Le difficoltà delle supply chain del tessile in Vietnam spiegate da un’azienda italiana di base ad Hanoi
I lockdown decisi dal governo e dalle fabbriche vietnamiti per arginare la diffusione del Covid-19 stanno creando serie difficoltà alle supply chain globali. Ne sa qualcosa Nike, che a margine dell’ultima trimestrale ha parlato di uno stop alle attività nel paese che terrà bloccati i suoi stabilimenti per circa 10 settimane e di una ripresa […]
I lockdown decisi dal governo e dalle fabbriche vietnamiti per arginare la diffusione del Covid-19 stanno creando serie difficoltà alle supply chain globali. Ne sa qualcosa Nike, che a margine dell’ultima trimestrale ha parlato di uno stop alle attività nel paese che terrà bloccati i suoi stabilimenti per circa 10 settimane e di una ripresa a regime della produzione che richiederà alcuni mesi, andando a impattare prevedibilmente anche sul secondo trimestre dell’anno fiscale 2021 poiché la domanda globale supererà la disponibilità di prodotti.
Uno sguardo ravvicinato a quel che sta accadendo in Vietnam è stato offerto in questi giorni ad Afp da Claudia Anselmi, a capo di Hung Yen Knitting & Dyeing, azienda di base a Hưng Yên, a est di Hanoi, parte del gruppo italiano Carvico (che ha sede nell’omonimo paese in provincia di Bergamo), attivo nella produzione di tessuti in particolare per abbigliamento sportivo e costumi da bagno, e che tra le altre cose è fornitore della stessa Nike (oltre ad Adidas e Gap). Stando al suo sito web, la produzione dell’azienda è distribuita principalmente allo stesso Vietnam (50%), al Sud Est asiatico (25%) e alla Cina (15%), con destinatari innanzitutto aziende clienti statunitensi (60%), dell’Unione Europea (30%) e asiatiche (10%).
All’agenzia di stampa la manager ha spiegato che la produzione dell’azienda è crollata del 50% dopo l’ultima ondata di virus, che ha colpito per la prima volta in primavera e genera problemi nell’approvvigionamento del filato. “All’inizio ci mancavano le persone (per lavorare) perché tutti erano bloccati a casa”.
Le restrizioni a viaggi e spostamenti, ha proseguito, “hanno messo a repentaglio tutta la logistica in entrata e in uscita… questo ha creato lunghi, lunghi ritardi. Sopravviviamo solo se abbiamo le scorte”.
Come già evidenziato su SUPPLY CHAIN ITALY, l’eccesso di burocrazia del rilascio dei permessi (pur concessi agli operatori della logistica) ha creato difficoltà ai trasporti stradali, sia interni che internazionali.
Hamza Harti, amministratore delegato di Fm Logistic Vietnam, pure interpellato da Afp, ha affermato che diversi conducenti nel Delta del Mekong sono stati costretti ad aspettare tre giorni e tre notti nel loro veicolo per entrare nella città di Can Tho. “Erano senza cibo, senza niente”.
Diverse aziende hanno inoltre espresso la preoccupazione che le grandi multinazionali dell’abbigliamento – che in molti casi avevano rilocalizzato negli anni scorsi i loro stabilimenti in Vietnam dalla Cina – possano decidere di spostarli altrove. Al riguardo tuttavia Anselmi si è detta fiduciosa che le imprese resteranno nel paese se entro ottobre avranno potuto riprendere le attività.
Il contenimento della pandemia, riferisce infine Afp, sta provocando pesanti difficoltà anche a un’altra importantissima produzione vietnamita, e cioè quella del caffè, di cui il paese è grande produttore in particolare della varietà Robusta.
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