Drewry: “Capacità container sfuggita di mano ai global carrier”
“Ci siamo sbagliati”: è con questa presa d’atto che si apre l’ultimo report di Drewry relativo all’andamento del trasporto marittimo di container. Una disamina in cui la società di analisi ammette di avere fallito le previsioni quando aveva ipotizzato che, di fronte al crollo dei noli, i carrier avrebbero dato velocemente una stretta alla capacità […]
“Ci siamo sbagliati”: è con questa presa d’atto che si apre l’ultimo report di Drewry relativo all’andamento del trasporto marittimo di container. Una disamina in cui la società di analisi ammette di avere fallito le previsioni quando aveva ipotizzato che, di fronte al crollo dei noli, i carrier avrebbero dato velocemente una stretta alla capacità di stiva.
Il mea culpa degli analisti britannici si trasforma però nel giro di poche righe in un atto d’accusa rivolto agli stessi global carrier, caduti vittime dell’”istinto, profondamente radicato, a preservare i volumi” che li ha portati a non correggere gli squilibri già in atto.
“Abbiamo dato loro troppo credito”, scrive Drewry, “quando abbiamo pensato che avrebbero gestito proattivamente la capacità”. Il risultato finale è che, non avendo agito al momento giusto – secondo la società nei primi mesi del 2022, quando sono comparsi i primi segnali di debolezza del mercato – ora la situazione è ora sfuggita loro di mano e, come già predetto anche da Sea-Intelligence, all’orizzonte per gli operatori si profila una nuova fase di ‘guerra dei prezzi’.
Più nel concreto, la società di analisi riconosce che alcune cancellazioni di viaggi, sospensioni di servizi e demolizioni navi siano state disposte dalle compagnie marittime, non però in modo da produrre effetti significativi, tanto che al momento il calo dei noli permane a livello globale (l’ultimo report settimanale della stessa Drewry dà in recupero solo quelli per spedizioni da Shanghai verso Genova e Rotterdam).
A queste dinamiche ne vanno sovrapposte altre: la prima è l’ingresso in flotta di nuova capacità (al momento gli ordini per nuove portacontainer totalizzano i 6,7 milioni di Teu) che sarà però bilanciata da ulteriori cancellazioni di viaggi e sospensioni di servizi generando una eccedenza tutto sommato contenuta, ovvero dell’1,9%. Il calo dei volumi e della domanda di trasporto che già si sta osservando, e che eliminerà i problemi di congestione portuale e logistica, ‘disimpegnerà’ però ulteriore capacità, portando l’eccesso di stiva effettiva al 19% e il mercato in stato di oversupply.
Il comportamento delle shipping company, riconosce Drewry, è stato sinora giustificato dalla profittabilità delle rotte, che le compagnie stanno cercando di ‘spremere’ fino all’ultimo momento utile. Mettendo a confronto per ogni tratta i costi (per round trip nave) e i ricavi (per slot), la società di analisi ha osservato come questi valori si stiano avvicinando molto rapidamente per quel che riguarda i trade Asia- costa Ovest degli Usa e Asia – Nord Europa, senza tuttavia aver portato ancora i vettori a correzioni significative. Parallelamente le rotte transatlantiche, ancora molto redditizie, sembrano essere viste dai carrier come un mercato di riserva su cui poter riversare stiva che man mano che questa sarà tolta da altre aree (senza metterla quindi ‘fuori gioco’). Un altro fattore che porta i vettori ad avere un atteggiamento attendista è la speranza di poter interecettare un eventuale picco di domanda prima dello stop che si verificherà in corrispondenza del Capodanno cinese, il prossimo 22 gennaio.
Il risultato di questa codotta, secondo Drewry, sarà che non si assisterà affatto a un “declino controllato” (come invece aveva predetto la stessa società di analisi appena lo scorso ottobre) o a un “atterraggio morbido (per usare l’espressione scelta ad agosto dall’amministratore delegato di Cma Cgm Rodolphe Saade), in grado di garantire ai carrier margini più bassi ma comunque superiori alle medie storiche. Quella che si vedrà sarà piuttosto una gestione della capacità che avrà lo scopo precipuo di evitare che i noli cadano sotto il punto di break even.
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