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Dal meteo il principale rischio per le supply chain globali del 2024
Secondo Everstream nella Top 5 trovano posto anche il protezionismo, la carenza di commodity agricole, le nuove normative ambientali e le tensioni geopolitiche
Quello derivante dai cyber attacchi non verrà meno, ma nel 2024 il maggior rischio per le supply chain globali sarà rappresentato da condizioni climatiche ed eventi meteo avversi. Lo sostiene l’ultimo report della società di analisi specializzata Everstream Analytics.
Se negli anni ’80 gli Stati Uniti vivevano un evento climatico da un miliardo di dollari di danni ogni quattro mesi, al giorno d’oggi questi “hanno luogo in media ogni tre settimane”, si legge nello studio, secondo il quale il meteo estremo è oggi “il principale disruptor per le supply chain”. Esempio lampante di quanto sostenuto nell’analisi è la siccità che affligge Panama, i cui effetti si dispiegheranno ancora per tutto il 2024, anche se episodi di apparente minor rilevanza possono comunque avere effetti significativi.
Per fare un esempio, lo studio cita l’arrivo dell’uragano Ian sulla costa della Florida, che nei giorni dal 28 al 30 settembre 2022 ha fatto calare il numero di spedizioni del 75% (e aumentato di 2,5 giorni in media I tempi di quelle effettuate). Per passare al 2023, sono stati di forte impatto sulle supply chain gli incendi che si sono verificati a giugno in Canada, i quali hanno comportato ritardi anche di due giorni nelle consegne a Chicago e New York per via della visibilità ridotta nelle due città. Per guardare già al 2024, gli analisti di Everstream segnalano che l’anno è iniziato con temperature dell’oceano a livelli record, che combinate con eventi tipicamente invernali (freddo, neve, venti) aumentano il rischio che si generino tempeste e simili.
Passando oltre, al secondo posto per impatto lo studio cita le nuove normative ambientali, che per i manager della supply chain si tradurranno in maggiori fardelli ammininstrativi e maggiori costi operativi, per attività di ricerca e sviluppo, e in generale interruzioni nei flussi. Rischi che secondo Everstream si possono però mitigare con l’utilizzo di strimenti di gestione digitale che aiutino a semplificare le attività di monitoraggio e compliance.
In terza posizione l’analisi cita il protezionismo, in particolare quello legato allo scontro tra Cina e Usa, che rischia di interrompere in particolare I flussi di elementi tecnologici e ad alta complessità. Una situazione che le imprese stanno cercando di arginare con la strategia che la società di analisi chiama “Cina più un fornitore”, ovvero con l’introduzione di un altro paese produttore (tipicamente Vietnam, Singapore o India) e la ricerca di filiere domestiche per ridurre la dipendenenza da Pechino. Al riguardo il suggerimento degli analisti è quello di studiare a fondo le proprie catene di fornitura, non solo al livello dei fornitori ma anche a quello dei subfornitori. Connesso a questo rischio c’è anche quello che Evestream colloca al quarto posto, ovvero la crescente tensione su Taiwan, dove peraltro in questo mese di gennaio si terranno le elezioni presidenziali. Ogni frizione aggiuntiva – cyber attacchi, un blocco navale fino a una vera e propria invasione – sarebbero secondo gli analisti letali per le supply chain globali, considerando che nello stretto di Taiwan passa circa metà del traffico container globale, e che come noto il paese è centrale per gli approvvigionamenti di semiconduttori. Inevitabilmente, nell’ambito dei rischi generati dalle crisi geopolitiche ampio spazio toccherà nel 2024 anche alla situazione del Mar Rosso, dove – secondo la Ceo di Everstream, Julie Gerdeman- finora sono state 22 le navi commerciali prese di mira da novembre, portando la capacità container sulla rotta al 12,7% di quella dislocata normalmente.
Al quinto posto della lista, il report indica infine il rischio di carenze di commodity, in particolare agricole, le quali quest’anno saranno sotto pressione per via di prezzi alti, protezionismo, problemi nei raccolti e condizioni meteo estreme. Secondo la società di analisi, già nel 2023 le interrruzioni che più colpito le attività produttive sono state quelle legate alle commodity agricole (come zucchero, gomma, riso e soia). Più nel dettaglio sono attese ad esempio ancora interruzioni a inizio 2024 nelle attività delle raffinerie di zucchero. A queste difficoltà spesso i governi nazionali reagiscono con l’introduzione di divieti o tetti massimi all’export. In particolare India Tailandia e Pakistan, paesi che insieme rappreentano il 28% della produzione globale dello zucchero, hanno già annunciato l’introduzione di nuovi tetti che rischiano di generere nuove crisi nelle catene di fornitura globale.