Lavoro e logistica: digitale e pianificazione per far fronte alle criticità nel settore
Gxo Logistics, Db Group, Manhandwork hanno raccontato come stanno affrontando questa fase storica e quali strumenti stanno mettendo in campo
Milano – Elencati i vari problemi che affliggono il mondo degli appalti e del lavoro nella logistica (dal ruolo dei Cobas a scendere fino al tema del contratto, della carenza di personale e così via), gli intervenuti al convegno di ManHandWork e del Sole24Ore “La logistica di tutti i giorni” andato in scena ieri a Milano hanno anche provato a delineare nel corso della mattinata alcune soluzioni e offerto alcuni spunti per porvi rimedio.
Come detto, una parte delle criticità, secondo diversi relatori, potrebbero essere risolte con un rinnovo del contratto di lavoro (Ccnl Logistica e Trasporti) che introduca elementi di flessibilità, di welfare e relativi all’impiego di tecnologia. Dai relatori, ognuno rispetto al proprio punto di osservazione e campo di competenza sono arrivate diverse indicazioni.
Marco Melacini (Osservatorio Contract Logistics), che aveva ventilato il “rischio Gattopardo” di una trasformazione dei fornitori di manodopera da coop a Srl, in assenza però di loro un cambiamento più profondo – ha evidenziato la necessità di una evoluzione della categoria nella direzione di una maggior strutturazione.
I tratti distintivi di questi nuovi soggetti, secondo il direttore del gruppo di lavoro del Politecnico di Milano, dovrebbero diventare le maggiori competenze nell’ambito dei sistemi informativi, nel campo delle risorse umane e delle relazioni sindacali. Fondamentale poi la pianificazione delle attività (seguita da monitoraggio e follow up) in un contesto che, come visto, non è più caratterizzato da “capacità infinita” della forza lavoro.
Scendendo più nel concreto Melacini ha poi citato due soluzioni sviluppate con approccio ‘evidence based’ da operatori del settore che si sono rivelate efficaci in questo contesto mutato. La prima è consistita nell’attivazione di momenti di formazione supportati da video e tutorial (anziché da più tradizionali manuali su carta). Il percorso formativo in questo caso si è dimostrato migliore nel favorire l’apprendimento da parte di personale straniero, minimizzando quindi il divario con i lavoratori italiani. “Con il digital, riduciamo la differenza e facciamo vera inclusione” è stata quindi la conclusione. Simili i risultati ottenuti con l’introduzione di totem multilingua digitali all’ingresso di magazzini (con la possibilità di interloquire con un addetto da remoto in caso di difficoltà) per gestire la fase di ricevimento delle merci. In questo caso le ricadute positive , ha evidenziato Melacini, sono state la standardizzazione e digitalizzazione dei processi, ma anche la possibilità di spostare l’attività di back office in un’altra sede o delegarla a un addetto in smartworking.
A portare il settore a interrogarsi con ansia sulla tenuta delle relazioni di lavoro non è però solo la forte carenza di personale che sta cambiando i rapporti tra le parti. Questa tendenza si accompagna infatti anche a una mutata composizione della forza lavoro, con il peso crescente degli addetti stranieri e la presenza di una quota di giovani che rispetto al passato tende molto di più a cambiare azienda e settore frequentemente.
Tendenze che spingono verso la necessità di una sempre maggiore pianificazione, anche se “abbiamo dubbi che i committenti abbiano capito quanto questa sia importante” ha evidenziato Marco Covarelli (ManHandWork). Fino a poco fa, ha ricordato, “era facile garantire flessibilità” (in presenza cioè di grande offerta di lavoro, ndr), ora “facciamo fatica a trovare manodopera e selezionarla” ha evidenziato, citando il caso di “una magazzino nel Novarese dove dopo 6 mesi abbiamo turn over della metà del personale”.
Per il fondatore di ManHandWork questa mutata forza tra le parti fa sì che oggi flessi e picchi non possano essere più gestiti con soluzioni ‘raffazzonate’ quali “permessi non retribuiti o a al contrario straordinari oltre soglia”, perché i lavoratori “non danno più la loro disponibilità”. “Oggi – ha proseguito l’imprenditore – è impossibile lasciare a casa lavoratori formati, dopo non li trovo più. Un carrellista oggi è un patrimonio”. Da qui soluzione introdotta nella sua azienda, che complessivamente gestisce una cinquantina di magazzini, di assumere i lavoratori “facendoli poi girare, come trasfertisti, su impianti limitrofi o non limitrofi”, in caso di picchi e flessi. “Le trasferte hanno un costo, ha aggiunto Covarelli, ma rappresentano anche un momento di formazione interna”.
La logistica “richiede flessibilità, ma la flessibilità è fonte di stress e genera scarsa attrattività del settore”, ha poi portato il suo punto di vista Silvia Moretto. La ricetta adottata da Db Group, ha spiegato il suo amministratore delegato, è quindi andate a “compensare” con iniziative in direzione di “welfare e wellbeing” con premialità sulla base di Kpi, e dall’altro lato puntando sulla formazione “non solo tecnica, ma ad esempio come coaching ai manager per aiutarli nella gestione di persone che hanno un nuovo approccio al lavoro”.
Alla evoluzione del contesto, Gxo Logistics, ha evidenziato Andrea Dal Corso, responsabile delle risorse umane e della qualità, sta rispondendo evitando il ricorso ad appalti. “Dal 2019 con i nuovi clienti abbiamo iniziato ad adottare un modello diretto, quindi con lavoratori dipendenti, cui se ne possono affiancare altri in somministrazione lavoro. Chiaramente si sviluppano altre difficoltà, in particolare rispetto alla flessibilità”.
Del Corso ha introdotto così anche il tema del cambio appalto, indicato da alcuni relatori come un momento cruciale e altamente critico nella gestione delle relazioni di lavoro nel settore. Sebbene il contratto preveda la clausola sociale, che in sostanza richiede laddove possibile di assumere il personale già impiegato nella stessa attività, alle medesime condizioni, “spesso si tratta di un momento acuto per una serie di richieste al rialzo da parte delle organizzazioni sindacali e dei Cobas” ha affermato il manager.
Il tema è stato approfondito da Annalisa Cavallo, amministratore delegato di ManHandWork, che ha indicato le difficoltà tipiche dell’operatore subentrante: “Il contratto prevede la clausola sociale ma lascia spesso l’appaltatore in difficoltà nel gestirla, servirebbe una sua definizione più precisa” ha affermato, segnalando come spesso “in fase di tender, non riusciamo ad avere conoscenza ad esempio della presenza di accordi di secondo livello”.
Il cambio appalto rappresenta un momento critico anche perché a volte l’operatore entrante sceglie contestualmente di delocalizzare l’attività, ha aggiunto Marco Lanzani, avvocato giuslavorista. Questo per “ragioni di vetustà del sito, ma anche con l’obiettivo di ‘pulire la piattaforma’ da situazioni di scarsa produttività o dal rischio di blocchi”. Va considerato che “la gestione degli esuberi da parte dell’operatore uscente”, cui questi restano in carico e per i quali deve attivarsi, “rischia di erodere tutti i margini generati fino a quel momento dall’attività”.
F.M.
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