Ichino critico con i commissariamenti nella logistica della Procura di Milano
Il giuslavorista ha invocato anche l’introduzione del salario minimo, che eviterebbe il proliferare di sentenze su paghe orarie standard anche molto distanti tra loro
Milano – In un’intervista registrata riprodotta nel corso del convegno “La logistica di tutti i giorni”, il giuslavorista (ed ex sindacalista) Pietro Ichino ha espresso giudizi critici rispetto all’operato della Procura di Milano, in particolare rispetto alla misura del commissariamento disposta nell’ambito delle inchieste che hanno colpito vari big, della logistica e non.
“Si tratta di uno strumento introdotto per la lotta alla criminalità organizzata” ha evidenziato, ma che in questi casi è stato utilizzato per imprese che hanno visto i propri manager incriminati “per il mancato rispetto degli standard retributivi da parte degli appaltatori”.
Pur giudicando “apprezzabile” in sé l’avvio delle indagini, Ichino ha detto di ritenere quindi il commissariamento “una forma di espropriazione temporanea difficilmente compatibile con principio della libertà di impresa. Senza che si arrivi ad alcuna sentenza che accerti l’illecito commesso dall’impresa committente, l’impresa committente è costretta ad applicare lo standard deciso dal pubblico ministero, senza che poi esista alcun controllo giudiziale sulla validità di questo, la congruità di questo standard”.
Una criticità conseguente, secondo Ichino, è che sentenze diverse arrivino a stabilire paghe orarie minime anche molto differenti tra loro pur in uno stesso contesto territoriale. Un approccio che secondo il giuslavorista sta “trovando sponda nella corte di Cassazione”, la quale in alcune sentenze ha sostenuto che “in mancanza di una legge sul minimum wage la sua definizione spetti appunto al giudice del lavoro”. Questo, ha aggiunto, “può valere retroattivamente anche per 10-20 anni, con conseguenze catastrofiche su equilibrio dell’impresa”. Motivo per cui il giuslavorista si è poi detto a favore dell’introduzione “anche in Italia, come in molti altri paesi europei” di un salario minimo modulato rispetto al costo della vita rispetto nell’area geografica di riferimento.
Ichino è stato poi chiamato a rispondere anche sul tema dei blocchi disposti dai Cobas e sugli stop all’ingresso negli stabilimenti come forma di protesta. Da ricordare che l’ex sindacalista si era trovato contrapposto, in tribunale, alla stessa sigla di base in quanto legale della cooperativa Lgd, che operava per Unes, nell’ambito di una vertenza e della successiva causa per violenza privata nei confronti del sindacato.
Sull’attivazione di picchetti davanti agli ingressi degli impianti si era espresso lo scorso ottobre la corte penale di Milano, con la richiesta di archiviazione da parte della Procura, poi disposta dal Gip rispetto alla denuncia, perché il picchetto era stato considerato un’attività dalle finalità persuasive, in quella occasione messa in atto senza condotte minacciose o violente nei confronti di cose o persone. Al riguardo i Cobas avevano parlato di crollo del “teorema-Ichino”.
Sul tema il giurista ha evidenziato come, al fianco del pronunciamento del tribunale penale, ce ne sia stato uno segno opposto della corte civile. “La sentenza del 21 dicembre scorso della sezione lavoro del Tribunale di Milano ha sancito l’illiceità del blocco dei cancelli, chiarendo che una cosa è il picchetto persuasivo, […]ma persuadere, diciamo, non deve sfociare nell’impedimento del passaggio delle persone e tantomeno il passaggio degli automezzi in entrata e in uscita”. Il blocco ai cancelli, secondo Ichino, si configura “non solo come violenza privata nei confronti di chi vuole entrare” ma anche “come sequestro di persona quando si impedisce l’uscita dei mezzi”, poiché “ci sono casi in cui guidatori di camion che arrivano dal Sud Italia devono stare ore e ore sequestrati in azienda perché non possono uscire”.
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