Le prime azioni di Trump impatteranno anche i trasporti marittimi
Dazi, canale di Panama, petrolio, gas e accordo di Parigi sono solo alcune delle aree d’intervento già previste
Riprendere il controllo del Canale di Panama, rinominare il Golfo del Messico in Golfo d’America, uscire dall’Accordo sul clima di Parigi, introdurre dazi per arricchire gli statunitensi e ancora favorire nuove trivellazioni di petrolio e gas naturale. Questi sono alcuni dei punti fermi annunciati da Donald Trump durante il suo discorso per l’insediamento come 47° presidente degli Stati Uniti e che avranno un impatto diretto sul trasporto marittimo. Quasi tutte queste politiche facevano parte del suo programma elettorale ed erano state quindi preannunciate già nei mesi scorsi.
Il tycoon non ha però perso tempo mettendo subito mano alla sua agenda e firmando molti ordini esecutivi conditi da messaggi e dichiarazioni aggressive in materia di politica economica ed estera.
A proposito del Canale di Panama ha detto che è stato costruito dagli americani ed è costato molte vite: “Non l’abbiamo dato alla Cina. L’abbiamo dato a Panama e ce lo riprenderemo” ha dichiarato il neo presidente degli Usa nel suo discorso d’insediamento.
Il canale è in realtà gestito e di proprietà del governo di Panama ma il gruppo terminalistico cinese Hutchison Ports di Hong Kong gestisce due porti situati vicino agli ingressi della via d’acqua nei Caraibi e nel Pacifico. Sulla scia del discorso di Trump di ieri, le autorità panamensi hanno dichiarato di aver avviato un audit su Hutchison Ports. Il presidente di Panama, Jose Raul Mulino, ha risposto a Trump affermando che il canale “è e continuerà ad essere panamense”.
Oltre, come detto, alla promessa di cambiare il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha anche firmato un ordine per ritirare il suo Paese dall’accordo sul clima di Parigi delle Nazioni Unite e questo avviene a pochi giorni delle imminenti discussioni presso l’Imo chiamato a discutere un’imposta globale sulle emissioni di carbonio per il trasporto marittimo.
Trump ha inoltre annunciato di voler porre fine alle politiche ecologiche del Green New deal (e alle quote di veicoli elettrici fissate da Joe Biden) per dichiarare una “emergenza energetica nazionale” che autorizzerà la più grande trivellazione di petrolio e gas della storia. Questo ondata di “oro liquido” finanzierà a sua volta un’espansione dell’apparato militare americano.
Fra i primi decreti firmati ieri dal repubblicano non compaiono ancora invece i dazi commerciali sulle importazioni, ma Trump non se n’è dimenticato. Nel suo discorso le ha nuovamente preannunciate, promettendo la nascita di un nuovo ente, il “servizio delle entrare esterne”, che farà il paio con quello delle entrate interne (l’agenzia delle tasse) per riscuotere i dazi dai Paesi che vogliono avere il privilegio di commerciare con gli Stati Uniti.
Il 47° presidente degli Stati Uniti dovrebbe pubblicare lunedì un ampio memorandum sul commercio che, oltre all’imposizione di nuovi dazi, indirizzerà le agenzie federali a valutare le relazioni commerciali con Cina, Canada e Messico secondo quanto dichiarato da un funzionario dell’amministrazione Trump. Le promesse sono di imporre forti dazi, dal 10% al 20%, sulle importazioni globali verso gli Stati Uniti e del 60% sulle merci provenienti dalla Cina, per contribuire a ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, che ora supera i mille miliardi di dollari all’anno.
A novembre aveva dichiarato che nel suo primo giorno di mandato avrebbe firmato i documenti per imporre una sovrattassa immediata del 25% sulle importazioni da Canada e Messico se questi non avessero fermato il flusso di immigrati illegali e di droghe illecite negli Stati Uniti.
N.C.
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