Amazon alzerà le commissioni dei suoi servizi logistici
Non è un mistero che l’ultimo report trimestrale di Amazon (chiuso con utili netti dimezzati rispetto a quelli del periodo corrispondente del 2020, da 6,3 a 3,2 miliardi di dollari) abbia lasciato insoddisfatti azionisti e osservatori. Nei tre mesi in questione il gruppo di Seattle si è trovato a sostenere maggiori spese generate dalle crisi […]
Non è un mistero che l’ultimo report trimestrale di Amazon (chiuso con utili netti dimezzati rispetto a quelli del periodo corrispondente del 2020, da 6,3 a 3,2 miliardi di dollari) abbia lasciato insoddisfatti azionisti e osservatori. Nei tre mesi in questione il gruppo di Seattle si è trovato a sostenere maggiori spese generate dalle crisi delle supply chain globali, in particolare quelle legate all’incremento del costo dei trasporti e alla necessità di sopperire alla carenza di manodopera nei magazzini con l’offerta di generosi incentivi ai potenziali lavoratori temporanei. Tutti problemi che – parola del neo Ceo Andy Jassy, nominato lo scorso luglio – si faranno peraltro sentire ancora di più nel quarto trimestre dell’anno.
Sebbene siano state proprio certe scelte logistiche più dispendiose (il noleggio ‘in proprio’ di navi, l’acquisti di nuovi container) a permettere all’azienda di aggirare le difficoltà che stanno invece affliggendo la maggior parte degli operatori (soprattutto, congestione portuale e carenza di equipment), Amazon sta però già correndo ai ripari per recuperare margini.
In questo senso un contributo importante le verrà dall’incremento delle fee per i suoi servizi di logistica integrata, quelle legate al programma Fulfillment By Amazon, con il quale in sostanza i venditori che usano il marketplace delegano al gruppo la gestione del magazzino, le spedizioni e i rapporti con la clientela.
L’azienda fondata da Jeff Bezos ha infatti già ufficializzato la prossima introduzione di rincari sui costi del programma Fba negli Stati Uniti, che scatteranno dal 18 gennaio 2022 (al momento non è noto se iniziative analoghe saranno avviate anche in altri mercati). Per fare qualche esempio, il costo per la spedizione di una t-shirt passerà da 4,65 a 5,07 dollari, mentre per l’invio della custodia di uno smartphone le spese passeranno da 2,70 a 2,92 dollari.
“Come avete visto ampiamente riportato sulla stampa, e probabilmente avrete sperimentato voi stessi, i costi stanno aumentando” ha spiegato Amazon, evidenziando che gli aumenti delle commissioni per i servizi di logistica serviranno a “compensare parzialmente i maggiori costi operativi permanenti che dovremo affrontare in futuro”. La nota si chiude sottolineando che le fee applicate “rimangono in media del 30% meno costose della media che i venditori dovrebbero sostenere se evadessero gli ordini da soli”.
Il managing director di Morgan Stanley, Brian Nowak, ha evidenziato che l’aumento permetterà ad Amazon di far crescere i suoi ricavi nel 2022 di 1-2 miliardi di dollari e si tradurrà in particolare in un incremento di circa 1 miliardo dell’Ebit (ovvero il profitto ante oneri finanziari). Da evidenziare che secondo l’analista il solo programma Fba ha generato nel 2021 ricavi per 45 miliardi di dollari.
Secondo il report ‘Amazon Toll Road’, realizzato dall’Institute for Local Self-Reliance (Ilsr), le commissioni legate all’utilizzo del marketplace (non solo quelle per la logistica, ma anche quelle per la pubblicità, la visibilità e altro) hanno generato nel 2021 ricavi per 121 miliardi di dollari e rappresentano quindi ormai la fonte principale di entrate del gruppo, superiore a quella della divisione Aws, che spesso viene indicata come una ‘gallina dalle uova d’oro’. Lo studio evidenzia anche come negli ultimi anni sia aumentato l’importo versato in media dai merchant ad Amazon per i servizi accessori: se nel 2014 era pari al 19% dei ricavi generati dalle vendite dei propri prodotti sulla piattaforma, questa quota è cresciuta al 31% nel 2019 e nel 2020 è stata pari al 34%. Secondo lo stesso report sono peraltro le entrate generate da queste commissioni a ripianare le perdite generate dal servizio Prime.
In particolare secondo l’analisi dell’Ilsr ad oggi i venditori tendono a spendere circa 4-5 volte più che nel 2016 in servizi di pubblicità o per migliorare il proprio posizionamento sul portale, mentre riguardo in particolare il programma Fba il report sostiene che Amazon negli ultimi anni ne abbia costantemente aumentato gli importi. L’analisi (contestata naturalmente dallo stesso gruppo) suggerisce infine che l’azienda abbia “obbligato i venditori ad acquistare i propri servizi di magazzinaggio e spedizione”, poiché il suo algoritmo favorisce pesantemente chi li utilizza.
L’ipotesi, come noto, è anche quella su cui vertono due indagini portate avanti parallelamente dall’antitrust europeo e dall’italiana Agcm. Avviata nel 2019, dopo una lunga serie di proroghe quest’ultima sarebbe dovuta scadere lo scorso 19 novembre ma – si apprende oggi – l’authority ha deciso nei giorni scorsi di posticiparne nuovamente i termini, benché solo fino al 30 novembre 2021.
F.M.
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