Anche Brt e Geodis nella bufera per frode fiscale: sequestrati 102 milioni di euro
Dopo Dhl Supply Chain, Gls e Number One, altri due maxi operatori logistici finiscono nei guai con l’accusa di frode fiscale. Si tratta di Brt e di Geodis, cui secondo l’Ansa la Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato oggi rispettivamente importi per 44 e 37 milioni di euro. Altri 21 milioni sono stati posti […]
Dopo Dhl Supply Chain, Gls e Number One, altri due maxi operatori logistici finiscono nei guai con l’accusa di frode fiscale.
Si tratta di Brt e di Geodis, cui secondo l’Ansa la Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato oggi rispettivamente importi per 44 e 37 milioni di euro. Altri 21 milioni sono stati posti sotto sequestro a un soggetto ‘intermediario’, per un totale di 102 milioni di euro. In particolare secondo il Corriere la persona in questione sarebbe Antonio Suma, amministratore di fatto di diverse cooperative. Le indagini fanno capo al Pm Paolo Storari, che si sta occupando tra l’altro anche della vicenda Gls.
In modo simile a quanto visto nei casi precedenti, anche questa nuova inchiesta si concentra sull’evasione dell’Iva, una delle conseguenze del presunto ricorso, da parte di alcune aziende committenti del settore trasporti e logistica, a false cooperative che operano come “serbatoi di manodopera”. Secondo il Corriere risultano inoltre indagate quattro persone fisiche (Giorgio Bartolini e Costantino Dalmazio Manti per Brt, e Luigi Francesco Cazzaniga e Fabrizio Airoldi per Geodis) in quanto firmatarie delle dichiarazioni fiscali 2017-2021, sulla base della legge 231 del 2001 sui reati commessi da vertici aziendali nell’interesse delle società.
Sul fenomeno delle false cooperative o cooperative spurie – ovvero quelle che agiscono senza rischio imprenditoriale o potere organizzativo, predisponendo manodopera a basso costo a favore delle loro committenti – oltre che l’iniziativa di alcune procure e nuclei della GdF si era concentrata durante la scorsa legislatura l’attività della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia. Nella sua relazione intermedia questa era arrivata alla conclusione che il contesto normativo italiano sia carente, anche per l’assenza della “previsione di una fattispecie autonoma per colui che benefici consapevolmente del lavoro in condizioni di sfruttamento”, portandola quindi ad auspicare diverse modifiche al Codice Penale inclusa l’introduzione di nuovi reati.
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