Viaggio tra le aziende che non soffrono la carenza di autisti: “Stipendi adeguati e dignità”
Il settore della logistica soffre e soffrirà per la carenza di autisti. Alcune aziende però avvertiranno le difficoltà meno di altre. Stipendi soddisfacenti, condizioni di lavoro migliori della media del comparto, programmazione sono gli elementi che stanno facendo la differenza, perlomeno secondo il quadro tratteggiato a SUPPLY CHAIN ITALY da diverse imprese che, pur con […]
Il settore della logistica soffre e soffrirà per la carenza di autisti. Alcune aziende però avvertiranno le difficoltà meno di altre. Stipendi soddisfacenti, condizioni di lavoro migliori della media del comparto, programmazione sono gli elementi che stanno facendo la differenza, perlomeno secondo il quadro tratteggiato a SUPPLY CHAIN ITALY da diverse imprese che, pur con varie sfumature, hanno spiegato di non temere (troppo) per il proprio futuro sotto questo aspetto.
I loro resoconti disegnano uno scenario simile e coerente. Dopo molti anni di sovrabbondanza di personale, e quindi di forte competizione al ribasso tra aziende dell’autotrasporto nei confronti della committenza, vari fattori – strutturali o più recenti – hanno portato invece a una situazione diametralmente opposta, nella quale – sintetizzando brutalmente – la manodopera si è ritrovata con il coltello dalla parte del manico e ora, quindi, si sta riversando (o sta facendo riversare i propri curriculum vitae) sulle realtà ritenute per varie ragioni più attrattive.
A vederla così è ad esempio Alessandro Laghezza, a capo dell’omonimo gruppo spezzino. “L’aspetto economico conta, ma molto fa anche la reputazione, così come il fatto che una realtà sia solida e in crescita. La nostra azienda è considerata attrattiva, sarà anche il fatto che non siamo ‘solo’ autotrasportatori ma operatori logistici ad ampio spettro”. Tra i fattori chiave, per Laghezza Spa – che dichiara di avere “un surplus” di richieste di lavoro ovvero di curriculum che arrivano al suo indirizzo – ci sono la “solidità e affidabilità, anche nei pagamenti”, così come l’offerta di condizioni di lavoro confortevoli. “I nostri mezzi sono giovani, dotati di impianti di raffreddamento e riscaldamento che funzionano anche a motore spento, di stampanti, i tachigrafi non sono manuali (quindi non possono essere manomessi facilmente, ndr), sono stati oggetto di sanificazioni intense durante le fasi più dure della pandemia: tra gli autisti c’è un passaparola e queste cose contano”.
Se queste sono quindi le caratteristiche delle realtà meglio attrezzate contro la carenza di conducenti, quali sono invece quelle di chi ne soffrirà? “Non saranno necessariamente le realtà più piccole, ma quelle che in questi anni non hanno investito, in asset e nelle risorse umane”.
Un punto di vista simile sul fenomeno è quello di Paolo Montanari, direttore generale di Logtainer, gruppo che opera nella logistica fornendo non solo trasporto su strada ma anche intermodale e con attività di deposito inland. A testimonianza della fiducia che alberga nell’azienda genovese anche in questa fase sono i corposi investimenti che ha avviato e che si concretizzeranno nei prossimi mesi: “Da 56 mezzi, la nostra flotta crescerà a 130-140 entro fine anno. Abbiamo già avviato le selezioni, non temiamo di non trovare il personale anche se magari ci vorrà un po’ più di tempo che in passato per individuare le persone giuste”.
Anche per Montanari, in ogni caso, al fianco di remunerazioni soddisfacenti sono importanti le condizioni di lavoro, come appunto la presenza di climatizzatori nei mezzi e più in generale l’attenzione dedicata agli autisti, che poi sono “le interfacce, i biglietti da visita della nostra azienda verso l’esterno”. Fondamentali, in generale, anche fattori come la puntualità nei pagamenti e l’affidabilità: “Ma negli ultimi anni abbiamo assistito in generale a un netto miglioramento della qualità del nostro settore sotto questo profilo”.
Più critica e preoccupata, ma nel complesso non troppo dissonante rispetto alle precedenti, la voce di Luca Pinna, presidente del Consiglio d’Amministrazione di P Line. “Gli stipendi sono già alti, noi abbiamo introdotto anche degli adeguamenti per l’inflazione, ma è il settore a essere inadeguato, con il caos che spesso si trova nei porti così come nei depositi interni”. Anche se il problema della carenza degli autisti è molto importante e visibile, la sua società non lo avvertirà troppo: “Abbiamo anche noi difficoltà ma di norma risolviamo, se però non ci fossero stranieri – ora poco meno del 50% della nostra forza lavoro – saremmo disperati” spiega. Un tema chiave per Pinna è però quello della formazione, o meglio del passaggio successivo verso le aziende: “E’ necessario investire sul settore e creare scuole professionali che prendano il posto delle scuole guida, che non formano adeguatamente. Allo stato attuale noi operatori dobbiamo affiancare agli autisti più giovani altri più esperti per completare il loro addestramento, pagando due stipendi”.
