Il troppo reshoring apre opportunità: Trussardi spiega le sue scelte in tema di supply chain
Lasciare il Far East per spostare la produzione in Italia o nel Mediterraneo. Quella del reshoring (o del nearshoring) è stata una strategia che negli ultimi mesi è stata adottata da diverse realtà, tra cui anche Benetton e Doppelgänger, con lo scopo di mitigare le difficoltà negli approvvigionamenti e nei trasporti che si sono generate […]
Lasciare il Far East per spostare la produzione in Italia o nel Mediterraneo.
Quella del reshoring (o del nearshoring) è stata una strategia che negli ultimi mesi è stata adottata da diverse realtà, tra cui anche Benetton e Doppelgänger, con lo scopo di mitigare le difficoltà negli approvvigionamenti e nei trasporti che si sono generate con la crisi pandemica.
La scelta tra realizzare in Asia o in Europa (o nel Med) non è però banale e deve tenere conto anche del fatto che il contesto in cui viene compiuta è in rapidissima evoluzione, come ha avuto modo di spiegare, nel corso del Forum Supply Chain 2022, Linda Testa, responsabile della supply chain di Trussardi.
In era pre-pandemica, ha ricordato la manager, la casa di moda aveva infatti ‘felicemente’ delocalizzato in area Apac (Asia Pacific) la produzione, una scelta che le aveva permesso di ottenere margini elevati. Le criticità che si sono venute a creare nei trasporti e negli approvvigionamenti con la crisi sanitaria l’hanno però indotta a correggere in parte la rotta.
“Realizzare prototipi a distanza è difficile, quindi questi ora sono fatti in Italia, mentre la produzione, su cui è però complicato mantenere un controllo puntuale, è rimasta in Asia” ha spiegato. Parallelamente la maison bergamasca, che fino al pre-pandemia si avvaleva di pochi fornitori, si sta ora orientando verso un “frazionamento” degli stessi. Una strada resa possibile anche dal fatto che il reshoring verso l’Europa (o il Mediterraneo) è ormai così diffuso da aver reso i produttori del Far East più disponibili a raggiungere accordi per realizzare quantitativi di minore entità. Allo stesso tempo, la rilocalizzazione verso il Vecchio Continente si sta però rivelando sempre più difficile perché, perlomeno nel settore moda, la capacità produttiva sta arrivando a saturazione, in primis per la carenza di manodopera specializzata (artigiani in grado di realizzare scarpe ad esempio).
Paradossalmente – ha spiegato Testa alla platea e agli altri relatori, in gran parte di settori diversi da quello del fashion – prevenire le criticità della supply chain tramite una pianificazione accurata e anticipata degli approvvigionamenti non è fattibile nel settore dell’alta moda.
Ecco quindi la strategia che la maison bergamasca sta adottando in questa fase.
“Abbiamo una sfilata in programma la prossima settimana (il 26 febbraio, nell’ambito della Milano Fashion Week 2022 in cui verranno presentate le collezioni autunno/inverno 2022-2023, ndr) e questa, insieme alla campagna che si aprirà poco dopo, determinerà l’andamento delle vendite”. Dopodiché “avremo un tempo limitatissimo per l’approvvigionamento delle materie prime, per assicurarci le risorse di manodopera, produrre e far arrivare la merce dall’est” spiega Testa.
Per stare al passo con queste tempistiche, aggiunge la supply chain director di Trussardi, in questo momento “stiamo facendo produrre in Europa, anche se con margini minori, i capi destinati alla delivery 0 (ovvero per l’imminente stagione estiva, ndr)”, mentre saranno realizzati in Asia quelli delle stagioni successive, che così avranno tutto il tempo per arrivare nei mercati di destinazione senza la necessità di ricorrere ad esempio al più costoso trasporto aereo che può arrivare a incidere “anche per 15 euro per singola borsa”.
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