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Vale oltre 10 miliardi annui l’export italiano di ortofrutta

Le esportazioni di frutta e verdura (fresche e trasformate) hanno superato per la prima volta nel 2022 i 10 miliardi di euro (+8% sull’anno precedente), nonostante le difficoltà legate agli aumenti dei costi e agli effetti dei cambiamenti climatici, che hanno penalizzato soprattutto il settore del fresco. Il settore non riesce tuttavia a esprimere ancora […]

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13 Febbraio 2023
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Le esportazioni di frutta e verdura (fresche e trasformate) hanno superato per la prima volta nel 2022 i 10 miliardi di euro (+8% sull’anno precedente), nonostante le difficoltà legate agli aumenti dei costi e agli effetti dei cambiamenti climatici, che hanno penalizzato soprattutto il settore del fresco. Il settore non riesce tuttavia a esprimere ancora appieno il suo potenziale anche per via di un consistente gap logistico.

Lo evidenzia una analisi della Coldiretti (su proiezioni di dati Istat relativi ai primi 10 mesi dell’anno) diffusa in occasione della fiera di Fruit Logistica di Berlino, che si è svolta nei giorni scorsi.

Proprio la Germania è stata il primo mercato per la produzione Made in Italy (circa un quarto del totale esportato, +7%), seguita dalla Francia (-2%) e, al terzo posto, dalla Gran Bretagna, paese in cui nonostante la Brexit i volumi sono cresciuti dell’8%.  Al quarto posto si colloca l’Austria (+8%), subito davanti agli Stati Uniti, primo extra Ue, dove si registra un salto in avanti del 20%.

Sul totale delle esportazioni, gli ortaggi freschi valgono oltre 1,8 miliardi (5,3 miliardi considerando anche il trasformato, del quale quasi la metà è rappresentato da salse e concentrati di pomodoro, in crescita del 27%). L’export di frutta fresca vale invece 3,8 miliardi, ai quali vanno aggiunti 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve.

Nel complesso un risultato ottimo, che però “potrebbe essere migliore se si riuscisse a superare il gap logistico e infrastrutturale che costa all’agroalimentare 7,8 miliardi di euro all’anno, secondo il Centro Studi Divulga, e, nel caso del prodotto fresco, è particolarmente penalizzante per le nostre imprese rispetto ad altri Paesi produttori” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, Prandini ha anche sottolineato come occorra “cogliere le opportunità offerte dal Pnrr per garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

Sul settore pesa poi l’impennata dei costi (fino al +119%) che ha colpito varie fasi dell’attività aziendale (dal riscaldamento delle serre ai carburanti per la movimentazione dei macchinari, dalle materie prime ai fertilizzanti fino agli imballaggi. Aumenti che sono stati per la maggior parte assorbiti dalle imprese agricole stesse, aumentando le difficoltà del settore, con quasi un produttore di ortaggi su cinque (19%) che ha addirittura lavorato in perdita.

Ma a preoccupare sono anche la concorrenza sleale delle produzioni straniere e le asimmetrie nei rapporti con i paesi. Ad esempio le pere cinesi Nashi, rileva Coldiretti, arrivano regolarmente nel nostro Paese, ma quelle italiane non possono andare in Cina perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria).  “È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità” ha notato a tale proposito Prandini.

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