Unrae: “Sulle strade italiane sono 25mila gli autisti mancanti”
Un parco circolante anziano, guidato da addetti che pure in media hanno passato da un pezzo la maggiore età, è quello che viaggia sulle strade italiane impegnato nell’attività di trasporto merci e che si trova ora di fronte alla sfida della transizione energetica. Il tema è stato al centro della conferenza stampa organizzata da Unrae […]
Un parco circolante anziano, guidato da addetti che pure in media hanno passato da un pezzo la maggiore età, è quello che viaggia sulle strade italiane impegnato nell’attività di trasporto merci e che si trova ora di fronte alla sfida della transizione energetica. Il tema è stato al centro della conferenza stampa organizzata da Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) che si è svolta presso la sede del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Al centro dell’evento la presentazione dello studio ‘Trasporti e Logistica: le strade per la transizione ecologica’ commissionato dall’associazione a Gipa, società di analisi specializzata nell’ambito automotive, e presentato dal country manager di quest’ultima Marc Aguettaz.
La prima parte della ricerca illustrata dall’analista è stata centrata sull’evoluzione dell’attività del trasporto merci su strada in Italia negli ultimi anni, caratterizzata fino all’avvento della pandemia da un lento recupero avviato nel 2018 dopo alcuni anni di calo. La “frenata” causata dall’emergenza sanitaria è stata pari a un calo del 4,1% tra 2019 e 2020 secondo i dati Eurostat (per una indicazione sul 2021 sarà necessario aspettare ancora qualche mese), una diminuzione che – ha osservato Aguettaz – è stata inferiore a quella del parallelo calo del Pil nello stesso periodo.
Allargando lo sguardo a un ambito temporale più ampio, lo studio ha anche evidenziato come rispetto al 2008 l’Italia abbia perso circa il 25% di produzione industriale, mentre in Francia nello stesso intervallo il calo sia stato del 16% e in Germania del 6%.
La Penisola ha però sofferto, in questo stesso intervallo, di una perdita più consistente dell’attività di trasporto merci su strada (-31%, mentre sia Francia che Germania hanno registrato cali allineati alla loro ‘deindustrializzazione’, nell’ordine del – 16% e del -7%).
La ragione del più marcato gap italiano, ha spiegato Aguettaz, va ritrovata nel fatto che a seguito della crisi finanziaria del 2008 le industrie tricolore hanno cercato ossigeno nelle esportazioni ma (per ragioni anche strutturali, legate cioè alle loro dimensioni ridotte e quindi a una maggiore incapacità organizzativa) hanno spesso fatto ricorso alle rese ex-works per gestire le consegne verso l’estero, a svantaggio quindi dell’autotrasporto nostrano.
Diversi gli elementi interessanti evidenziati dallo studio: tra questi il fatto che l’Italia, a dispetto della sua fama, non è tra i paesi dove la quota di trasporto stradale è maggiore (il 66%, contro il 79% della Germania o l’80% della Francia). Tra i dati più significativi (e di attualità) c’è inoltre quello relativo alla disponibilità di autisti: secondo Gipa, a livello europeo la carenza avvertita è di 200mila unità, mentre per la sola Italia la quota mancante è di circa 25mila conducenti. Come accennato sopra, quasi la metà di quelli attivi ha più di 50 anni e per varie ragioni (calo demografico, il venir meno della leva obbligatoria che permetteva a tanti ragazzi di acquisire la patente per guidare gli autocarri, i tempi lunghi per il conseguimento delle licenze, in generale la minor attrattività del settore) il ricambio generazionale non sta avvenendo.
Parallelamente, come sottolineato più volte dalla stessa Unrae nonché dalle colleghe Federauto e Anfia, il comparto avrebbe necessità di un consistente rinnovo dei mezzi, e proprio su questo tema si è imperniata la seconda parte della analisi. Lo studio di Gipa ha infatti considerato il parco italiano ritenuto ormai obsoleto, composto cioè da truck ante euro V, un insieme che conta 430mila unità se consideriamo i mezzi di massa superiore alle 3,5 tonnellate e 208mila se guardiamo a quelli superiori alle 15 tonnellate. Per ognuno di questi ‘pacchetti’ la società di analisi ha elaborato scenari ipotizzando ritmi di rinnovo diversi (a 1, 5, 10, 20 anni). Quello emerso come il più adeguato è un programma che possa portare alla completa sostituzione dei mezzi obsoleti entro 10 anni, e che dunque proceda alla rottamazione di 42.918 veicoli ogni anno, una quantità “compatibile con i livelli di immatricolazione che c’erano a cavallo degli anni 2000” e però pari a circa la metà di quelli attuali.
