Cresce la pressione sulle aziende affinché rendano green la propria logistica
Dal 2022 le imprese, rivela una indagine della Liuc, sentono aumentare la spinta da parte di investitori, opinione pubblica e gruppi di influenza
Castellanza (Varese) – “Non esiste un silver bullet: per raggiungere obiettivi concreti di sostenibilità nella logistica, ormai è chiaro, è necessario lavorare contemporaneamente su più fronti”. Questa la premessa con cui Fabrizio Dallari, docente di Logistica & Supply Chain Management all’Università Liuc, ha aperto i lavori del convegno ‘Green logistics: dal dire al fare’, organizzato presso l’ateneo lo scorso 18 ottobre. Durante l’evento sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta sul panel di aziende aderenti al centro di studio Green Transition Hub – 523 realtà, quasi per la metà (48%) del settore manifatturiero e della produzione, in misura minore di logistica e trasporto (27%) e dell’ambito commercio e distribuzione (18%) – con lo scopo di capire quali siano nella realtà le azioni messe in campo ad oggi dalle imprese, sulla base di quali motivazioni e spinte, e infine con quali risultati.
In estrema sintesi, due sono le conclusioni principali dello studio. La prima è che le aziende interpellate avviano con maggiore facilità iniziative ‘win win’, in grado cioè di garantire, accanto a una maggiore sostenibilità ambientale delle operazioni, anche vantaggi economici (e quindi finiscono col riscontrare risultati più significativi proprio sotto questo profilo). La seconda è che la pressione a intraprendere azioni di questo tipo, che arriva soprattutto dall’esterno, sta aumentando.
Scandagliando le varie soluzioni e azioni messe in atto (con l’eccezione di quelle in ambito trasportistico, che saranno trattate nei prossimi mesi in un convegno ad hoc), la ricerca ha evidenziato che le imprese (a proposito di soluzioni ‘win win’), in materia di imballi e unità di carico, stanno dedicando una grande attenzione al tema della saturazione volumetrica, e solo secondariamente a quello degli imballaggi riutilizzabili (che attira però l’interesse delle multinazionali). Meno utilizzate le soluzioni che richiedono investimenti consistenti come l’utilizzo di imballi in materiali più sostenibili.
Nell’ambito di magazzino e intralogistica, l’analisi ha invece riscontrato un forte sbilanciamento dell’attenzione sul tema della riduzione dei consumi elettrici (ottenuta tramite l’impiego di Led e sensori), a cui ha dato probabilmente una spinta anche l’aumento dei costi dell’energia che si è visto anche nell’ultimo anno. Seguono, per livello di interesse, le azioni per dotare i magazzini di impianti in grado di produrre energia green (tipicamente, il fotovoltaico, prediletto soprattutto da chi ha strutture di grande metratura e dotate di impianti di climatizzazione). Minore l’attenzione per azioni come quelle per aumentare l’isolamento termico, e addirittura scarsa quella verso interventi di compensazione come la creazione di spazi verdi e simili.
Nell’ultimo ambito di intervento, quello relativo a supply chain e organizzazione, le aziende stanno infine puntando innanzitutto sulla diminuzione della frequenza di consegna. “Si cerca di andare verso l’obiettivo del Full Truck Load” ha spiegato Dallari “anche perché non costa niente, ma non tutti i clienti possono fare ordini così grandi”. Da qui, secondo il docente, la necessità di seguire la strada delle “collaborazione con altri clienti dello stesso fornitore logistico”. La revisione dei network logistici, altra soluzione che come le prime due permette di conseguire vantaggi economici, è perseguita soprattutto dalle grandi imprese, mentre la revisione della base di fornitori e degli accordi si servizio è meno praticata perché più difficile da attuare.
Dall’indagine è poi emerso inoltre che il campione per il 73% ha dichiarato obiettivi di sostenibilità, una quota che però scende intorno al 50% guardando alle sole Pmi. L’attenzione è invece maggiore (80%) se si considera la categoria dei soli fornitori logistici.
A questo punto la presentazione è passata a mostrare le principali evoluzioni nelle risposte rispetto alla analisi analoga condotta lo scorso anno. Rispetto al 2022, è emerso, è cresciuta l’attenzione verso la sostenibilità dei magazzini (probabilmente, sempre per effetto della crisi energetica), mentre è calato l’impegno delle aziende (in particolare, di quelle che non dichiarano obiettivi di sostenibilità) su altri temi come quello degli imballaggi. Come accennato in partenza, chiamate a indicare i principali vantaggi ottenuti, le imprese hanno citato innanzitutto quelli di tipo economico, e in misura minore quelli operativi e ambientali.
L’indagine ha riscontrato inoltre una attenzione crescente verso la misurabilità delle azioni di sostenibilità (in primis per il reporting delle emissioni di Co2 in fase di trasporto). Se questa è sempre maggiore tra le aziende più basse, si nota però ora un incremento dell’interesse anche tra le Pmi.
Da rilevare infine che secondo lo studio nell’ultimo anno è cresciuta la pressione degli stakeholder sulla sostenibilità. In altre parole, la spinta a intraprendere azioni per ottenere una maggiore sostenibilità della propria logistica arriva spesso dall’esterno e sta crescendo per effetto proprio della sollecitazione di attori terzi. Ad aumentare è soprattutto la pressione degli investitori (tramite green loan e simili), così come quella esercitata dall’opinione pubblica e dai gruppi di influenza. Le spinte, ha evidenziato ancora lo studio, si concentrano soprattutto sulle grandi aziende, mentre non la ricerca non ha riscontrato differenze in questo senso tra realtà del comparto manifatturiero e operatori 3pl.
F.M.
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