Ai fornitori logistici le aziende chiedono soprattutto flessibilità
Il supporto nelle transizioni (digitale e ambientale) è indicato solo da quote minori, ma la ricerca 2024 dell’Osservatorio Contract Logistics evidenzia anche tendenze diverse sulla base della dimensione aziendale
Milano – Terziarizzare la propria logistica continua a rappresentare una scelta per una quota stabile di aziende italiane. Se nel 2022 era adottata dal 45,3%, nel 2023 ha coinvolto infatti il 45,5% delle imprese, come evidenziato nell’ultima ricerca dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano.
Quali sono però i vantaggi che si attendono le realtà che scelgono di affidare a operatori esterni questi servizi e in che direzione vanno queste iniziative? Al primo posto – in modo abbastanza “sorprendente” secondo Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio che ha presentato i risultati di una survey su questo tema – c’è la ricerca di flessibilità (indicata dal 44% dei rispondenti) e non, come forse sarebbe stato più naturale immaginare, una diversa struttura tra costi e servizi (in altre parole, la possibilità di spendere di meno o di migliorare il livello di questa attività), indicata ‘solo’ dal 34% del campione.
Quasi pari, secondo l’indagine, la quota di aziende (33%) che ricercano lo snellimento di processi e strutture interne, mentre fette via via più basse hanno evidenziato tra le motivazioni la necessità di una maggior reattività ai cambiamenti (21%), di una riduzione dei rischi (20%), il perseguimento di obiettivi di transizione ambientale (12%) o di innovazione di prodotti e servizi (12%). Quote ancora inferiori hanno detto di ricercare nella terziarizzazione della propria logistica un supporto nello sviluppo di servizi avanzati (9%), di nuovi business quali export o multicanalità (6%) o nella transizione digitale (5%).
La scelta di affidare a terzi la propria logistica, ha evidenziato ancora la ricerca 2024 dell’Osservatorio Contract Logistics, non coinvolge però tutte le imprese allo stesso modo. Come per altre tendenze, è la dimensione aziendale a fare la differenza nel tipo di approccio adottato.
Nel dettaglio, la decisione di gestire internamente questa attività è presa in misura simile da realtà grandi e piccole (il 19% di quelle con fatturato inferiore ai 49 milioni e il 17% di quelle per le quali è superiore ai 250). A cambiare è invece, e di molto, il numero di funzioni affidate a operatori esterni nel caso si scelga la strada della terziarizzazione. Nello specifico, le realtà piccole tendono ad affidare a terzi singole attività (nel 62% dei casi) e solo una quota ridotta opta per esternalizzarne in numero superiore includendo tra queste anche quelle a valore aggiunto (7%). Tra le aziende di dimensioni via via più grandi quest’ultima fetta sale (al 14% tra quelle con volume d’affari tra i 50 e i 250 milioni e al 21% per quelle con fatturato di oltre 250 milioni). Da notare che la scelta di esternalizzare più attività non a valore aggiunto è diffusa invece in modo simile tra le realtà di medie e grandi dimensioni (rispettivamente al 27% e al 29%).
F.M.