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Nel canale di Suez s’incaglia anche la globalizzazione: nuova spinta verso il reshoring

Il reshoring e la diversificazione geografica delle produzioni industriali era già iniziato prima del 2020 ma ora, dopo i gravi effetti generati dalla pandemia di Covid-19 e dal blocco del canale di Suez sul trasporto marittimo intercontinentale, il processo potrebbe subire una decisa accelerata. La nave Ever Given che ha bloccato la via d’acqua egiziana […]

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26 Marzo 2021
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Porto container Algeciras

Il reshoring e la diversificazione geografica delle produzioni industriali era già iniziato prima del 2020 ma ora, dopo i gravi effetti generati dalla pandemia di Covid-19 e dal blocco del canale di Suez sul trasporto marittimo intercontinentale, il processo potrebbe subire una decisa accelerata. La nave Ever Given che ha bloccato la via d’acqua egiziana che collega l’Oceano Indiano al Mediterraneo non verrà liberata prima di qualche giorno e l’immediata conseguenza, visibile in maniera chiara già dal secondo giorno dopo l’incaglio, è che molte altre navi sono ferme in coda alle due imboccature del canale mentre molte altre hanno già optato per il piano B: vale a dire circumnavigare l’Africa.

Un’alternativa che ha un costo: “Richiede almeno 7 giorni in più di navigazione e comporta un consumo extra di carburante approssimativamente pari a mille tonnellate di bunker. Ai prezzi attuali si tratta dunque di quasi 500mila dollari in più, anche se è vero che si risparmierebbe la tariffa per l’attraversamento del canale” ha spiegato a SHIPPING ITALY l’armatore Cesare d’Amico, vertice del gruppo d’Amico Società di Navigazione. Secondo il quale alcuni segmenti d’attività del trasporto marittimo saranno impattati più di altri: “Il più toccato sarà il trasporto di container perché circa il 50% delle navi transita normalmente attraverso il canale di Suez, mentre ad esempio le navi cisterna porta prodotti raffinati dovrebbero essere scarsamente o per nulla colpite. La questione semmai riguarda più direttamente le navi che trasportano petrolio greggio”. C’è poi una direttrice di traffico che da questo incidente potrà subire effetti rilevanti: “Per i traffici marittimi fra Mar Nero e Asia l’opzione di circumnavigare l’Africa comporterebbe un allungamento dei viaggi di 20 giorni. Lungo questa direttrice vengono trasportati soprattutto grano, fertilizzanti e altre rinfuse secche”.

L’esperto armatore romano ha sottolineato che “si tratta di una situazione completamente nuova e che dunque genera inevitabilmente incertezza. Il tutto è complicato dalla mole della nave che si sta ora pensando di alleggerire in modo da disincagliarla approfittando anche di un’alta marea prevista per i prossimi giorni”. A questo punto il gigantismo navale (la Ever Given è lunga 400 metri, larga 60 e ha un pescaggio di circa 15) verrà messo in discussione? Secondo d’Amico “la storia del trasporto marittimo insegna che indietro non si torna. È vero che le petroliere Vlcc nei decenni passati erano arrivate anche a 500.000 tonnellate di portata e oggi non superano le 300.000 ma non per una questione di dimensioni, bensì di convenienza economica. Mi pare che gli armatori del settore container siano tutti convinti dell’economie di scala generate da queste navi ultra large che dunque hanno una loro logica. Certo, dal punto di vista tecnico, bisognerà fare qualche passo avanti in termini di sicurezza”.

Eppure i clienti del trasporto marittimo containerizzato sono sempre meno soddisfatti. Scarsa disponibilità dei container vuoti, pessima puntualità delle linee marittime (1 su 3 arriva il giorno programmato) e noli marittimi quintuplicati nel giro di dodici mesi stanno convincendo molte aziende europee a rivedere le proprie catene logistiche. Secondo l’esperto analista Lars Jensen (SeaIntelligence Consulting) il blocco del canale di Suez nel breve termine innescherà una indisponibilità ancora maggiore di container vuoti (necessari per spedire le merci), un incremento delle linee cancellate (perché le rotazioni delle navi dovranno essere riprogrammate), un congestionamento di container nei porti soprattutto del Mediterraneo per l’export dall’Europa (le navi per caricare tarderanno ad arrivare) e anche quando la nave sarà liberata ci vorranno giorni prima che la situazione torni alla normalità.

A conferma di quanto la situazione fosse già esplosiva prima dell’incaglio che ha interrotto i traffici marittimi fra Oriente e Occidente via Suez, intervenendo a un webinar organizzato da Animp per affrontare il delicato tema dell’andamento anomalo dei noli marittimi e del relativo impatto sulla filiera dell’impiantistica, il direttore Coesione territoriale, infrastrutture e trasporti di Confindustria, Giuseppe Mele, aveva detto: «Quello che porto è un messaggio di forte preoccupazione del sistema industriale per una condizione d’incertezza che sta diventando insostenibile. Nel sistema associativo la questione dei noli marittimi sta ora diventando esplosiva e si sta sovrapponendo al deciso incremento dei prezzi delle materie prime». Un mix preoccupante che impone agli industriali di trovare delle soluzioni o quantomeno delle contromisure nel più breve tempo possibile.

Mele ha sottolineato come “questo andamento dei noli marittimi (ora destinato probabilmente a peggiorare, ndr) rischia di coinvolgere la stessa geografia economica globale. Il nostro export rischia di essere non solo meno competitivo ma anche di essere sostituito da forniture ‘di prossimità’. La riduzione della nostra competitività commerciale coinvolge inevitabilmente trasporto marittimo e spedizioni nazionali”. A Confindustria arrivano segnalazioni dagli associati che parlano di “costi insostenibili e spiazzamento competitivo delle nostre esportazioni”, “improvvide disdette e difficoltà di nuove disponibilità di spedizione” e “rischi di penali per ritardata o mancata consegna”.

Nello stesso webinar il direttore della logistica di Maire Tecnimont, Massimo Naldini, ha spiegato che noli marittimi particolarmente elevati come in questo periodo e scarsità di container costringono le grandi imprese a studiare nuove soluzioni alternative, spingono a rivedere le strategie d’acquisto e in alcuni casi mettono a repentaglio anche importanti affari. Naldini ha aggiunto: “Come Maire Tecnimont abbiamo iniziato a modificare l’asse d’acquisto e il baricentro verso l’Europa a discapito ad esempio della Corea. Stiamo ripensando molte delle nostre tradizionali logiche d’acquisto proprio per l’elevata incidenza del trasporto via mare” sui costi e sui tempi.

Recentemente era stato anche Marco Gosso, amministratore delegato di Mercitalia Logistics, a parlare di cambiamento delle catene di fornitura delle merci per effetto del Covid. “Da alcuni anni stiamo assistendo a un rallentamento del commercio mondiale, le catene del valore si stanno accorciando mentre s’irrobustiscono le connessioni tra sistemi regionali” erano le parole di Gosso. “La stabilità di questo modello di sviluppo è stata messa in discussione soprattutto dall’attenuarsi dei vantaggi di costo dei fattori della produzione, dalla guerra dei dazi e dal rallentamento degli Ide (Investimenti diretti esteri, ndr). Il Covid potrebbe però essere un acceleratore di questo cambiamento, in quanto ci sta facendo capire quanto critiche possano essere le dipendenze tra economie distanti e la potenziale convenienza a passare a catene del valore più corte e meno disperse geograficamente. Quest’ultima sarebbe un’opzione interessante per l’industria europea ma anche per chi si occupa di trasporto merci in Europa”.

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