La ceramica italiana rischia di finire fuori mercato per i costi elevati del trasporto via mare
L’industria italiana della ceramica, che ha il suo cuore nel distretto produttivo di Sassuolo, rischia di non riuscire a cogliere il rimbalzo del post-Covid per via dei costi sempre più alti dei servizi logistici. L’allarme è stato lanciato da Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramiche, il quale sulle pagine del Sole24Ore ha parlato delle forti […]
L’industria italiana della ceramica, che ha il suo cuore nel distretto produttivo di Sassuolo, rischia di non riuscire a cogliere il rimbalzo del post-Covid per via dei costi sempre più alti dei servizi logistici. L’allarme è stato lanciato da Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramiche, il quale sulle pagine del Sole24Ore ha parlato delle forti tensioni sui costi, frutto sia dell’aumento delle materie prime sia di quello dei trasporti, quest’ultimo causato da livelli elevati dei noli marittimi container e dalla carenza di box.
Un fenomeno che pesa sulle esportazioni, che rappresentano circa l’80% dei volumidi questo settore produttivo, con il rischio di favorire la produzione spagnola, rivale diretta di quella nostrana.
In particolare, ha dichiarato Savorani al Sole, la domanda per la ceramica Made in Italy è tornata sostenuta (+19% sul mercato nazionale e +9% su quello estero nel primo trimestre 2021 rispetto a quello del 2020). In questo scenario, il mercato statunitense risulta però per i produttori italiani in calo del 10%, mentre quelli spagnoli stanno guadagnando il 27%. La causa, secondo il presidente di Confindustria Ceramiche, sarebbe nel costo maggiore di trasporto via mare verso gli Usa dai porti italiani rispetto a quelli iberici, in particolare esemplificato dal costo Fob di un container da Livorno che sarebbe superiore di circa 10 volte a quello di una esportazione da Valencia.
Trasferito sulla merce, il costo aggiuntivo risulta pari a circa mezzo euro per metro quadrato di piastrelle, sufficiente per far andare fuori mercato la produzione italiana.
Il problema però non riguarda solo i costi ma anche la possibilità di far arrivare per tempo le forniture. Nello stesso articolo Filippo Manuzzi, vicepresidente di Confindustria Ceramica e Ad di Ceramica Sant’Agostino, ha spiegato che “non riuscendo più a programmare le partenze dei carichi di piastrelle dalle proprie aree logistiche” le industrie si ritrovano con spazi pieni senza riuscire a soddisfare la domanda, un “doppio peccato” essendo ora il settore in un momento di mercato favorevole.
L’articolo del Sole evidenzia infine che Confindustria Ceramica, insieme all’associazione che rappresenta il settore a livello europeo Cerame-Unie, si è rivolta direttamente alla Commissione Europea per chiedere che i produttori della Ue possano avere accesso a spedizioni via mare accessibili ed eque.
In una nota di metà marzo l’associazione, che si dichiarava d’accordo con le posizioni già espresse sul tema dallo European Shippers’ Council, aveva invocato un intervento della Commissione per “aumentare la trasparenza e sorvegliare la collaborazione tra i diversi operatori dell’industria marittima”.
Ancora più esplicitamente, Cerame-Unie aveva ricordato che le compagnie del trasporto marittimo beneficiano della Consortium Block Exemption Regulation (Cber), la deroga che esenta i liner dalla normativa Ue standard in materia di antitrust consentendo loro di stabilire alleanze a patto di non superare una quota combinata del 30% del mercato, evidenziando che questo quadro regolatorio “alla luce di queste circostanze senza precedenti appare insufficiente a sorvegliare in modo efficiente il mercato”.
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