, la conduzione in remoto di trattative importanti – ad esempio per impianti o sistemi produttivi – ha fatto sì che si creasse l’impossibilità di confrontarsi e battagliare con il fornitore in questione su ogni riga dei contratti. Per Amadori, ha spiegato il manager, abituata a investire fino a 200 milioni all’anno, l’effetto misurato è stato di mancati saving per alcuni milioni. Tra i vantaggi dello smartworking Carozza ha poi parlato però anche della forte spinta alla formazione che si è creata con la pandemia grazie all’ampliamento dell’offerta di corsi via web e al loro costo inferiore, fattori che insieme hanno fatto sì che più persone in azienda potessero fruirne.
Sul tema degli effetti collaterali della digitalizzazione e del lavoro in remoto si è espresso anche Ziggiotti, evidenziando come queste modalità abbiamo anche creato uno scollamento dei lavoratori impegnati su funzioni come acquisti e supply chain dai reparti produttivi. Il manager è tornato anche sulla questione delle scorte, raccontando che l’azienda ha raggiunto e ha in essere ora un accordo con un fornitore cinese per avere un buffer stock del suo prodotto nello stabilimento europeo dello stesso fornitore (il quale però si occupa della realizzazione di altri prodotti che non c’entrano col primo e non rientrano tra gli acquisti di Rittal). “C’è bisogno di maggior apertura da parte dei fornitori” ha commentato Ziggiotti, rilevando che da questa crisi sono scaturite anche nuove opportunità e soluzioni che prima non sarebbero state pensabili.
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