Logistica e finte cooperative: quale epilogo e quali altri player potrebbero essere sotto indagine?
L’impiego dei lavoratori tramite cooperative nella logistica italiana potrebbe costare caro a un altro big del settore. A pochi anni dal caso che nel nostro Paese aveva interessato Ceva Logistics (azienda nel frattempo rimessa in regola e ripartita sotto il controllo della francese Cma Cgm), questa settimana è emerso che Dhl Supply Chain è al […]
L’impiego dei lavoratori tramite cooperative nella logistica italiana potrebbe costare caro a un altro big del settore. A pochi anni dal caso che nel nostro Paese aveva interessato Ceva Logistics (azienda nel frattempo rimessa in regola e ripartita sotto il controllo della francese Cma Cgm), questa settimana è emerso che Dhl Supply Chain è al centro di un caso molto simile sul quale indaga la procura di Milano. Per questo la Guardia di Finanza di Milano ha eseguito un sequestro d’urgenza da circa 20 milioni di euro nei confronti della società per una presunta maxi frode sull’Iva. Dall’inchiesta sarebbe emerso che, attraverso società di intermediazione e «finte cooperative», sarebbero stati creati meri serbatoi di manodopera, ossia lavoratori della logistica a cui le società intermediarie, tra l’altro, non versavano in gran parte i contributi.
Nel 2019 anche Ceva Logistics aveva subito un’indagine simile e meno di un anno più tardi, a seguito di una “consistente bonifica aziendale”, il Tribunale di Milano aveva disposto la revoca del commissariamento nel frattempo attuato sull’azienda che aveva potuto così “ripresentarsi sul mercato, con un nuovo modello di gestione orientato a trasparenza e legalità” secondo quanto scrivevano i giudici in un decreto. Nello stesso (datato inizio 2020) venivano stigmatizzate le criticità dell’intero comparto della logistica a dimostrazione che non era un caso isolato. Ceva Logistics contava 42 sedi, mille dipendenti ed era stata in amministrazione giudiziaria nel maggio 2019 per caporalato.
Il giudice aveva nove mesi più tardi deciso di ‘liberare’ la società apprezzando gli sforzi fatti, fra cui elencava: l’introduzione e la verifica dei nuovi modelli organizzativi, la rinegoziazione dei vecchi contratti (in particolare uno con Mondadori) e la tutela dell’occupazione. L’amministrazione giudiziaria aveva creato una “crisi reputazionale” a Ceva con conseguente perdita di diversi clienti. Allora, la documentazione fornita dagli avvocati della multinazionale con l’elenco di clienti storici passati da Ceva ad altre società, era divenuto materiale per l’inchiesta preliminare sul mondo della logistica portata avanti proprio dal pm Paolo Storari di cui nei giorni scorsi è stata scritta una nuova pagina che potrebbe non essere l’ultima. L’inchiesta aveva appurato l’utilizzo “di società cooperative create come schermo giuridico e leve di evasione di imposta”.
Sulla vicenda del sequestro di 20 milioni di euro a Dhl supply Chain sono intervenuti anche i sindacati confederali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti dicendo: “Sono anni che, purtroppo, denunciamo pubblicamente come troppe volte dietro al nobile concetto di ‘cooperativa’ si nascondano vere e proprie attività illegali alle quali corrispondono trattamenti dei lavoratori letteralmente indecorosi. Quello che fa veramente male, purtroppo, è l’ipocrisia di chi oggi si scandalizza ma sino a ieri si ostinava a non vedere quanto, nel mondo degli appalti, accade quotidianamente: dalla mancata applicazione dei contratti nazionali a veri e propri episodi di chiara matrice illegale”.
La conclusione di Fit Cisl, Filt Cgil e Uiltrasporti è questa: “Non ci sfuggono, per quanto sopra, la precise responsabilità anche di Dhl Supply Chain in qualità di committenza, in virtù delle molte sollecitazioni al rispetto delle regole e della legalità, fatte negli anni, dalle organizzazioni sindacali confederali. In Italia la prepotenza dei pochi prospera sulla quiescenza dei tanti. Noi non siamo fra questi”.
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