Dalla Commissione Parlamentare sulle condizioni di lavoro in Italia un Ddl per combattere sfruttamenti nella logistica
Dopo avere pubblicato una relazione che suona come un durissimo atto d’accusa nei confronti di chi per anni ha beneficiato delle condizioni di sfruttamento che le cooperative ‘spurie’ o ‘non genuine’ hanno messo in atto nel settore della logistica, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia ha fatto fare un passo avanti […]
Dopo avere pubblicato una relazione che suona come un durissimo atto d’accusa nei confronti di chi per anni ha beneficiato delle condizioni di sfruttamento che le cooperative ‘spurie’ o ‘non genuine’ hanno messo in atto nel settore della logistica, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia ha fatto fare un passo avanti al suo operato dando alla luce un Disegno di Legge, illustrato nei giorni scorsi alla presenza del Ministro Orlando che all’iniziativa ha dato il suo benestare.
Oltre ad alcune misure pensate soprattutto per garantire più tutele ai rider e ai lavoratori della gig economy, il testo – dal titolo: Disposizioni volte a tutelare il lavoro nei casi di utilizzo di piattaforme digitali e a contrastare i fenomeni di sfruttamento lavorativo – torna sulle proposte già avanzate nella stessa relazione.
Nel dettaglio, all’articolo 4 il testo entra nel merito del subappalto per stabilire che il subappaltatore debba garantire gli stessi standard previsti nel contratto di appalto e quindi riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e giuridico pari a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa nel caso l’applicazione del Ccnl. La modifica, come aveva già evidenziato la Commissione, è coincidente con quella che era stata già introdotta – solo però negli appalti pubblici – dal Dl 77/2021 (convertito dalla legge n. 108/2021), ovvero il Decreto Governance Pnrr e Semplificazioni.
L’articolo 5 rimane passa al caso in cui si verifichi una somministrazione fraudolenta di lavoro (quella cioè delle ‘cooperative spurie’, che operano proprio con lo scopo di eludere norme di legge o il Ccnl). Come già visto, la proposta è quella di una modifica al Codice Penale con l’inserimento del nuovo articolo 509bis, che porti a una pena detentiva da uno a sei anni se il fatto “si accompagna a una situazione di sfruttamento”, anche nel caso in cui riguardi i soci-lavoratori, secondo i criteri già previsti dal Codice Penale (cosa che permetterebbe anche di disporre misure cautelari e intercettazioni).
Più rilevante per novità è la modifica che si trova all’articolo 6, la quale andrebbe a far sì che le sanzioni già previste per i casi di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro dal Codice Penale si possano applicare anche a chi ricorra consapevolmente ai servizi oggetto dello sfruttamento, ovvero benefici consapevolmente di questa condizione (e quindi potenzialmente anche le aziende committenti).
L’articolo 7 andrebbe poi a colmare quella che è ritenuta una lacuna normativa, in questo caso del d.lgs. n. 231 del 2001 (che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni), facendo sì che tale responsabilità per i casi di sfruttamento si estenda anche all’ente che “giuridicamente o di fatto” svolge un controllo su altre imprese collettive, quindi anche eventuali cooperative di servizi di cui il primo si avvale.
Da ultimo l’articolo 8 introduce aggravanti nei casi in cui l’estorsione riguardi tre o più lavoratori (o se almeno uno di essi è uno straniero irregolare o un minore in età non lavorativa), con l’aumento della pena di un terzo.
Manca infine nel Ddl l’ipotesi di un intervento normativo a tutela dei lavoratori che denunciano situazioni di sfruttamento dato che, scrive la commissione, all’attenzione del Parlamento c’è già “un provvedimento specifico, di iniziativa parlamentare, che affronta in maniera organica la questione”.
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