Trasporti via mare e carenza di autisti in cima alle preoccupazioni logistiche italiane del 2025
Nella survey lanciata della nostra testata lo scorso dicembre gli operatori hanno detto di voler ricercare soluzioni nella programmazione e nella stipula di accordi di lungo periodo
I trasporti via mare, in particolare dal Far East, e la carenza di autisti – a seconda del tipo di flussi gestiti – sono stati e saranno le principali fonti di preoccupazione per i direttori italiani della logistica, o almeno tra quelli che hanno risposto alla survey lanciata da SUPPLY CHAIN ITALY.
In un quadro per il 2025 che sembra più incerto che mai – tra timori per l’introduzione di dazi, di nuove crisi geopolitiche e per la sicurezza -, tra gli operatori si sta facendo largo la consapevolezza della necessità di un cambio culturale, e quindi che eventuali contromisure dovranno essere ricercate mutando l’approccio nei confronti di clienti e fornitori. Resta invece ancora trascurato il possibile contributo derivante dall’introduzione di elementi di automazione.
Questo, in estrema sintesi, quanto emerso dalla indagine lanciata dalla nostra testata alla fine dello scorso anno con l’obiettivo di conoscere, direttamente dalla voce dei direttori della logistica delle aziende italiane, quali siano state le principali criticità del 2024 e capire quali sfide si aspettano nel 2025.
Prima di entrare nel merito della analisi, alcune doverose premesse. Come dovrebbe essere ovvio per qualunque indagine, on line o meno, che prevede l’auto-compilazione (e l’auto-selezione del campione) da parte degli intervistati, anche la nostra non ha la pretesa di rappresentare statisticamente l’universo dei direttori della logistica italiani e il loro punto di vista, molto variegato anche per via delle diverse merceologie, dimensioni aziendali e tipo di flussi gestiti da ognuno. Crediamo però che possa essere uno strumento utile a offrire agli operatori alcuni spunti di riflessione, soprattutto in vista delle sfide che arriveranno nel 2025.
Per questo motivo abbiamo scelto di ‘far parlare’ le risposte come una sorta di unico ragionamento a più voci, circostanziandole rispetto alle caratteristiche delle diverse aziende, pur mantenendo il loro anonimato.
Ed eccoci finalmente a entrare nel merito delle risposte.
Un primo dato che pare emergere con forza dalla survey è la preoccupazione degli operatori per le criticità del trasporto via mare dal Far East. Nel 2024, anno che ha visto emergere la minaccia degli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso (e i carrier rispondere nella maggior parte dei casi con le deviazioni dei viaggi nave per il Sudafrica), questa è stata la prima fonte di ansia, sia tra i caricatori – di settori diversi, dal beauty alla impiantistica al food alla componentistica – che tra gli spedizionieri.
A preoccupare sono in primis i costi (e la loro instabilità) e i transit time aumentati, ma anche la possibilità di trovare spazio in stiva. Difficoltà che i caricatori hanno detto di aver affrontato cercando di anticipare le consegne e incrementando le scorte, ampliando il ventaglio di compagnie marittime cui si appoggiano ma anche valutando altre modalità di trasporto come il treno o l’aereo.
Più interessante però è notare che questa criticità è indicata come principale preoccupazione anche per il 2025 dagli stessi che l’avevano segnalata per il 2024. La ‘nuova normalità’ dei trasporti marittimi, insomma, non è stata tale per gli addetti ai lavori e soprattutto è ritenuta decisamente insoddisfacente. Così come sono ritenute inadeguate, in termini di livello di servizio, le alternative messe finora in campo insieme ai loro fornitori di logistica e trasporti.
Non solo. Se possibile, guardando al 2025, i timori risultano poi persino cresciuti per varietà. Tra le nuove ansie, quelle derivanti da possibili nuove crisi geopolitiche, dall’introduzione di nuovi dazi, da nuovi problemi di stiva per alcune tratte, ma anche in generale dalla sicurezza in mare. Tra gli spedizionieri c’è chi cita esplicitamente le politiche dei carrier marittimi, che continuano a “erodere quote di mercato agli spedizionieri che soffrono questa concorrenza spesso non leale”, cui la categoria potrà porre rimedio solo puntando “all’eccellenza del servizio, che spesso gli armatori non sono in grado di dare”. Tra le contromisure restano valide quelle già messe in campo, ma come vedremo meglio più avanti ora alcuni caricatori indicano ora tra gli obiettivi quello di definire accordi di lungo periodo con gli spedizionieri.
Da notare che sul tema del trasporto via mare la survey ha raccolto però preoccupazione, per il 2024 e per il 2025, anche su altri flussi, come quelli con il Nord Africa, in particolare rispetto ai transit time. Criticità che sarà affrontata, dal caricatore che l’ha indicata come tale, ricorrendo a servizi diretti dal costo maggiore che per l’anno in corso saranno gestiti “incrementando le rate da offrire ai clienti per il 2025”.
L’altro tema che – pari merito con il primo – continua ad attanagliare caricatori e operatori dei trasporti è poi quello della carenza di addetti e mezzi per il trasporto stradale. Lo hanno indicato come principale problema vissuto nel 2024 operatori della Gdo, caricatori del settore degli alimentari freschi e la maggior parte dei fornitori di servizi di trasporto e logistica.
Alcune criticità specifiche del settore appaiono superate (a partire dal Genoa congestion fee, “un costo ridicolo organizzato secondo le pessime modalità prettamente italiane” secondo un operatore) o che potrebbero essere in via di superamento (come le “ore di attesa e scarico presso gli aeroporti”), ma anche i problemi dell’autotrasporto restano anche per il 2025 in cima alla lista delle preoccupazioni degli stessi operatori che li avevano indicati lo scorso anno.
