L’esportatore italiano di food che vuole controllare direttamente logistica e spedizioni: il caso di Agritalia
Da 3.500 Teu spediti nel 2020 a circa 5.000 nel 2021. Questa la previsione di crescita delle esportazioni (gestite principalmente via mare) di Agritalia, azienda di Napoli che da anni propone all’estero alcuni tra gli alimenti Made In Italy più amati (pasta, olio extra vergine d’oliva, polpa di pomodoro, aceto balsamico) rivolgendosi oggi soprattutto al […]
Da 3.500 Teu spediti nel 2020 a circa 5.000 nel 2021. Questa la previsione di crescita delle esportazioni (gestite principalmente via mare) di Agritalia, azienda di Napoli che da anni propone all’estero alcuni tra gli alimenti Made In Italy più amati (pasta, olio extra vergine d’oliva, polpa di pomodoro, aceto balsamico) rivolgendosi oggi soprattutto al mercato private label degli Stati Uniti. Parliamo cioè dei prodotti venduti negli scaffali dei supermercati della grande distribuzione organizzata con il marchio ‘privato’ della stessa catena di negozi.
Nel dettaglio durante il 2020 l’azienda ha generato un fatturato di 69 milioni di euro, in forte crescita non solo rispetto ai 23 del 2010 ma anche ai circa 50 del 2019, in linea dunque con il trend che ha visto lo scorso anno l’export agroalimentare italiano toccare il suo massimo storico grazie in particolare al contributo delle regioni del Mezzogiorno. Il volume d’affari come accennato è dominato dagli Usa (85%), mentre la quota restante si deve alle vendite in Europa e Asia. Quanto al prossimo futuro, nuove opportunità si stanno aprendo con altre iniziative di private label (segmento che vale il 95% del business di Agritalia) anche in Grecia e Spagna, nonché dallo sviluppo dell’offerta legata a prodotti dell’ambito bodycare.
Storia, obiettivi e punti di forza dell’azienda – in primis quello di gestire ‘in casa’ la sua logistica – sono stati ripercorsi nel corso di un webinar dall’amministratore delegato di Agritalia, Sergio Massa, che ha iniziato il suo intervento ricordando come fino agli anni ’80 i prodotti alimentari italiani facessero il loro ingresso negli Usa tramite l’intermediazione di importatori italo-americani e confluissero tutti su New York per essere successivamente rilanciati nel resto del paese.
Gli Usa, ha ricordato Massa, si presentavano dunque come un mercato enorme (seppur spesso soggetto a forti oscillazioni dettate dalle mode alimentari) ma servito in modo poco efficiente e che quindi lasciava intravedere grandi margini di sviluppo. Opportunità che l’azienda napoletana ha colto sia decidendo di trattare direttamente con le catene della grande distribuzione organizzata (per le quali dagli anni ’90 appunto ha anche sviluppato l’offerta private label) sia prendendo direttamente sulle sue spalle la gestione logistica delle importazioni di container nel paese, avviando le controllate Agrusa (con sede nel New Jersey, che si occupa dello sdoganamento delle merci, in arrivo perlopiù a New York e Baltimora, e della distribuzione interna, via ferro o gomma) e Agrilogistica, che in Italia gestisce la piattaforma aziendale di Nola (5.000 metri quadrati) e dispone di un secondo magazzino, pure da 5.000 metri quadrati, a Caivano. Dalle strutture vengono gestite le esportazioni, che si servono principalmente dei porti di Salerno e Napoli (in misura minore Gioia Tauro, Bari e Civitavecchia).
Raffinato dunque nel corso di 34 anni di storia aziendale, il modello di Agritalia ad oggi prevede quindi che l’azienda gestisca l’intera supply chain, dalla selezione dei fornitori italiani (ad oggi circa 100, provenienti da 15 regioni diverse e per il 90% costituiti da Pmi, per un totale di circa 700 referenze) alla produzione, dalla logistica alla distribuzione. Ai clienti americani sono proposte soluzioni ‘chiavi in mano’ (dalla individuazione dei fornitori al riordino a scaffale) mentre al fornitore italiano (in particolare alle piccole e medie imprese) viene offerta la possibilità di raggiungere un mercato interessante delegando aspetti amministrativi e logistici, facendo massa con altre piccole imprese.
Ciò che rende però davvero competitiva la sua proposta – a sentire la stessa società – è l’efficientamento delle operazioni ottenuto grazie al lancio, nel 2015, del suo Automated Replenishment Program, un sistema di gestione della logistica attraverso un software proprietario della stessa Agritalia che, attingendo ai dati raccolti direttamente nei punti vendita statunitensi, permette di stimare le necessità di approvvigionamento di ognuno con anche tre mesi di anticipo, quindi di gestire da un lato le tempistiche di produzione e dall’altro di ottimizzare la fase del trasporto consolidando carichi anche piccoli (fino a un solo pallet per centro di distribuzione) e in ultimo di avere approvvigionamenti just in time.
“Ogni singolo container è un magazzino in movimento” ha spiegato nel corso dello stesso webinar Leo Nucera, direttore sales e marketing dell’azienda. Affermazione che trova riscontro nel numero di prodotti e fornitori ‘presenti’ in media in ogni contenitore movimentato: rispettivamente 28 e 7, dati entrambi in crescita del 40% rispetto a quelli rilevati tre anni prima. A margine, rispetto alle difficoltà che il settore dei trasporti marittimi via container sta attraversando negli ultimi mesi, Nucera ha anche evidenziato che l’impatto su Agritalia è stato minimo perché l’azienda “grazie ai suoi rapporti consolidati è sempre riuscita ad assicurarsi spazio in stiva”.
“La nostra visione – ha concluso il manager – prevede una logistica smart che eviti tutte le inefficienze e faccia in modo che ogni prodotto, prima di arrivare nelle case dei consumatori, segua il percorso più breve e rapido possibile dal momento della produzione al consumo, riducendo i costi e fornendo prodotti più freschi. Questo vale tanto per il Nord America che per progetti futuri in Europa o Asia”.
F.M.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPPLY CHAIN ITALY