Sartoria Inglese e l’export del Sud che vuole volare
Tra i clienti del nuovo volo di Ups che mette in relazione in sequenza Napoli, Milano e Colonia, Sartoria G. Inglese è stata scelta come modello per rappresentare un esempio dell’eccellenza ‘Made in Sud’ con esigenze logistiche di alto livello. La storia della società è stata presentata ieri direttamente dal proprietario Angelo Inglese nel corso […]
Tra i clienti del nuovo volo di Ups che mette in relazione in sequenza Napoli, Milano e Colonia, Sartoria G. Inglese è stata scelta come modello per rappresentare un esempio dell’eccellenza ‘Made in Sud’ con esigenze logistiche di alto livello.
La storia della società è stata presentata ieri direttamente dal proprietario Angelo Inglese nel corso dell’evento con cui Ups ha lanciato il nuovo collegamento giornaliero, ideato proprio per servire le esigenze di esportazione delle Pmi del Mezzogiorno.
Il ‘caso Inglese’ è peraltro particolarissimo: una sartoria che produce in modo completamente artigianale camicie, abbigliamento e accessori che sono stati indossati tra gli altri da Donald Trump e dal principe William al suo matrimonio, e che ha la sua sede a Ginosa, località in provincia di Taranto al confine con la Basilicata che dal punto di vista logistico non può dirsi certo ideale. Ma “portare un pezzo della tradizione e dell’artigianalità di un piccolo paese di provincia italiano, come Ginosa, nel resto del mondo costituisce il nostro traguardo più grande e nel contempo una sfida continua”, ha spiegato Inglese, la cui azienda guarda ora al mercato cinese, dopo essere sbarcata circa 20 anni fa in Giappone e in seguito negli Stati Uniti, oggi una delle principali destinazioni dei suoi prodotti.
Dal punto di vista ‘tecnico-logistico’, l’offerta di Sartoria Inglese consiste in articoli realizzati su misura, che quindi non giacciono in stock, venduti in parte tramite commercio elettronico (“un e-commerce emozionale” ha raccontato Inglese). La società rappresenta dunque un cliente ideale per il volo lanciato da Ups (suo partner logistico già da tempo), perché la tratta (che da Colonia, hub europeo dell’operatore, offre poi rilanci in tutto il mondo) estende i tempi di prenotazione del ritiro delle merci e dell’effettivo pick-up, riducendo i transit time, così anche permettendo – spiega ancora l’imprenditore – all’azienda di concentrarsi sulla produzione.
Se il ‘caso Inglese’, come visto, è peculiare, sono però molte le realtà del Sud che potrebbero appoggiarsi a questo servizio (o ad altri analoghi). Interessante in questo senso il quadro offerto dagli interventi del presidente di Ice Carlo Ferro e di Alessandro Panaro, responsabile del dipartimento Maritime&Energy di Srm (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno), che hanno presentato un Sud in parte inedito, a partire dai dati dell’export del 2020, migliori di quelli dell’intero territorio nazionale grazie in particolare all’apporto dell’agroalimentare, che non solo lo scorso anno è cresciuto toccando il suo massimo storico (+1,9%, 46,1 miliardi di euro) ma ha visto volare proprio le regioni del Mezzogiorno (in media +7,4%, contro il +0,6% del Nord Ovest, il +1% del Nord Est, e il +1,7% del Centro).
In particolare Panaro ha evidenziato l’importanza (sottovalutata) della presenza industriale al Sud, sia per numerosità delle imprese manufatturiere (circa 95mila, il 25% del totale italiano) sia per il relativo valore aggiunto (31,7 miliardi, dato che colloca il Mezzogiorno al 17esimo posto tra le aree Ue).
Pur avendo una presenza maggiore rispetto alle altre aree del paese di aziende ‘low tech’, le ‘high tech’ meridionali hanno un livello di export in linea con il dato nazionale. Tra i fattori che secondo la analisi di Srm rendono poi il Mezzogiorno un’area con una buona apertura all’innovazione vanno inoltre considerati la presenza di poli tecnologici innovativi e propensi alle esportazioni (quelli farmaceutici di Napoli e Catania, quelli aerospaziali pugliese e campano, quello Ict, pure a Catania) così come quella di Pmi e start up innovative, che secondo il centro studi pesano rispettivamente per il 22% e il 25% del totale nazionale.
Le analisi di Srm hanno infine evidenziato come nel primo trimestre 2021 risultino in calo le performance del polo farmaceutico di Catania che ha in Cina e Usa le sue principali destinazioni, mentre siano cresciute addirittura del 23,8% quelle del polo farmaceutico di Napoli, grazie al rimbalzo delle vendite in Germania e Francia, suo secondo e terzo sbocco commerciale rispettivamente.
Francesca Marchesi
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