Ok definitivo del Governo alla cessione di una quota di Poste Italiane
Ad oggi lo Stato ne controlla direttamente e indirettamente il 64,36%
Nella sua riunione di ieri, il consiglio dei ministri ha dato il proprio definitivo benestare a un Dpcm che prevede la cessione di una quota di minoranza di Poste Italiane, fissando come paletto il fatto che lo Stato continui a mantenervi, direttamente o indirettamente, una fetta superiore al 50%.
Di questa possibilità si era iniziato a discutere già lo scorso gennaio, quando, dopo l’emergere di alcuni rumors, la presidente del consiglio Giorgia Meloni aveva parlato di una possibile “riduzione delle quote in partecipate che non riduce il controllo pubblico, come Poste”. Il punto fermo messo dal decreto approvato ieri arriva dopo gli interrogativi suscitati da queste dichiarazioni, così come dalle polemiche sorte quando, nei mesi scorsi, aveva iniziato a circolare una bozza del testo in cui la soglia della quota in mano allo Stato era stata fissata al 35%.
Come si legge ora nella nota uscita a seguito del consiglio dei ministri che si è svolto ieri, il decreto prevede l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta in particolare dal Mef, “al fine di determinare il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, superiore al 50%”. Allo scorso aprile il Mef, secondo uno schema pubblicato sul sito web della stessa Poste Italiane, deteneva nella società una quota pari al 29,26%, mentre il 35% faceva capo a Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta controllata dal Ministero per l’82,77%. Gli investitori istituzionali avevano in mano il 22,88%, accanto a quelli individuali con il 12,05%, mentre il rimanente 0,82% era costituito da azioni proprie.
Secondo uno studio dei mesi scorsi riportato sul Sole 24 Ore, la cessione del 13,26% delle azioni di Poste (nel caso si volesse mantenere il 51% del capitale dell’azienda in mani pubbliche) potrebbe portare allo Stato ricavi per 1,76 miliardi di euro.
Una operazione di cessione azionaria – che secondo lo stesso studio potrebbe concretizzarsi tramite offerta pubblica di vendita – arriverebbe in una fase in cui Poste Italiane è impegnata in una importante evoluzione che va nella direzione di un suo sempre maggiore impegno nella logistica. Parte di questo percorso è anche la vendita (a Dea Capital Re) del 50% del suo patrimonio immobiliare, con lo scopo di finanziare la riconversione e l’ammodernamento degli edifici logistici, anche in chiave Esg.