Negli ultimi anni i temi relativi al funzionamento delle catene logistiche hanno assunto una rilevanza sempre più importante per le aziende di tutto il mondo a causa dei diversi shock che si sono succeduti: dalla pandemia, alle tensioni commerciali Usa-Cina, dalla mancanza di diversi materiali e componenti, fino ad arrivare alla guerra in Ucraina. Elementi che sono andati a sommarsi alle implicazioni della transizione energetica già in corso.
Paolo Saccomano, partner e associate director di Bcg, spiega che “l’effetto complessivo delle turbolenze osservate negli ultimi anni si è tradotto nell’incremento della volatilità per le supply chain di quasi tutti i settori, destinata a rimanere tale per un tempo non esattamente identificabile”. Bcg Italia ha appena diffuso una nuova edizione della survey sulle supply chain intitolata ‘Le supply chain nell’era della volatilità’, per analizzare aspetti come la continuità dei flussi di materiali, le conseguenze dell’inflazione e le implicazioni degli obiettivi di sostenibilità.
L’impatto degli shock sulle supply chain
La ripresa post-pandemica è emersa chiaramente dall’indagine con una tendenza al rimbalzo del fatturato che ha interessato quasi la metà delle aziende campione, mentre le imprese che hanno visto ridurre il fatturato sono passate dal 60% del 2021 al 25% del 2022.
Nonostante questo trend positivo, la ricerca pone in evidenza che i problemi sulla performance delle supply chain inbound (dai fornitori agli stabilimenti o ai magazzini) sono continuati e si sono anzi aggravati, con il 95% delle aziende che ha lamentato un aumento dei tempi di fornitura e il 92% che ha visto peggiorare l’affidabilità delle consegne dei fornitori.
Allo stesso tempo è continuata ad aumentare l’incidenza dei costi logistici sul fatturato, che ha colpito il 78% delle imprese. Dall’indagine emerge inoltre che l’incremento dei costi dei materiali sul valore totale della produzione è stato avvertito da una percentuale pari al 69% delle aziende. Continua la tendenza all’aumento delle scorte (registrata dal 50% delle imprese contro un 18% che le ha viste diminuire), che non ha impedito la trasmissione degli shock lungo la catena del valore fino a impattare il servizio erogato ai clienti: tempi di evasione troppo lunghi per il 75% di esse e peggioramento dell’affidabilità del servizio per il 58%.
Le nuove priorità delle aziende
Di fronte a questo nuovo panorama le aziende hanno messo in campo delle reazioni forti e articolate, intervenendo su più fronti, a cominciare dalla riconfigurazione del parco fornitori. Ben il 75% delle imprese ha incrementato il numero di fornitori in portafoglio, il 38% ha eliminato quelli meno performanti e il 46% ha optato per il re-shoring di alcune forniture.
Numerosi anche gli interventi per garantire continuità e sulla flessibilità delle forniture, in particolare anticipando la prenotazione della capacità produttiva (80% degli intervistati) o incrementando le scorte dei materiali acquistati (54%).
La maggiore volatilità ha inoltre messo a dura prova i processi di pianificazione inducendo le aziende a rivederli in modo sistematico: per il 54% ha aumentato la frequenza di revisione dei piani mentre il 37% ha introdotto nuovi processi di forecasting a fronte di un 17% che ha abbandonato quelli esistenti perché poco affidabili.
Di fronte al contesto in cui ci troviamo, caratterizzato da una maggiore volatilità dei prezzi delle materie prime e dell’energia, le imprese hanno messo in campo un’ampia gamma di soluzioni: la maggior parte delle aziende ha dichiarato di aver ridotto i consumi energetici grazie all’uso della tecnologia (41,7%), altre hanno trasferito le variazioni dei costi sui prezzi praticati ai clienti (37,5%).
La survey fa anche emergere come la supply chain sia un ambito importante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità delle aziende, per esempio in tema di riduzione delle emissioni di CO2. La sensibilità su questo indicatore è diffusissima, con l’83% delle aziende che si è dato obiettivi specifici di riduzione del proprio impatto ambientale entro il 2030 e il 63% che ha fissato degli obiettivi al 2050.
Il dato più confortante è che l’88% delle aziende intervistate ha intrapreso un ampio ventaglio di azioni concrete per ridurre l’impatto della supply chain sull’ambiente: le più diffuse hanno riguardato l’ottimizzazione del packaging e la collaborazione con i fornitori per ridurre le emissioni di CO2 e gli altri aspetti del footprint ambientale.