“Difficile trattenere nell’intermodalità i clienti arrivati con l’emergenza sanitaria”
Durante l’emergenza sanitaria le aziende hanno fatto un massiccio ricorso al trasporto intermodale (anche perché quello su gomma per varie ragioni non è stato immediatamente in grado di offrire risposte in linea con le restrizioni introdotte dai Dpcm). Trattenere questa clientela ‘emergenziale’ anche in tempi normali non sarà scontato, e anzi molti operatori non ci […]
Durante l’emergenza sanitaria le aziende hanno fatto un massiccio ricorso al trasporto intermodale (anche perché quello su gomma per varie ragioni non è stato immediatamente in grado di offrire risposte in linea con le restrizioni introdotte dai Dpcm).
Trattenere questa clientela ‘emergenziale’ anche in tempi normali non sarà scontato, e anzi molti operatori non ci stanno riuscendo perché non sono in grado di mantenere la competitività del servizio. La considerazione è di Umberto Ruggerone, vicepresidente di Assologistica, ed è emersa nella Tavola Rotonda associata alla 16esima edizione del premio ‘Il Logistico dell’anno’ dell’associazione, andata in scena quest’anno inevitabilmente in modalità solo on line.
L’incontro è stato l’occasione per ragionare sulle ‘lezioni’ apprese dal settore della logistica (e su quelle ancora da apprendere) dall’impatto del covid-19, così come appunto sulla durabilità dei cambiamenti scatenati dall’emergenza.
A fare una fotografia del settore è stato poi Ivano Russo, direttore generale di Confetra, che ha confermato che in Italia la perdita stimata di volumi del comparto per il 2020, come già emerso del report dell’Osservatorio Contract Logistics, sarà tra l’8 e il 10% (a fronte di un calo del Pil italiano nell’ordine del 10-12%). Questo a riprova del consolidarsi del fenomeno di scollamento tra l’andamento del Prodotto interno lordo e quello del comparto logistico che si osserva da qualche anno. Prima della crisi del 2008, ha ricordato Russo, tra i due dati si aveva infatti un rapporto 1:3 (per ogni aumento di un punto percentuale del primo, il secondo ne registrava tre): ora il comparto segue dinamiche sue proprie, pertanto questo “in certi casi è di 1:15, anche 1:17”.
Il Dg di Confetra è poi tornato sulla questione (che sta tenendo banco anche in questi giorni) del predominio dei viaggi viaggi con franco destino anziché franco fabbrica nell’export italiano (ieri Srm ha anche diffuso un report con le ragioni addotte dagli operatori per spiegare il perché di questa scelta. Per Russo un fenomeno che si spiega anche con la “polverizzazione” del comparto, che sconta l’assenza di grandi ‘campioni nazionali‘ su cui invece possono contare paesi come Francia e Germania, che hanno proprio nella forza della loro logistica una delle ‘armi’ del loro affermarsi sulla scena politico-economica internazionale. Russo, come molti dei relatori, ha affrontato anche il tema della visibilità avuta dal comparto in questa fase, che a suo dire ha dato anche un risultato concreto come l’inserimento delle imprese del settore nel decreto Cura Italia.
Da Elena di Biase di JLL è stata fornita invece una panoramica più specifica sul settore dell’immobiliare logistico In Italia, per la verità apprezzato dagli investitori internazionali anche da prima della pandemia. La Head of Logistics Capital Markets della società ha spiegato che il lockdown, per Jll come per altri, ha comportato un immediato stop agli investimenti e ai finanziamenti delle banche. La ripartenza però si è avuta già dopo un mese: anche per di Biase la grande attenzione avuta dal settore della logistica ha avuto un effetto concreto, non solo nel rassicurare gli stessi investitori ma anche nel far loro percepire tutto il potenziale di crescita dei propri tenant.
Tra le tendenze di oggi, oltre alla crescita enorme dell’e-commerce, secondo la manager c’è l’interesse degli investitori istituzionali verso interi portafogli di immobili, di strutture tradizionali ma anche urbane. Altri segmenti che riscuotono successo sono quelli della cosiddetta Trophy logistics (grandi poli dell’e-commerce) e la logistica specializzata per i settori food e pharma. Questi ultimi solitamente sono immobili di proprietà delle stesse aziende della Gdo o del settore healthcare, che però ora stanno finalmente attirando l’attenzione anche degli investitori istituzionali. Secondo Di Biase azioni di compravendita potrebbero ora diventare interessanti per le stesse aziende, perché permetterebbero di ‘liberare’ risorse, anche di entità crescente.
Relativamente alle azioni per sostenere l’evoluzione del comparto, Alessio Totaro, avvocato partner di LP Legal, ha poi perorato due ‘cause’ sui cui già nelle scorse settimane si era spesa Assologistica.
La prima è quella dell’inserimento della logistica tra i servizi pubblici essenziali (ad oggi normati dalla legge 146/1990), un processo che oggi potrebbe essere favorito proprio dal riconoscimento pubblico della sua importanza che si è generato con l’emergenza sanitaria. Il secondo è l’inserimento del contratto di logistica nel Codice civile. “Deposito e trasporto già sono canonizzati nel CC, bisogna però creare un involucro che li comprenda” ha spiegato il legale. Il fatto che il contatto di logistica non sia ‘tipizzato’ comporta infatti, secondo Totaro, lungaggini nelle negoziazioni tra le parti e maggiori costi per le aziende in servizi di consulenza, così come tempi più lunghi per la risoluzione dei contenziosi.
Una ‘sferzata’ alle aziende del settore e in particolare al loro management è infine arrivata da Annamaria Di Ruscio. La Ceo di netConsulting Cube ha presentato i risultati di una ricerca condotta con Assologistica sul tema dell’innovazione, che ha funto da ‘autoanalisi’ per circa una settantina di imprese associate. Dallo studio è emerso che gli operatori dedicano gran parte delle loro energie in questo ambito alla implementazione di software gestionali (spesso però scegliendo soluzioni customizzate che non si integrano con altri prodotti), mentre tralasciano aspetti come sicurezza, predizione, monitoraggio delle spedizioni, Internet Of Things. Nonostante il 58% dei partecipanti alla ricerca abbia dichiarato che gli investimenti in tecnologia non si sono fermati, una quota di circa il 40% ha ammesso che la propria società dedica a questo ambito non più del 15% delle risorse investite complessivamente. Grande assente dal quadro, secondo Di Ruscio, è poi l’attenzione alle competenze: le imprese del comparto logistico investono poco in formazione e soprattutto “non hanno consapevolezza delle proprie carenze in materia”. Tanto che secondo l’analisi di netConsulting Cube il ‘maturity index’ del campione in materia di innovazione e tecnologia è al 3,03 (in un indice da 1 a 5), ovvero appena sopra la sufficienza.
F.M.
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