“Effetti di maggior rottura sul trasporto container da una vittoria di Trump”
Secondo Drewry anche un successo di Harris porterà comunque a una crescente diversificazione delle supply chain
A una settimana esatta dalle elezioni negli Usa, mentre i sondaggi tratteggiano un esito ancora incerto, fioriscono le analisi sugli scenari che si andranno a concretizzare nel caso di vittoria dell’una o dell’altro candidato.
In materia di trasporto marittimo, un quadro è stato offerto da Simon Heaney, Senior Manager, a capo dell’area Container Research di Drewry, che a conclusione di un report ha detto di ritenere un eventuale successo di Donald Trump come maggiormente “disruptive” per l’industria container, dato che l’ex presidente probabilmente perseguirebbe una escalation della guerra commerciale con la Cina. Anche l’approccio di Kamala Harris, ritenuto “più tradizionalista e diplomatico”, secondo l’analista renderebbe però improbabile una distensione piena dei rapporti tra i due paesi leader. Tanto che in entrambi gli scenari la previsione di Drewry è di una crescente diversificazione delle supply chain delle aziende Usa a sfavore della Cina: a cambiare, secondo gli analisti, sarà piuttosto la velocità con cui queste tendenze si manifesteranno e il modo più o meno ordinato in cui diventeranno realtà.
Nella sua analisi, Heaney ha ricordato come lo scontro tra Cina e Usa per la supremazia, sebbene in atto da molto tempo, si sia intensificato nel 2018 con l’introduzione di nuovi dazi da parte dell’allora presidente statunitense Donald Trump. Questi, secondo l’analista, hanno avuto effetto immediato sulla diversificazione delle importazioni Usa, tanto che il peso della Cina sui container in ingresso negli Usa è sceso in valore dal 40% del 2016 al 27% dell’agosto 2024. Nello stesso periodo è raddoppiata la fetta di import dal Vietnam.
“La frammentazione”, ha commentato al riguardo Heaney, “non è affatto un problema per l’industria del trasporto via mare di container”, poiché questa si traduce in “maggiori spedizioni di parti intermedie”. Ma potrebbe diventarlo se gli Usa si rifugiassero in una politica ancora più isolazionista. “Le importazioni di container pieni nei principali porti Usa”, ha aggiunto, “sono uno dei principali driver di crescita del settore in questo momento”. Secondo dati di Drewry, queste sono aumentate del 15% tra gennaio e agosto 2024, un trend che potrebbe essere messo in difficoltà da queste politiche di questo tipo.
Sebbene entrambi i candidati abbiano tendenze protezionistiche, quelle di Trump sono state definite “estreme” dall’analista. Il candidato repubblicano ha infatti prospettato l’introduzione di dazi del 10% su tutte le importazioni negli Usa, con un picco del 60% sul made in Cina. In una dichiarazione riportata dal Wall Street Journal, l’ex presidente ha annunciato che questi potrebbero raggiungere un livello “tra il 150% e il 200%” nel caso in cui la Cina “andasse a Taiwan”.
L’imposizione di dazi avrebbe un impatto iniziale sui consumatori statunitensi, rallentando la domanda di beni importati via container e quindi inducendo le aziende a cercare fornitori in paesi come Vietnam, India e Messico. Eventuali misure a favore del reshoring troverebbero però come probabile risposta l’applicazione di dazi ‘opposti’ da parte dei paesi colpiti.
Harris, ha aggiunto l’analisi di Drewry, ha deriso i piani di Trump in tema di dazi, ma questo non significa che sia disposta a rivedere quelli già esistenti. La sua amministrazione, più che su nuove tariffe, si concentrerebbe sull’introduzione di misure a sostegno della produzione e dell’export Usa, che comunque potrebbero impensierire i paesi e i blocchi commerciali concorrenti.
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