Reshoring in Italia: per le bici Bianchi sarà realtà entro 24 mesi
Rilocalizzare in Italia anche solo una parte della produzione: una possibilità che, complice il Covid, molti imprenditori si sono ritrovati a considerare da qualche mese a questa parte – in modo più o meno vago – per eliminare o almeno ridurre la dipendenza dai fornitori cinesi e dalle catene logistiche che funzionano a singhiozzo e […]
Rilocalizzare in Italia anche solo una parte della produzione: una possibilità che, complice il Covid, molti imprenditori si sono ritrovati a considerare da qualche mese a questa parte – in modo più o meno vago – per eliminare o almeno ridurre la dipendenza dai fornitori cinesi e dalle catene logistiche che funzionano a singhiozzo e a costi sempre maggiori.
Ad avere definito piani concreti per un ritorno a casa della produzione di una parte importante della propria componentistica è stata Bianchi, storica azienda di produzione di biciclette con sede a Treviglio. Come illustrato sulle pagine del Sole24Ore dall’amministratore delegato Fabrizio Scalzotto, la società ha annunciato un progetto per ” recuperare una leadership anche tecnologica che potrebbe essere a portata di mano”.
Oltre alla realizzazione di un nuovo impianto produttivo da 10mila metri quadrati che permetterà di quadruplicare la produzione (dalle 250-300 bici al giorno attuali a 1.000-1.500 pezzi), integrando la realizzazione di bici elettriche a quelle tradizionali, del valore di 30 milioni che sarà operativo dal 2022, il secondo pezzo forte del piano sarà un investimento da altri 10 milioni per “riportare in Italia la produzione dei telai”, grazie a un “accordo con un produttore di robot per la fornitura di un impianto per le produzione sottovuoto dei vari strati di carbonio che occuperà circa 6mila metri quadrati”.
Per questo step il tempo stimato per l’entrata in operatività è di 24 mesi e le difficoltà maggiori, ha evidenziato Scalzotto, si riscontrano nella ricerca della manodopera specializzata.
Da notare che per quanto riguarda le bici Bianchi, a guidare il reshoring non sarà però il Covid coi suoi vari effetti collaterali. Secondo la ricostruzione del Sole 24Ore, anzi, la scelta è stata dettata dal fatto che gli stessi produttori cinesi di telai avessero delocalizzato gli impianti in altri paesi del Far East, con aumento di errori e difetti dei prodotti e minore flessibilità. Difficoltà logistiche e tempi dilatati delle spedizioni sono quindi andati a sommarsi a problemi più ‘strutturali’ e legati alla qualità della produzione.
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