L’export italiano di prodotti agroalimentari cresce in 10 anni per valore (+81%) e distanza (+8%)
Cresce la distanza percorsa dalle esportazioni italiane di cibi e bevande. Secondo un’analisi di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico nato dall’accorpamento dell’Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina), le spedizioni italiane di questi generi percorrono in media […]
Cresce la distanza percorsa dalle esportazioni italiane di cibi e bevande.
Secondo un’analisi di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico nato dall’accorpamento dell’Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina), le spedizioni italiane di questi generi percorrono in media quasi 3 mila chilometri, con un aumento dell’8% tra 2012 e 2021, segno di una lieve crescita delle esportazioni verso mercati più lontani.
Considerando i 20 prodotti più distintivi del made in Italy (ovvero quelli che con quasi 28 miliardi di euro, rappresentavano nel 2021 il 53% del valore totale dell’export), l’analisi mostra come ad arrivare più lontano sia di solito il tabacco, con quasi 8.000 chilometri percorsi in media, grazie in particolare al peso del Giappone come destinazione per effetto di uno specifico accordo commerciale stipulato con una multinazionale del paese.
Seguono i pomodori pelati e polpe (4.850 km), vini, conserve e preparazioni suine e spumanti (tutti sopra i 4.000 km), formaggi e pasta (sopra i 3.500). In coda a questa particolare classifica ci sono invece le acque minerali, il riso e le cialde per il caffè, che raggiungono in media destinazioni più prossime.
Anche se l’Ue rimane il principale mercato di sbocco dell’agroalimentare nazionale, la domanda da parte dei paesi fuori dal continente europeo si fa sempre più forte con Stati Uniti, Giappone, Canada, Russia, Cina e Australia che insieme concentrano oggi quasi il 21% del valore del nostro export agroalimentare.
Spostando l’attenzione sul decennio 2013-2022, Ismea evidenzia anche come l’export agroalimentare italiano sia quasi raddoppiato in valore (+81%), passando da 33,5 a 60,7 miliardi, a un ritmo medio quindi del +7% annuo.
Focalizzando l’analisi sui primi 20 prodotti agroalimentari esportati, i primi cinque in valore nel 2021 sono stati vini in bottiglia, paste alimentari secche, tabacco lavorato, formaggi stagionati e prodotti della panetteria e pasticceria (specificamente rappresentati soprattutto dai dolci da ricorrenza e dalle pizze).
Nel quinquennio si sono distinti per i maggiori tassi di crescita, oltre al tabacco lavorato (+30%), cialde e cialdine (+16%), paste alimentari farcite (+11%), ma anche formaggi grattugiati, formaggi freschi e latticini e prodotti della pasticceria e panetteria, tutti con aumenti superiori al 9%.
Tra le tendenze interessanti messe in luce da Ismea c’è infine l’aumento della penetrazione dei prodotti italiani sui mercati esteri. In altre parole, secondo l’Istituto, il market share dell’Italia è cresciuto nel periodo 2012-2021 portandosi dal 2,8% al 3,25%. Restringendo il periodo di osservazione all’ultimo quinquennio, è aumentato è il livello di penetrazione su tutti i primi 20 mercati di riferimento a livello globale, con un calo però su quello della Cina, principale importatore mondiale. Più nel dettaglio il made in Italy agroalimentare può contare su una penetrazione elevata (oltre l’8% nel 2021) nei mercati dei tradizionali partner europei, e a seguire nel Regno Unito, in Polonia e in Spagna. Uno share superiore alla media (3,25%) si registrava nel 2021 anche in Giappone, Belgio, Russia e Stati Uniti, mentre in paesi come Cina, Indonesia, Vietnam, India e Messico non arrivava a toccare lo 0,5%.
Spostando nuovamente lo sguardo sui 20 prodotti più rappresentativi del paniere del made in Italy, invece le quote di mercato dell’Italia sono in tutti i casi elevate, talvolta molto elevate. In primis per prodotti come pelati e polpe di pomodoro e pasta, per i quali l’Italia è leader mondiale assoluto, soddisfacendo rispettivamente l’85% e il 46% della domanda mondiale, e a seguire per con quote tra il 20% e il 40% come paste alimentari farcite, tabacco lavorato, passate e concentrati di pomodoro, vini spumanti, acque minerali, olio d’oliva extravergine e vini in bottiglia.
Godono poi di una penetrazione tra l’11 e il 16% prodotti come formaggi freschi e latticini, caffè torrefatto, preparazioni e conserve suine, cialde e cialdine, mele e cioccolata, mentre quote basse ma comunque superiori alla media sono quelle di vini in confezioni superiori ai due litri, formaggi stagionati, uva da tavola, panetteria e pasticceria (in particolare si tratta di dolci da ricorrenza, pizze, cornetti ecc.) e riso lavorato.