Contratti di trasporto container: da Drewry cinque raccomandazioni di fine anno per i caricatori
Evitare contratti di lungo termine e buttarsi sul mercato spot? Rivedere al ribasso i volumi minimi garantiti ai vettori, considerate le incertezze dell’economia globale? O, ancora, provare a spostarsi su contratti indicizzati? Sono molti gli interrogativi che si affacciano alla mente di spedizionieri e caricatori clienti delle compagnie di trasporto container via mare in vista […]
Evitare contratti di lungo termine e buttarsi sul mercato spot? Rivedere al ribasso i volumi minimi garantiti ai vettori, considerate le incertezze dell’economia globale? O, ancora, provare a spostarsi su contratti indicizzati? Sono molti gli interrogativi che si affacciano alla mente di spedizionieri e caricatori clienti delle compagnie di trasporto container via mare in vista delle scadenze degli accordi, che in certi casi coincidono con la fine dell’anno solare, soprattutto alla luce dell’inflazione (secondo le stime al +8,8% a livello globale nelle ultime settimane del 2022) e al crollo che si sta osservando sul livello dei noli.
A rispondere a queste domande, o meglio a indicare elementi da considerare per prendere delle decisioni, è stata la sociteà di analisi e consulenza Drewry, che prima di entrare nel vivo delle sue raccomandazioni ha però invitato a guardare più nel dettaglio i fenomeni citati. A partire dalla caduta dei noli, che se a livello medio è stata del 75% su base annua, mostra però alcune significative differenze da rotta a rotta, in particolare per le tariffe per le tratte transatlantiche che si mantengono su importi elevati (7.151 dollari per l’invio di un container da 40’ da Rotterdam a New York nell’ultima settimana, secondo la stessa società di analisi).
Con queste premesse, il primo tema affrontato è quello della sottoscrizione di contratti di trasporto annuali, la cui necessità viene messa in dubbio da caricatori che si sono recentemente trovati a firmare accordi di medio termine su spinta di vettori alla ricerca di volumi aggiuntivi, o che guardano al vistoso delta che ancora permane (nonostante alcuni segnali di movimento) tra tariffe spot e ‘contrattate’. Qui Drewry dà una risposta netta: per quel che riguarda le realtà con catene di approvvigionamento più complesse o con obblighi stringenti nei confronti della clientela, l’indicazione è infatti di procedere con contratti di durata almeno annuale, dato che questi, al di là degli importi, offrono garanzie sui livelli di servizio, sulle condizioni di pagamento e rispetto alle efficienze operative. Diverso è ovviamente il discorso per le aziende che hanno necessità più semplici, dove a guidare sono comprensibilmente valutazioni sule sole tariffe.
Relativamente al tema dei Minimum Quantity Commitments, la società di analisi non si sbilancia più di tanto, limitandosi a segnalare che i cargo owner stanno agendo con molta cautela avendo poca chiarezza sulle proprie previsioni di domanda, e confidando nel fatto che il mercato (visti anche i nuovi ingressi di capacità nave attesi, pari a 2,5 milioni di Teu nel 2023) saprà in qualche modo rispondere a necessità maggiori
Rispetto al come trovare una tariffa ‘target’ per le negoziazioni, Drewry consiglia di muoversi tenendo presenti alcuni fattori: il punto di break even, il costo per container sostenuto dal fornitore, l’attuale mercato spot, i livelli contrattuali raggiunti ultimamente, i noli del pre-pandemia, tutti parametri che a suo avviso dovrebbero aiutare a decidere in un contesto caratterizzato da forte volatilità.
Ai cargo owner che si chiedono inoltre se ridurre il proprio pool di fornitori di servizi (che magari negli ultimi tempi è stato allargato nel tentativo di assicurarsi nuova capacità), gli analisti britannici consigliano di rivedere e consolidare quelli presenti, concentrandosi sulla qualità piuttosto che sulla quantità nonché di avviare o rafforzare un processo di revisione aziendale trimestrale basato su KPI definiti e misurabili, per poi dare priorità a chi dimostra di potere e volere migliorare le proprie prestazioni.
Ultimo dei punti analizzati da Drewry è quello dei contratti indicizzati. In condizioni di mercato come quelle attuali i caricatori secondo la società sono in grado di rinegoziare gli accordi senza la necessità di questo strumento. Tuttavia, se entrambe le parti dovessero condividere il desiderio di costruire un rapporto solido e di lungo periodo, un contratto indicizzato può essere utile perché permetterebbe di spostare l’attenzione dalla costante negoziazione sui prezzi a ragionamenti sul miglioramento delle prestazioni operative.
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