Andando a guardare più nel dettaglio le difficoltà, oltre alla generica “carenza di autisti”, i lettori hanno sollevato problemi relativi anche alla mancanza di “strutture e operatori locali adeguati e strutturati” o su flussi specifici (l’import via strada dalla Germania di prodotti freschi). Ad avere creato difficoltà al comparto del trasporto via terra è stato anche però “il cambiamento della domanda”, con molti settori “entrati in crisi” a fronte di “altri che hanno sovraperformato”. Una variazione che ha generato un fabbisogno di mezzi diverso a quello precedente e che ha comportato la necessità di “switcharli”, cosa avvenuta con fatica.
La gestione del personale nel suo insieme è un altro tema critico, nel trasporto su strada ma non solo. Gli operatori parlano di difficoltà anche rispetto a “disponibilità, produttività”. Un tema che preoccupa è poi quello della crescita del costo del lavoro dovuta agli aumenti definiti dal Ccnl: i quali, secondo un intervistato, “difficilmente saranno assorbiti dalla committenza”. Contromisure su questo punto sono state ricercate “strutturando un ufficio apposito, misurando le produttività, interloquendo con le sigle sindacali, coinvolgendo i clienti” e “aumentando l’efficienza”. Altri operatori, in misura minore, hanno infine indicato come fonte di preoccupazione i volumi in calo.
Dato che, secondo gli intervistati, nel 2025 le principali criticità saranno le stesse che nel 2024, inevitabilmente anche le soluzioni ricercate si assomigliano. Sintetizzandole, si potrebbe dire che il comparto sta facendo ricorso a ‘contromisure’ classiche, ma tra le strategie e i ragionamenti stanno facendo largo anche approcci fuori dai soliti schemi. Molti – va detto – sono però anche le aziende che scrivono di stare ancora facendo valutazioni, o di non avere trovato soluzioni.
Tra le risposte ‘tradizionali’ sono citate prevedibilmente “l’incremento delle rate da offrire ai clienti per il 2025”, gli investimenti (in “nuovi mezzi”, da parte di realtà dell’autotrasporto, per sopperire almeno in parte alla carenza di addetti), la “ricerca di efficienza”, così come l’aumento della forza vendita “per cercare di avere più clienti e mantenere alti i ricavi”.
Tra chi invece sta provando a fare un passo diverso, la prima – forse nemmeno così innovativa – è quello di valutare alternative modali, su treno o aereo per chi solitamente sfrutta il via mare ma anche viceversa. Tra gli spedizionieri aerei è ben chiaro infatti come il boom dell’e-commerce stia dirottando stiva e voli sulle rotte dedicate a questi traffici, lasciando scoperti quelli ‘tradizionali’, e quindi alcuni operatori stanno spostando parte dei volumi sul via mare.
Quanto infine allo shift gomma – ferro, per chi solitamente muove i carichi su strada questo risulta tuttora, invece, difficilmente praticabile (in particolare da caricatori che movimentano prodotti freschi). Più in generale, secondo un operatore del settore ferroviario, al riguardo l’approccio predominante è “ancora troppo basato sull’aspetto economico e la mancanza di visione a lungo termine” da parte della committenza.
Anche pianificazione e programmazione di più lungo periodo sono indicate tra le risposte (da chi muove carichi su strada, con i propri fornitori di trasporto, ad esempio passando da un approccio ‘giorno per giorno’ a uno “a medio termine” ovvero per bimestre”). Una piccola novità è che ora sono diversi i caricatori che dicono di voler perseguire, per il 2025, la ricerca di accordi di lungo periodo con gli spedizionieri. I quali, d’altro canto, hanno chiaro che la loro offerta sarà ritenuta meritevole se punterà alla “eccellenza del servizio, che gli armatori non sono in grado di offrire”.
È infine da notare anche che, sebbene molti citino come ricetta la ‘ricerca di efficienza’, nessuno tra gli intervistati abbia indicato espressamente l’automazione come ingrediente chiave per perseguirla.
Su questo sfondo, un dato significativo è che molti operatori dei trasporti per l’anno in corso hanno puntato l’attenzione sulla necessità di un cambiamento culturale su più dimensioni, che veda coinvolta in primis la committenza e poi anche altri stakeholder, subfornitori inclusi.
La prima, secondo diversi intervistati, deve in generale essere educata a sviluppare un approccio strategico e basato “non solo sul prezzo di vendita”, nonché (secondo alcuni operatori attivi nel trasporto su strada), anche sensibilizzata su specifici aspetti di programmazione, come la “ottimizzazione delle partenze”. Da rilevare che però secondo alcuni il cambiamento deve interessare tutta la filiera, inclusi ad esempio le piccole realtà del trasporto su strada dove si avverte la mancanza di “soggetti strutturati”. Una criticità che lo stesso operatore, acquirente dei servizi, ha indicato di voler affrontare in modo proattivo, ovvero “supportando lo sviluppo di piccoli operatori locali”.
Concludiamo questa analisi dei risultati della prima survey di SUPPLY CHAIN ITALY sottolineando quello che ci è parso un punto di assoluto valore della nostra indagine. Ovvero l’elevata qualità dei profili dei (poco meno che 30) operatori che hanno voluto contribuirvi.
Manager e imprenditori di aziende di primissimo piano, sia in rappresentanza della committenza sia tra i fornitori di servizi (ripartiti a metà tra le due categorie) a cui va il nostro sentito ringraziamento per messo a disposizione il loro tempo e per avere accordato alla nostra testata la loro fiducia in questa ‘survey numero zero (ricordiamo che per assicurare la serietà nella compilazione, il questionario chiedeva obbligatoriamente di indicare nome, cognome, società di appartenenza e indirizzo email, con l’impegno da parte di SCI a non divulgare questi dati).
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