Tiene l’export italiano di vino nel 2023
Migliori di quelle di altri paesi produttori le performance della Penisola, anche se la domanda si orienta su prodotti meno costosi
Il 2023 del vino si è contraddistinto per una forte contrazione della produzione mondiale e un rallentamento degli scambi internazionali. Lo afferma l’ultimo report di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) dedicato al settore, dal quale si evince che l’andamento italiano non è stato diverso da quello di altre nazioni produttrici. Con 39 milioni di ettolitri di vino stimati a fine anno, l’ultima vendemmia si preannuncia per la Penisola infatti tra le più scarse degli ultimi decenni. Questo risultato è tuttavia ampiamente controbilanciato dall’incremento delle giacenze, mai così elevate da inizio millennio, con 51 milioni di ettolitri censiti al 31 luglio 2023.
L’accumulo di scorte, a fronte di una domanda nazionale ed estera “non particolarmente dinamica”, ha condizionato negativamente i listini all’origine, che solo a partire dall’estate hanno ripreso slancio sulla spinta delle stime di una produzione contenuta. Tra le buone notizie c’è però quella di una sostanziale stabilità delle esportazioni italiane di vino nei primi 9 mesi dell’anno. A fronte di un lieve calo dei valori (-2%) dovuto al diverso mix di prodotti (cresce infatti il peso degli sfusi sull’imbottigliato), tra i big l’Italia è stato l’unico paese a non aver subito riduzioni dei volumi spediti all’estero. In particolare gli sfusi sono cresciuti del 19% in volume, mentre i vini imbottigliati sono scesi del 5%. Gli spumanti perdono invece il 3% in volume a fronte di un +2,5% in valore.
Passando ai paesi concorrenti, peggio ha fatto innanzitutto la Spagna, che ha perso il 4% circa sia in volume che in valore, mentre la Francia ha ridotto i volumi dell’8% perdendo in valore l’1%. Ancora più pesante il calo visto oltreoceano, con Cile, Argentina e Stati Uniti che hanno mostrato flessioni di quasi il 30% delle esportazioni in volume, mentre l’Australia si è fermata a -8%.
Nonostante la performance non disprezzabile, il calo delle esportazioni secondo Ismea merita attenzione dato che ha assunto caratteri strutturali. Dietro alla riduzione del giro d’affari non ci sono solo le ingenti scorte fatte durante il Covid per il timore di rotture di stock, ma “anche un diverso orientamento della domanda verso vini più facili, meno strutturati ed economicamente più accessibili, dato il contesto fortemente inflattivo”. Dall’altro lato secondo l’istituto l’impatto dei cambiamenti climatici e l’aumento dei costi industriali devono imporre “serie riflessioni” sulla gestione dell’offerta, anche per evitare annate di sovrapproduzione che potrebbero non essere sostenibili sul fronte dei prezzi e quindi della redditività.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPPLY CHAIN ITALY