Amazon sconfitta: resiste l’indagine dell’antitrust italiano sulla sua logistica
Alle prese con le brutte notizie in arrivo da uno dei vari fronti aperti nei suoi confronti da varie authority antitrust mondiali (in particolare il perdurare dell’indagine dell’italiana Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei suoi confronti), Amazon sarebbe ora tentata dal voler limitare i danni e chiudere così almeno una delle partite con […]
Alle prese con le brutte notizie in arrivo da uno dei vari fronti aperti nei suoi confronti da varie authority antitrust mondiali (in particolare il perdurare dell’indagine dell’italiana Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei suoi confronti), Amazon sarebbe ora tentata dal voler limitare i danni e chiudere così almeno una delle partite con una transazione, nel tentativo di evitare una sanzione miliardaria.
Nei giorni scorsi, il big statunitense dell’e-commerce ha infatti perso il ricorso avviato lo scorso gennaio di fronte alla Corte di Giustizia del Lussemburgo contro la Commissione Europea per chiedere che questa annullasse la sua decisione precedente, ovvero quella di mantenere in vita sia la doppia indagine dell’antitrust europeo (avviata nel novembre 2020 su un suo possibile abuso di posizione dominante, prima incentrata sul prodotto Buy Box, poi estesa anche alla logistica), sia l’analoga istruttoria dell’authority italiana, ovvero l’Agcm (che pure verte sull’offerta di servizi di trasporto e che aveva preso il via già nell’aprile 2019).
Secondo quanto precisato dalla stessa Commissione al momento dell’avvio dei suoi accertamenti, questi avrebbero riguardato le attività dell’azienda di Jeff Bezos nello Spazio Economico Europeo a eccezione però proprio dell’Italia, visto che nella Penisola già l’Agcm avrebbe messo sotto la lente gli stessi nodi.
La richiesta di Amazon era invece quella di far rientrare anche il caso italiano sotto la competenza dell’organismo comunitario. Richiesta che, come visto ora, è stata però bocciata dalla Corte, che tra i vari punti della sua ordinanza ha evidenziato di non poter “ingiungere alla Commissione di modificare l’ambito geografico dell’indagine che essa ha avviato”, e che ha stabilito di mantenere attiva a tutti gli effetti anche l’indagine dell’Agcm (in scadenza a breve, dato che i suoi termini lo scorso giugno sono stati prorogati al 19 novembre).
Amazon, riferisce Bloomberg, ha commentato la pubblicazione dell’ordinanza dicendo di star valutando i prossimi passi, “incluso un appello”.
Le speranze dell’azienda di poter uscire indenne dall’inchiesta comunitaria (Italia inclusa o meno) stanno però comunque iniziando a scricchiolare. Stando a quanto riportato da un’altra agenzia di stampa internazionale, e cioè Reuters, Amazon sarebbe infatti alla ricerca di un accordo con la stessa Commissione Europea per le due indagini avviate a suo carico. Il tutto ovviamente con l’obiettivo di sfuggire a una multa potenzialmente di enorme entità, che potrebbe ammontare anche al 10% del fatturato globale dell’azienda in questione (il quale per Amazon nel 2020 è stato di 386 miliardi di dollari).
Anche se le negoziazioni potrebbero durare mesi, e comunque concludersi con un nulla di fatto, secondo Reuters Amazon potrebbe trovare terreno fertile per un accordo nella Commissaria Ue Margrethe Vestager, che recentemente ha ricordato la buona volontà dell’azienda in un caso riguardante l’editoria on line, conclusosi con una transazione nel 2017.
Avviata nel 2019, l’indagine dell’Agcm mette sotto osservazione in particolare cinque società italiane del gruppo, ovvero Amazon Services Europe Sàrl, Amazon Europe Core Sàrl, Amazon EU Sàrl, Amazon Italia Services Srl e Amazon Italia Logistica Srl.
Al centro del caso ci sono le condizioni di favore che il big dell’e-commerce avrebbe garantito sul suo marketplace ai venditori che si avvalgono anche dei suoi servizi di logistica, e che in sintesi tradurrebbero in una maggiore visibilità della loro offerta, con conseguente miglioramento delle vendite a discapito di quelle degli operatori che si affidano a terzi.
In particolare l’inchiesta si concentra sull’ipotesi che i venditori che si affidano per la logistica direttamente ad Amazon ottengano visibilità e posizionamento migliori rispetto a chi gestisce le spedizioni in proprio o affidandosi a terzi (qui maggiori dettagli).
Nel settembre del 2019, anche l’antitrust Ue aveva messo sotto al microscopio il gruppo di Jeff Bezos. Inizialmente gli accertamenti vertevano su possibili pratiche anti-concorrenziali messe in atto nelle attività di vendita (in sostanza, l’indagine puntava a valutare il duplice ruolo, potenzialmente conflittuale, di Amazon, che opera come venditore sul suo stesso marketplace, in concorrenza dunque con tutti gli altri venditori rispetto ai quali potrebbe godere di un vantaggio indebito dato dall’essere a conoscenza delle loro transazioni, offerte e altre informazioni).
Successivamente la Commissione Europea aveva comunicato l’avvio di una ulteriore indagine, focalizzata sull’ipotesi che i venditori che si affidano per la logistica direttamente ad Amazon (aderendo al programma Fba, ovvero Fulfillment by Amazon) ottengano visibilità e posizionamento migliori, e sui metodi di selezione del programma Buy Box, ovvero temi simili a quelli già al centro dell’inchiesta ‘italiana’.
Francesca Marchesi
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