Autotrasporto diviso sul greenpass mentre la Lega chiede deroghe per gli stranieri
Con l’avvicinarsi del 15 ottobre e dell’entrata in vigore dell’obbligo per i lavoratori di presentare sul luogo di lavoro il greenpass o referto di tampone di recente esecuzione, mentre resta alta (e irrisolta) la tensione sindacale, l’allarme delle categorie imprenditoriali a forte utilizzo di manovalanza straniera è tornato a farsi sentire, seppure con istanze diverse. […]
Con l’avvicinarsi del 15 ottobre e dell’entrata in vigore dell’obbligo per i lavoratori di presentare sul luogo di lavoro il greenpass o referto di tampone di recente esecuzione, mentre resta alta (e irrisolta) la tensione sindacale, l’allarme delle categorie imprenditoriali a forte utilizzo di manovalanza straniera è tornato a farsi sentire, seppure con istanze diverse.
Negli ultimi giorni, infatti, sono stati gli armatori, con Confitarma, Assarmatori e Federagenti a rilanciare il timore che la norma, per come attualmente strutturata, comporti l’impossibilità di impiegare circa 15-20mila dei marittimi attualmente imbarcati su navi italiane.
Più variegato il fronte dell’autotrasporto. Per l’associazione confindustriale Anita sono indispensabili “deroghe specifiche per tutti i conducenti, siano essi italiani che esteri” agli obblighi introdotti dalla legge, per scongiurare il rischio (sic) “di una fuga in massa di autisti che pur di non sottoporsi alla vaccinazione o al tampone per essere in regola con il green pass, hanno già annunciato di voler rientrare nei loro Paesi di origine o addirittura trasferirsi in altri Stati europei, dai quali difficilmente rientreranno una volta conclusa l’emergenza sanitaria”.
Anita non spiega come mai le altre associazioni aderenti a Confindustria non temano che i loro dipendenti residenti in Italia “fuggano in massa” all’estero per non vaccinarsi, ma ribadisce di ritenere inaccettabile “che vi siano regole e trattamenti differenziati per i lavoratori italiani rispetto a quelli stranieri”.
Più prosaicamente, per le associazioni aderenti a Unatras (Fai-Conftrasporto, Confartigianato Trasporti, Cna-Fita, Assotir, Unitai e Fiap) e rappresentanti la piccola-media impresa, che il distacco operato dai big lo subisce non riuscendo a sfruttarlo altrettanto, la necessità è quella di “garantire l’omogena applicazione della norma su tutto il territorio nazionale a chiunque assicurandone il rispetto agli operatori nazionali e a quelli stranieri”.
A raccogliere gli appelli di armatori e Anita ci ha provato oggi la Lega. Il deputato Edoardo Rixi, infatti, in sede di conversione del Decreto Infrastrutture (attualmente all’esame della Commissione Trasporti della Camera, in cui siede il parlamentare ligure) ha proposto un emendamento che almeno provvisoriamente consentirebbe di validare i documenti esteri oggi non riconosciuti in Italia: “Nelle more di una circolare del ministero della salute e della definizione di una procedura che attraverso l’inoculazione di una dose di vaccino approvato dalle competenti autorità consenta l’emissione del Green Pass, per i lavoratori impiegati nel settore dei trasporti e della logistica, tra cui lavoratori impiegati nel trasporto marittimo è disposto il provvisorio riconoscimento della certificazione rilasciata dalle competenti autorità dei paesi d’origine”. I tempi delle battaglie contro l’idraulico polacco (e il camionista bulgaro) sono un ricordo.
A.M.
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