La siccità di Panama mette a rischio l’export di frutta e vini dal Sudamerica
L’escalation di attacchi degli Houthi nello stretto di Bab-Al-Mandeb sta però aumentando la pressione anche su Suez
La siccità che affligge il canale di Panama, limitando il numero massimo di passaggi di navi giornalieri, sta iniziando a toccare da vicino i transiti di navi portacontainer e potrebbe presto avere ripercussioni sull’export di frutta dal Sud America, che sta entrando nella sua stagione clou.
Il Corriere Ortofrutticolo ha puntato l’attenzione in particolare sulle esportazioni di uva da tavola che da quell’area si dirigono ogni anno verso la costa est degli Usa. Per il paese di tratta di traffici annui di circa 700mila tonnellate, per il 98% fornite da Messico, Perù e Cile. Se i grappoli messicani viaggiano principalmente via terra, le esportazioni di Cile e Perù transitano invece perlopiù dal canale. In particolare verso la costa est statunitense si dirige il 75% delle circa 270mila tonnellate di uva in arrivo dal Cile e l’85% delle 230mila provenienti dal Perù.
La risposta dei vettori marittimi a questa criticità sarà diversa, dalla scelta di rotte alternative a una programmazione più attenta (e la disponibilità a sostenere costi maggiori) nel caso si decida di tenere la via del canale di Panama. Nel caso specifico dei traffici diretti verso la East Coast americana sarà considerata anche la possibilità di far sbarcare i container sulla costa ovest del paese per poi farli proseguire con transiti ferroviari verso le destinazioni interne.
Gli Usa non saranno però l’unica regione destinata a subire le conseguenze della crisi di Panama in termini di ritardi o carenza di merce. La testata britannica iNews ha citato tra le esportazioni a rischio di ritardi o difficoltà anche quelle verso il Regno Unito, non solo di frutta, ma anche di Chardonnay californiano e di Merlot cileno. Traffici non da poco considerato che il paese è il secondo importatore di vini al mondo, e in particolare il primo mercato di destinazione per il vino Usa e il terzo per quello cileno. Il Regno Unito, secondo alcuni esperti, rappresenta inoltre un punto di transito per questi prodotti verso Europa e verso destinazioni quali Hong Kong e Singapore.
Più in generale una delle conseguenze delle criticità nel Canale di Panama secondo alcuni osservatori potrebbe essere un incremento dei transiti nel canale di Suez, perché alcune navi potrebbero scegliere di percorrere in alternativa questa rotta. L’escalation degli attacchi degli Houthi – che nei giorni scorsi hanno minacciato di colpire qualunque unità diretta in Israele (finendo con l’attaccare anche una nave diretta in Italia) – sta però mettendo ora sotto pressione anche questa via, con effetto anche sulle consegne attese per le festività natalizie. Parlando al Financial Times in particolare di quelle previste nel Regno Unito, il direttore generale del britannico Institute of Export and International Trade, Marco Forgione, ha elencato tra i prodotti passibili di ritardi l’elettronica di consumo e le decorazioni festive.
La situazione di entrambi i canali – che secondo Mds Transmodal nel terzo trimestre dell’anno insieme hanno accolto più della metà del traffico container tra Asia e Nord America – come naturale è strettamente monitorata dalle compagnie di navigazione. In particolare l’intensificarsi degli attacchi della milizia yemenita nello stretto di Bāb el-Mandeb, tra golfo di Aden e Mar Rosso, potrebbe indurre alcune di loro a dirottare le navi verso il Capo di Buona Speranza, con l’aggiunta quindi di sei giorni di navigazione ai transit time. Una situazione che in ultima battuta secondo Forgione (e forse altri osservatori) potrebbe spingere alcuni importatori a decidere di deviare direttamente sulla modalità del trasporto per via aerea, che allo stato attuale sconta però noli piuttosto elevati per quel che riguarda in particolare le spedizioni dalla Cina verso l’Europa.
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