Continua a crescere la logistica healthcare e pharma in Italia: ecco quanto e come
Spedizioni in aumento, crescita dei prodotti a temperature più rigide (sottozero o del range 2-8°), affermarsi della nicchia dell’home delivery, bassa velocità di terziarizzazione del contesto ospedaliero. Sono alcune delle tendenze in atto nel settore della logistica dei prodotti farmaceutici, rilevate attraverso un’analisi condotta dall’Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet del Politecnico di Milano e presentate […]
Spedizioni in aumento, crescita dei prodotti a temperature più rigide (sottozero o del range 2-8°), affermarsi della nicchia dell’home delivery, bassa velocità di terziarizzazione del contesto ospedaliero.
Sono alcune delle tendenze in atto nel settore della logistica dei prodotti farmaceutici, rilevate attraverso un’analisi condotta dall’Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet del Politecnico di Milano e presentate oggi nel corso di un convegno intitolato, appunto, “Dall’emergenza all’innovazione: il mondo (ri)scopre la centralità della logistica healthcare”.
Elaborato in collaborazione con il Consorzio Dafne, lo studio si è basato sui riscontri forniti dai quattro principali vettori specializzati presenti in Italia, ovvero Eurodifarm (Dhl), Ups, Phse e Bomi Group, che da soli valgono il 90% del mercato, coprendo come arco temporale il 2018, il 2019 e il primo trimestre del 2020, in modo da offrire già anche spunti e rimandi rispetto all’impatto della pandemia.
La quale – ha evidenziato innanzitutto l’analisi, illustrata da Lorenzo Prataviera, responsabile del tavolo di lavoro healthcare dell’osservatorio – è andata a ‘inserirsi’ in un contesto che già era marcato da una forte incremento delle movimentazioni.
Nel 2019 il numero delle spedizioni era aumentato del 5,5% rispetto al 2018 ed erano stati gestiti oltre 240 milioni di kg (+7,7%), mentre era calato il numero di colli gestiti (-2,4%). Il primo trimestre del 2020 non ha fatto che confermare queste tendenze, con una crescita del 5,5% in termini di spedizioni (circa 2,1 milioni), un lieve calo del numero di colli (-1,7%, circa 14,65 milioni) e un netto aumento in peso della merce (+12,2%, 126 milioni di kg nei tre mesi).
Sul fronte della stagionalità, l’indagine ha evidenziato picchi in corrispondenza dei mesi di febbraio/marzo, maggio, luglio e settembre/ottobre, rimasti pressoché invariati tra un anno e l’altro, mentre dal punto di vista geografico ha rilevato la centralità di Lombardia e Lazio sia rispetto all’origine dei flussi (per la presenza di numerosi depositi e centri logistici, anche perché spesso le aziende sono dotate di due centri distributivi nelle due regioni per coprire rispettivamente Nord e Centro-Sud, come nel caso di Bayer) sia relativamente all’assorbimento di questi stessi flussi (in questo caso più per ragioni demografiche). Più nel dettaglio, la prima rappresenta il punto d’origine di circa due terzi dei flussi (circa il 72%), mentre il Lazio vale circa 15-16%, quote entrambe sostanzialmente invariate tra 2018 e 2019. E percentuali, ha evidenziato lo studio, che non sono mutate nemmeno nel primo trimestre del 2020, quando l’attivazione delle zone rosse in Lombardia non ha impedito che dai magazzini continuasse a essere alimentato il flusso di prodotti pharma in uscita. Uniche variazioni degne di nota sono state, nei primi mesi dello scorso anno, gli incrementi nel ‘consumo’ di prodotti healthcare da parte di Campania e Toscana.
“Nonostante l’aumento dei flussi registrati durante il picco dell’emergenza, il settore ha retto e ha saputo garantire continuità di fornitura. La logistica del farmaco, in cui rientra anche la ‘logistica del vaccino anti-Covid19’, pone ora gli operatori logistici davanti alla necessità di migliorare la tracciabilità dei prodotti, la gestione delle temperature e potenziare l’ultimo miglio e darà un’ulteriore spinta all’innovazione e alla competitività del settore” ha commentato Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet.
Dal punto di vista del ‘canale’, restano dominanti nel 2019 e pari a poco meno della metà del totale (46%) i flussi destinati alle strutture ospedaliere, mentre una quota di circa il 25% (in forte crescita negli ultimi anni) è quella che va alle farmacie. Pari al 28% infine quella destinata ai grossisti. La distribuzione per l’home delivery (da intendersi come in alternativa all’acquisto in negozio, e non per cure trasferite dall’ospedale all’abitazione, ambito identificato invece con l’espressione home care), pur rimanendo minoritaria, si affaccia però nella ripartizione conquistando nel 2019 l’1% del totale. Un canale, hanno anticipato i ricercatori, che è poi “esploso” a seguito del lockdown della scorsa primavera.
Una tendenza evidenziata in modo chiaro dallo studio è poi quella verso l’aumento dei volumi di merce gestita a temperature più rigide, che, almeno nel breve periodo, saranno ulteriormente spinti dall’esigenza di distribuire i vaccini anti-Covid19. La maggior parte dei flussi rimane a una temperatura inferiore a 25°, ma questa quota (in termini di colli) è scesa dall’87% del 2018 all’85% nel 2019 (e all’82%, nei primi tre mesi del 2020). Raddoppia invece la percentuale di prodotti movimentati a temperature sotto lo zero (dall’1% al 2%, anche nel 2020) e passa dal 9% all’11% la quota di quelli gestiti fra 2-8° (al 13% nel 2020).
In particolare il canale ospedaliero si sta sempre più differenziando da quello delle farmacie perché riceve quote sempre maggiori di prodotti a temperature più basse (2°- 8°o sotto zero).
Il divario tra prodotti destinati agli ospedali e quelli in arrivo nelle farmacie non è relativo solo alla differenza di temperature ma si accompagna a quella che la ricerca descrive come la “riduzione della densità di valore dei flussi”. In altre parole alle farmacie arrivano in quota sempre più rilevante prodotti diversi dai farmaci (alimenti per l’infanzia, integratori e cosmesi), dalle condizioni di trasporto e stoccaggio diverse da quelle necessarie per il canale ospedaliero, così come farmaci generici che hanno un minor valore ‘medio’.
Detto questo, nel comparto del farmaco – rileva ancora lo studio – quasi tutte le attività di trasporto e oltre il 90% di quelle di magazzino risultano terziarizzate, con l’affidamento di tutto il processo logistico a un unico fornitore nell’83% dei casi (Strategic Contract Logistics), mentre nella logistica ospedaliera il livello di terziarizzazione rimane limitato all’8% dei casi e quindi procede anche molto lentamente (era infatti il 4% nel 2012).
In generale sulla scelta da parte delle strutture ospedaliere di (non) affidarsi a terze parti pesano fattori come l’ampiezza della gamma di referenze da gestire (nel cui insieme rientrano anche beni di contorno come lenzuola o cuscini), l’eterogeneità della gamma anche dal punto di vista dell’handling, la necessità di competenze molto specifiche, la variabilità dei flussi e la densità di valore (ad esempio nel caso di farmaci antitumorali che possono costare anche diverse migliaia di euro).
F.M.
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