Una voce un po’ fuori dal coro e utile a vedere il fenomeno da un’altra angolazione è quella di Costanza Musso, vertice di Grendi, gruppo attivo nel trasporto marittimo, come terminalista così come nel trasporto stradale, che offre servizi di spedizione su strada affidandosi per lo più a terzisti: “Il problema c’è, non nascondo che noi lo avvertiamo molto. In questo momento ci sta limitando nella crescita dei volumi”.
Secondo l’imprenditrice le principali difficoltà, per le aziende di autotrasporto, in questo momento risiedono nella incapacità dell’intero sistema della logistica di programmare le operazioni. Una inadeguatezza che si ritrova, nel piccolo, al livello delle aziende della committenza che spesso lasciano gli autisti in attesa per ore nei piazzali, senza essere in grado di organizzare per tempo le operazioni di carico/scarico o di fornire loro indicazioni in tempo reale, ma anche guardando a come sono stati calendarizzati gli interventi di manutenzione delle autostrade, che continuamente rallentano i trasporti stradali e complicano la vita ai conducenti.
Relativamente alle soluzioni, Musso cita alcune iniziative prese da Grendi, dal dotare le filiali di sale d’aspetto dove gli autisti possano attendere in un contesto più confortevole al fornire strumenti finanziari di supporto ai ‘padroncini’ del cui lavoro il gruppo si avvale. Più in generale in questo momento per fare fronte al problema è necessario puntare sulla ottimizzazione e in particolare sulla saturazione dei mezzi per evitare viaggi “in cui si trasporta aria”. E poi guardare ‘alle altre metà del cielo’. Da un lato cioè, “puntare sulla ferrovia, in particolare per trasporti industriali e a carichi completi”, ormai irrinunciabile, e dall’atro “incentivare la presenza femminile nella categoria. Oggi non c’è più una necessità di forza fisica e quindi le donne sono assolutamente adatte anche a questo lavoro. Le poche che ci sono risultano veramente delle ottime professioniste e andrebbero ulteriormente incentivate e fatte crescere”.
Un cenno merita a questo punto il nodo, finora sorvolato, delle retribuzioni. Le aziende sentite da SUPPLY CHAIN ITALY hanno preferito non esporsi direttamente, ma nell’insieme dalle risposte emerge che la forbice varia da un minimo effettivo mensile corrisposto di almeno 2.000 euro netti (in diversi casi anche superiore) per arrivare a massimi variabili, ma che senza troppe difficoltà possono raggiungere anche i 3.500 euro netti. A incrementare la paga base concorrono elementi come la durata delle percorrenze o gli straordinari, ma è interessante rilevare al riguardo che Gruppo Laghezza ha introdotto degli incentivi per gli autisti che effettuano viaggi che permettono un’ottimizzazione delle operazioni, ovvero che garantiscono un beneficio operativo all’azienda.
Per il futuro tra gli operatori – tra questi Musso – c’è comunque l’idea che la situazione andrà migliorando, anche se magari – in questo caso la voce è di Montanari – non nel breve periodo. “Sono convinto – ha invece affermato con più enfasi Laghezza – che il fenomeno sia in via di risoluzione perché si va verso un riallineamento della domanda con l’offerta, come sta accadendo nel trasporto container e dei relativi noli marittimi”.
Questa la fotografia della situazione attuale e l’evoluzione di breve – medio periodo in base all’andamento del mercato. Ma come andare a incidere in modo più strutturale sull’offerta di forza lavoro di conducenti?
“Il tema dello stipendio c’è, ovviamente” è l’opinione di Giuseppe Tagnochetti, coordinatore ligure di TrasportoUnito. “In questo momento i rinnovi contrattuali di secondo livello stanno recependo questa situazione di mercato, quindi i livelli si stanno alzando, ma i costi non sono ribaltabili più di tanto sulla committenza, che comunque ha dovuto accettare i surcharge per il carburante”
“C’è anche il tema della dignità dell’autista a cui si devono assicurare servizi adeguati, ad esempio nei porti. Non sono solo trasportatori ma terminali operativi delle aziende, devono assolvere a compiti che hanno a che fare con la digitalizzazione”. Va rilevato però che “ci sono anche iniziative che non stanno funzionando: ad esempio i programmi formativi, varati da alcune regioni, hanno incentivato a pioggia il conseguimento delle patenti C supportando i potenziali candidati autisti ma senza agganciare (o agganciando solo in alcuni casi) questo percorso alla domanda delle singole aziende”. Il risultato è, secondo Tagnocchetti, che ci sono state poche adesioni e che una quota di chi ha terminato il percorso non ha poi scelto di dedicarsi alla professione di autista. Pertanto, meglio sarebbe rivolgersi al “bacino di chi ha già una patente B e opera come autista di veicoli più leggeri, per supportare un passaggio di grado. A nostro avviso questi incentivi devono restare, ma devono affiancarsi a una defiscalizzazione del costo del lavoro per l’azienda che poi finalizza l’assunzione, anche in considerazione del fatto che spesso è la stessa aziende a completare la formazione”.
Francesca Marchesi
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