Con questo piano, secondo Gipa, si arriverebbe a una diminuzione del 10% dei consumi di ogni truck da qui al 2040, a un risparmio di 49 miliardi di costi di carburante e un calo del 48% degli incidenti. Anche per i mezzi con massa superiore alla 15 tonnellate, ha concluso lo studio, l’orizzonte temporale più adeguato per il rinnovo completo sarebbe quello decennale, perché piani con durata superiore (15 o 20 anni) non porterebbero vantaggi in termini di svecchiamento del parco circolante, ma anzi avrebbero come conseguenza la loro “cubanizzazione”.
“Il mercato dei veicoli industriali, così come quello dei rimorchi e semirimorchi, rimane un mercato di sostituzione: i veicoli immatricolati ogni anno non lo fanno crescere e non sono nemmeno sufficienti al processo della transizione energetica” ha affermato al riguardo Paolo A. Starace, presidente della sezione Veicoli Industriali di Unrae, nel suo intervento. Starace ha anche spiegato che a suo avviso il comparto ha “una capacità produttiva inespressa” e quindi, al termine delle attuali crisi (dettate dalla carenza di chip e componenti), comunque dalla durata limitata, sarà “in grado di soddisfare questa eventuale domanda”.
Dopo avere tracciato a grandi linee la fotografia del settore – inteso come intere filiera industriale e commerciale in Italia con 1,25 milioni di addetti, 344 miliardi di fatturato, 76,3 miliardi di gettito fiscale nel 2019 – Starace ha poi elencato le proposte dell’associazione per affrontare il processo della transizione energetica anche pensando alle risorse del Pnrr.
In sintesi l’elenco comprende la creazione di un tavolo tecnico con le istituzioni per supportare lo sviluppo del quadro normativo, coerentemente con lo sviluppo tecnologico e di business, anche per dare attuazione alle ultime disposizioni in materia di lunghezza massima a 18,75 metri per gli autoarticolati, l’estensione della revisione ai privati e il nodo dei trasporti eccezionali. Per contrastare la carenza di autisti l’associazione invita a rilanciare il Progetto giovani conducenti promosso con l’Albo dell’autotrasporto, così come a sviluppare e avviare piani formativi ad hoc, nonché a sostenere la formazione professionale autisti.
Nel merito del rinnovo del parco veicolare, la richiesta è il varo di un cronoprogramma che comporti il blocco progressivo dei mezzi più obsoleti (inclusi i semirimorchi), la rimodulazione di bollo, pedaggi stradali e accise sulla base del principio che “chi inquina paga”, l’incremento della frequenza dei controlli per i mezzi ante e euro IV e la desficalizzazione dei biocarburanti.
Importante anche il sostegno allo sviluppo delle infrastrutture – “il nostro timore è che ci si focalizzi solo sulle automobili private” ha spiegato Starace – con lo sviluppo di reti di ricarica elettriche ad esempio anche negli interporti, così come che si avanti su progetti come quello della guida autonoma o del platooning, cui ad oggi “mancano contesto e impianto normativo”. Gli altri due ambiti d’azione indicati dal presidente di Unrae sono quindi quello del mercato, con il rafforzamento delle politiche per rinnovo parco veicolare con incentivi che siano progressivi rispetto al reale impatto ambientale (e ad esempio sostengano l’acquisto di Euro VI solo a fronte di rottamazioni), includendo come già visto anche i rimorchiati, spesso così obsoleti da non riuscire a interfacciarsi con i mezzi trainanti. Relativamente alle imprese, l’auspicio di Unrae è che si arrivi a una proroga del credito di imposta fino a fine 2024, con un incremento aliquota al 12%, l’innalzamento dei costi delle soglie ammissibili e il rifinanziamento senza soluzione di continuità della cosiddetta Nuova Sabatini (contributi finalizzati all’acquisto di beni strumentali nuovi destinati all’attività d’impresa).
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPPLY CHAIN ITALY