Software “imprecisi” tra le criticità della logistica ospedaliera in Italia
Dall’indagine dell’Osservatorio Contract Logistics del Polimi emerge però anche una certa considerazione nelle strutture per la logistica come fattore strategico
Software imprecisi (52%) e scarsa digitalizzazione (41%) insieme al basso livello di integrazione informatica sono le maggiori fonti di preoccupazioni per chi si occupa di logistica al servizio degli ospedali. A dirlo, sono stati i rappresentanti di 55 organizzazioni (strutture ospedaliere, case di cura, Irccs, cliniche private e simili) interpellati nell’ambito di una ricerca condotta dal tavolo di lavoro healthcare dell’Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet del Politecnico di Milano, presentata ieri dalla responsabile Maria Pavesi nel convegno annuale del gruppo di lavoro dedicato a questo segmento di attività.
In particolare nel primo caso le criticità, secondo gli addetti ai lavori, continuano a riguardare il mancato tracciamento delle giacenze di prodotti nei reparti, come già era stato osservato lo scorso anno. Altri punti dolenti citati dagli intervistati sono “l’eccessivo tempo” che il personale sanitario deve dedicare ad attività logistiche (33%) e le difficoltà di integrazione tra i vari software dedicati (28%). Tra i fattori di criticità citati c’è poi il fatto che spesso i magazzini ospedalieri siano collocati in spazi non dedicati, ovvero non progettati per questo scopo, come seminterrati (24%) oppure siano difficilmente raggiungibili (13%). Altre risposte indicate dagli intervistati hanno riguardato la scarsa visibilità dei flussi, le difficoltà di rendicontazione e criticità nella raccolta di informazioni.
Complessivamente, ha messo in luce l’indagine, la logistica ospedaliera – che si caratterizza come attività estremamente complessa data la grande ampiezza di gamma, la sua eterogeneità, l’alta densità di valore e la variabilità dei flussi – gode tuttavia di una certa considerazione all’interno delle stesse organizzazioni. Secondo il 71% di addetti intervistati, ad oggi questa è infatti considerata strategica nella struttura di cui fanno parte, mentre il 18% ritiene che nella propria azienda o ente sia ritenuta rilevante, ma che non generi impatti significativi sulle altre funzioni ospedaliere.
Lo stesso campione di addetti ai lavori ha poi parlato delle ‘leve’ utilizzate finora nella propria attività. Il 57% ha indicato di aver puntato sulla centralizzazione della logistica, mentre poco meno della metà (48%) ha segnalato di aver compiuto investimenti in soluzioni tecnologiche e digitali. Quote più basse hanno spiegato di aver fatto leva sull’esternalizzazione di una parte (26%) o di tutte (17%) le attività logistiche. Minoritario invece (13%) il ricorso a figure specialistiche tramite internalizzazione. Lo scenario cambierà però nel futuro, dato che solo il 38% ha detto di voler puntare sulla centralizzazione delle logistica nei prossimi 3-5 anni. La grande preferenza, come leve per lo sviluppo futuro, va agli investimenti in tecnologia e digitalizzazione (83%), mentre quote più basse del campione hanno dichiarato di voler puntare su internalizzazione (17%) oppure su esternalizzazioni parziali (14%) o totali (17%). Le sfide più importanti che gli esperti prevedono di trovarsi di fronte saranno infine quelle relative alla tracciabilità “completa” di farmaci e dispositivi (per il 62% degli intervistati). Seguono i temi della distribuzione di ultimo miglio (55%), dell’integrazione di filiera (per avere visibilità sulle scorte), dell’automazione (40%), della revisione dei livello di servizio (40%) e infine quello relativo ai cambiamenti che si genereranno con il mutamento della relazioni con il paziente.