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Number One nella bufera: amministrazione giudiziaria e sequestro da 42 Mln per “appalti non genuini”

Un altro grande operatore della logistica italiana è stato travolto da una indagine che riguarda subappalti concessi a cooperative e imprese subappaltatrici che lo erano solo sulla carta. Questa volta a finire nel polverone è Number One, fornitore di servizi specializzato nel settore dell’alimentare secco che ha tra i suoi clienti anche Barilla. Il gruppo […]

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25 Maggio 2022
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Un altro grande operatore della logistica italiana è stato travolto da una indagine che riguarda subappalti concessi a cooperative e imprese subappaltatrici che lo erano solo sulla carta.
Questa volta a finire nel polverone è Number One, fornitore di servizi specializzato nel settore dell’alimentare secco che ha tra i suoi clienti anche Barilla.

Il gruppo stato infatti colpito da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Parma, disposto su richiesta della Procura della città, che ha interessato la totalità delle quote del capitale sociale di 5 imprese (una capogruppo e cinque ‘satelliti’).

Le cinque realtà sono Number One Logistics Group Spa, Sincro Hd Srl, Arca Srl, Taddei Training Società Cooperativa, Green Job Società Cooperativa.

Contestualmente per le cinque aziende è stato nominato un amministratore giudiziario mentre parallelamente è stato disposto un sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, per 41,988 milioni di euro “a carico di sei soggetti economici, ai cui rappresentanti legali vengono contestati reati fiscali”. Le sei società in questione sono Number One Logistics Group Spa (circa 24 milioni di euro), Sincro Hd Srl (12,22 milioni), Taddei Training Società Cooperativa (1,88 milioni), Primo Taddei Società Cooperativa (3,164 milioni), Green Job Società Cooperativa (398mila euro), Rds Logistics Scarl (303mila euro).

La vicenda ha avuto origine da due infortuni sul lavoro che si sono verificati dentro due magazzini di Parma e che hanno coinvolto due addetti stranieri, dipendenti di cooperative. Oltre a ipotizzare diverse violazioni alla normativa antinfortunistica, le indagini hanno portato a constatare come le varie imprese analizzate fossero in realtà una unica realtà economica di riferimento, seppure attraversata da plurimi contratti di appalto e subappalto.
E quindi a ricostruire l’esistenza di un meccanismo fraudolento, in base al quale la capogruppo avrebbe fatto ricorso a contratti d’appalto “non genuini”. Una conclusione, condivisa dal Gip, a cui gli inquirenti sono arrivati dopo avere osservato che era sempre la capogruppo a decidere assunzioni, organizzazione e retribuzione dei lavoratori delle imprese appaltatrici e che, di contro, queste stesse imprese non erano autonome nemmeno nel poter scegliere il tipo di equipment utilizzato nei magazzini o l’abbigliamento dei propri addetti.

Non solo. Era sempre la capogruppo a determinare le tariffe applicatele dai suoi fornitori logistici, arrivando anche a ripianarne i conti a fine anno tramite conguagli (con importi anche di centinaia di migliaia di euro) per portarli a una situazione di pareggio di bilancio. L’ingerenza era tale, scrivono gli inquirenti, che persone di fiducia della capogruppo avevano di fatto ruoli dirigenziali nelle società satelliti.

Tra queste, spiega la Procura, figurano anche tre cooperative, realtà che di fatto erano però “prive dei requisiti mutualistici”, che quindi avrebbero beneficiato ingiustamente di un regime fiscale agevolato garantendo un vantaggio competitivo alla capogruppo che ha così potuto  praticare condizioni economiche più favorevoli rispetto ai concorrenti.

Tirando le fila di questo quadro, la Procura è quindi arrivata a contestare reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (per 36.238.821 euro), l’omesso versamento Iva (per 16.451.781), l’omessa dichiarazione ai fini dell’Iva (per 303.059 euro).

A questi si va ad aggiungere la contestazione di lesioni personali colpose per gli infortuni sul lavoro. Alla società capogruppo e a tre società satelliti vengono inoltre contestati gli illeciti previsti dall’art. 25-quinquiesdecies del D.Lgs. 231/2001 (sulla responsabilità amministrativa degli enti). In particolare la prima si sarebbe “dotata di un modello organizzativo deficitario poiché non contemplante alcun monitoraggio dell’effettività dei contratti di appalto di lavori e servizi nel loro concreto estrinsecarsi” mentre le altre avrebbero “omesso di adottare un modello organizzativo idoneo a scongiurare condotte illecite commesse da chi rivestiva in seno ad esse ruoli apicali al precipuo scopo di favorirle”.

Fondata come spin off di Barilla (di cui è tuttora fornitore) nel 1997, Number One è stata ceduta nel 2012 al gruppo Fisi. Attualmente la società principale, Number One Logistics Group Spa, risulta all’80% controllata da Number One Holding Srl (che fa capo ai tre soci Gianpaolo Calanchi, Davide Villani e Renzo Sartori, quest’ultimo anche vicepresidente di Assologistica, nonché membro del Consiglio generale di Anita). Una quota pari al 15% è in mano alla Cooperativa Primo Taddei di Parma.

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