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Il Recovery Fund arriva in Consiglio dei ministri: stanziati oltre 32 miliardi per trasporti e logistica

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è arrivato alla sua versione definitiva e stasera verrà presentato approvato dal Consiglio dei Ministri. Giungerà così al termine questa prima fase preliminare del programma Next Generation Eu, noto ai più con il nome di Recovery Fund, dopo il quale il piano e i relativi progetti passeranno all’esame […]

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12 Gennaio 2021
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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è arrivato alla sua versione definitiva e stasera verrà presentato approvato dal Consiglio dei Ministri. Giungerà così al termine questa prima fase preliminare del programma Next Generation Eu, noto ai più con il nome di Recovery Fund, dopo il quale il piano e i relativi progetti passeranno all’esame di Bruxelles.

Il documento, che SUPPLY CHAIN ITALY ha potuto consultare integralmente, è composto da 172 pagine e, per quanto riguarda il settore dei trasporti, ricalca in larga parte l’ultima versione della scorsa settimana, fatto salvo qualche ritocco per cercare di non scontentare nessuno. Le risorse previste ammontano complessivamente a 222,03 miliardi di euro, di cui 209,84 riguardano il Next Generation Eu: 66,6 miliardi sono già impegnati in progetti in essere, 143,24 su nuovi progetti.

Come ormai noto una delle missioni del piano è dedicata alle “Infrastrutture per una modalità sostenibile” e si suddivide in due componenti: la prima (destinataria di risorse per complessivi 28,3 miliardi) è “Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0”, la seconda (3,68 miliardi) è definita “Intermodalità e logistica integrata”. In totale sono circa 32 miliardi di euro per questo capitolo, a cui si aggiungono altre risorse destinate ad esempio all’utilizzo dell’idrogeno nei trasporti, alla mobilità, ad alcune specifiche infrastrutture, ecc.

I primi 28 miliardi sopramenzionati serviranno per “puntare all’alta velocità e alla velocizzazione della rete per passeggeri e merci, completare i corridoi ferroviari TEN-T, completare le tratte di valico, potenziare i nodi e le direttrici ferroviarie, colmare il gap infrastrutturale Nord -SUD per le regioni del Sud”. Dentro ci sono tutti gli interventi ormai noti di sviluppo che ogni regione da anni insegue ma figurano anche il “rinnovo locomotori rotabili e infrastrutture trasporto merci” 200 milioni di euro che interessa da vicino gli operatori attivi sul mercato.

Nel capitolo “Intermodalità e logistica integrata”, con i suoi 3,68 miliardi, si parla ora di “Progetto integrato porti d’Italia” ma in realtà  la sostanza non sembra essere cambiata rispetto alle ultime versioni del Piano, con Genova e Trieste che fanno il pieno di fondi pubblici.

Per lo sviluppo del porto di Genova “è prevista la realizzazione di una nuova diga foranea che consentirà l’accesso delle navi di nuova generazione, l’adeguata protezione dei bacini interni e l’innalzamento dei livelli di sicurezza delle manovre di ingresso e di evoluzione”.

Nel porto di Trieste, invece, il documento parla di “realizzazione del progetto Adriagateway di potenziamento complessivo del sistema logistico del Porto di Trieste sia con riferimento alla parte terminalistica che a quella dei collegamenti ferroviari”.

Per i porti del sud l’auspicio è che svolgano “un ruolo più rilevante nei traffici intramediterranei, resistendo maggiormente alla concorrenza dei porti del Nord Africa. A tal fine è indispensabile valorizzare il ruolo delle Zone Economiche Speciali (Zes) vicino alle aree portuali nel Sud, con l’obiettivo di attrarre investimenti produttivi, grazie alla semplificazione amministrativa e all’applicazione di una legislazione economica agevolata”.

Per gli altri scali d’Italia le linee di intervento replicano la pianificazione strategica già inserita nel piano Italia Veloce: ultimo miglio ferroviario e stradale (Porti di Venezia, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Salerno); resilienza infrastrutture a cambiamenti climatici (Porti di Palermo, Salerno, Manfredonia, Catania e Venezia); accessibilità Marittima (porti di Vado Ligure, Civitavecchia, Taranto, Marina di Carrara, Napoli e Salerno e Brindisi); aumento capacità portuale (Porti di Ravenna, Cagliari, La Spezia, Napoli, Trapani e Venezia); efficientamento energetico e ambientale: porti dello Stretto di Messina”.

Al “Progetto integrato porti d’Italia” vanno 2,84 miliardi, di cui 1,662 miliardi per “Porti e intermodalità collegati alle grandi linee di comunicazione europea e nazionali e per lo sviluppo dei porti del sud”, mentre 1,22 miliardi sono destinati a “Green ports e cold ironing”. Completano il quadro altri 350 milioni per “Digitalizzazione aeroporti e sistemi logistici”.

Nessuna traccia, come ormai preannunciato, del piano di rinnovo delle flotte navali che la ministra de Micheli ha però assicurati agli armatori che si farà “anche prima del Recovery Fund con risorse a legislazione vigente”.

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