In costante aumento il mercato delle soluzioni di supply chain management (+4,6% nel 2022)
Milano – Il mercato delle soluzioni di supply chain management in Italia è stato pari a 417 milioni di euro, in aumento del 4,6% sull’anno precedente, mentre per il 2023 la previsione è di una progressione del 5,9%, percentuale che andrà crescendo ancora negli anni seguenti. I numeri sono stati illustrati ieri nel corso del […]
Milano – Il mercato delle soluzioni di supply chain management in Italia è stato pari a 417 milioni di euro, in aumento del 4,6% sull’anno precedente, mentre per il 2023 la previsione è di una progressione del 5,9%, percentuale che andrà crescendo ancora negli anni seguenti.
I numeri sono stati illustrati ieri nel corso del convegno organizzato per presentare i risultati del Barometro Integrated Supply Chain – B ISC3, realizzato da NetConsulting cube in collaborazione con Assologistica, Farmindustria, Gs1 (nonché con Engineering, SedApta e Sopra Steria), giunto alla seconda edizione.
Misurare il livello di integrazione delle supply chain aziendali nonché la prontezza delle imprese nel comprendere le evoluzioni del business e reagire di conseguenza è stato in particolare l’obiettivo dello studio, che ha puntato a creare un ‘maturity model’, in sostanza una mappa bidimensionale in cui sono poi state posizionate le aziende che hanno preso parte alla indagine rispetto al loro avanzamento in questi due ambiti.
Trentuno, nel dettaglio, le aziende che hanno formato il panel. Realtà, anche di grandi dimensioni, dei settori manifatturiero, della Gdo, della farmaceutica e dei trasporti della logistica, coinvolte non sempre per tramite il proprio responsabile della supply chain o della logistica ma anche con figure come l’It manager.
Al di là di quelle presenti in sala con il proprio rappresentante (Dhl, Unieuro, Marcegaglia, Prysmian e così via), molte hanno però preferito partecipare in forma anonima, e per nessuna, per questioni di riservatezza, è stato mostrato il relativo posizionamento sul ‘maturity model’.
Più interessante dei risultati aggregati dello studio (questi sì mostrati durante la presentazione) andare allora a vedere quali sono stati i temi che i ricercatori hanno voluto indagare nello studio e come.
In un contesto di estrema incertezza – hanno evidenziato di Annamaria Di Ruscio, Vittorio Arighi, Alessandra Pinza di Netconsulting Cube – nel quale le aziende mostrano di temere soprattutto per il caro-energia, per le conseguenze del conflitto in Ucraina, per l’evoluzione della pandemia e per la scarsità di materie prime, più della maggioranza degli intervistati ha detto di vedere, per quel che concerne la supply chain, criticità nella gestione di fornitori, della flotta e dei magazzini. In questo ambito gli aspetti che sono tenuti più sotto attenzione sono i costi delle materie prime e i tempi di fornitura. Anche la fase del trasporto preoccupa una quota consistente dei partecipanti all’indagine (poco meno della metà), soprattutto per quel che riguarda i costi ma anche per la (scarsa) numerosità dei trasportatori. La gestione della fase di ricezione della merce segue nella lista, con attenzione rivolta in particolare alle operazioni di controllo qualità e gestione delle rotture di stock. Meno preoccupante in questa fase la gestione della domanda, inclusi aspetti come la sua volatilità e la visibilità sui clienti finali.
Per rispondere a queste difficoltà, le aziende indicano di avere avviato in primis iniziative strategiche (investendo nella capacità di anticipare gli eventi o nel risk management, ottimizzando la gestione della liquidità), a seguire evoluzioni organizzative (per aumentare la collaborazione interna, in formazione o recruiting) e azioni di digitalizzazione (anche per aumentare l’integrazione con gli attori esterni quali fornitori). Minoritarie le iniziative per rivedere il proprio modello di business (ad esempio aprendo nuovi canali) o i rapporti con i partner (con alleanze con i competitor o esternalizzando delle attività).
Per quel che riguarda in particolare la digitalizzazione, alcune iniziative incontrano più interesse di altre. Big data e digital twin vengono spesso citati come strumenti per anticipare gli scenari di business, mentre nell’ambito delle attività cosiddette straordinarie è ormai prassi investire in cybersecurity (principalmente per la sicurezza perimetrale, quindi anche per la sicurezza di dati e applicazioni), control tower, cloud computing (ormai ampiamente diffuso) e IoT. Nella gestione dell’ordinario termini ormai ricorrenti sono digital workplace, digital customer e e-commerce, mentre il quantum computing resta ancora un argomento di nicchia.
In questo ambito di interesse trovano fondamento anche i numeri citati all’inizio rispetto al sempre maggiore ricorso alle soluzioni di supply chain management. Se, come accennato, nel 2022 il mercato vale 417 milioni di euro, la previsione è di una sua crescita costante nei prossimi anni, fino a un peso di 516 milioni già nel 2025.
Nonostante, o forse proprio in ragione di questo interesse, le imprese del panel non si ritengono però del tutto soddisfatte delle competenze digitali presenti internamente, tanto che oltre la metà di loro ha detto di ritenerle buone, ma con presenza di gap, seppur limitati, e la quota di chi le ritiene elevate è minoritaria.
Un altro tema chiave della analisi è stato quello della valutazione del grado di integrazione delle aziende, sia al loro interno sia con la dimensione esterna. Interessante rispetto a questo punto notare come, pur con diverse sfumature, le realtà che hanno partecipato alla ricerca abbiano indicato una scarsa integrazione con gli operatori del trasporto e ancora meno con i competitor. Decisamente maggiore il livello di integrazione che dichiarano invece di avere con i fornitori e con i clienti.
F.M.
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