Gigantismo navale e consolidamento nel trasporto marittimo: due facce della stessa medaglia, uno causa ed effetto dell’altro
Contributo a cura di Antonella Teodoro * * Mds Transmodal L’11 dicembre 2001 la Cina diventava ufficialmente Paese membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) raggiungendo un traguardo importante in un processo di riforma e apertura iniziato alla fine degli anni ’70. Nel corso dei decenni successivi la Cina si è aggiudicata il titolo di […]
Contributo a cura di Antonella Teodoro *
* Mds Transmodal
L’11 dicembre 2001 la Cina diventava ufficialmente Paese membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) raggiungendo un traguardo importante in un processo di riforma e apertura iniziato alla fine degli anni ’70. Nel corso dei decenni successivi la Cina si è aggiudicata il titolo di “factory of the world” con una quota di mercato nell’approvvigionare il business globale aumentata dal 32% nel 2019-Q4 al 34% nel
2020-Q4, riportando il commercio mondiale su una traiettoria di crescita a seguito della forte contrazione causata dalla pandemia di coronavirus nella prima parte del 2020. Mentre la Cina consolidava la sua posizione sullo scenario internazionale, le compagnie di navigazione, sempre più integrate tra loro, aumentavano le dimensioni delle loro navi portacontainer, che sebbene rappresentino solo un ottavo della flotta totale, sono il mezzo
principale per il trasporto di beni di consumo a livello mondiale.
Questi processi, e gli impatti che da essi derivano sul commercio internazionale, sono stati di recente portati all’attenzione generale a seguito della chiusura inaspettata del Canale di Suez avvenuta a fine marzo a causa dell’incaglio di una nave portacontainer. Questo evento ha rivelato il ruolo fondamentale svolto dalle compagnie di navigazione nel garantire fluidità nelle catene di approvvigionamento su scala globale ed evidenziato, tra gli altri, due aspetti del settore marittimo sui quali riflettere:
1. l’aumento delle dimensioni delle navi e i rischi derivanti dalla corsa al gigantismo dei grandi armatori: negli ultimi dieci anni, la dimensione massima delle navi è aumentata del 60% passando da circa 15.000 Teu a circa 24.000 Teu;
2. l’aumento del livello di concentrazione tra le compagnie di navigazione: quasi il 90% della capacità mondiale di navi portacontainer su rotte intercontinentali è in mano alle prime dieci compagnie al mondo.
La nave incagliata (Ever Given), che può trasportare fino a 20.000 container, è rimasta bloccata per meno di una settimana nel Canale di Suez ma le ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento si protrarranno per mesi con possibili congestioni nei porti europei, carenza di container per gli spedizionieri e possibili aumenti nelle tariffe marittime.
Gigantismo navale
Per anni le compagnie di navigazione hanno investito in navi sempre più grandi, spinte da una crescente domanda per beni di consumo che vanno dall’elettronica, ai vestiti, ai giocattoli, eccetera. La capacità concorrenziale nel settore marittimo è fortemente caratterizzata dal prezzo al quale il servizio marittimo viene offerto. Gli investimenti in navi che permettano di offrire un servizio marittimo a prezzi più bassi rispetto alla media del momento, pertanto, non sono rimasti isolati, e nel corso degli ultimi 15 anni si è assistito a una corsa all’approvvigionamento di navi sempre più grandi per rimanere al passo con i concorrenti.
Le navi di maggiori dimensioni hanno permesso alle società di navigazione di poter beneficiare di economie di scala, ovvero riduzione del costo per container trasportato e poter così applicare tariffe più basse ai propri clienti. Tuttavia, questi investimenti, che hanno permesso, ad esempio, la riduzione del costo del carburante e del costo del personale, garantiscono alla singola società di navigazione di beneficiare dei vantaggi
derivabili dalle economie di scala fin tanto che le navi viaggiano con un certo livello di utilizzo e questo, ovviamente, dipende dalle condizioni di mercato.
Il commercio internazionale su rotte intercontinentali, rotte sulle quali queste navi sono impiegate, è passato da una crescita annua media del 6,6% tra il 2000 e il 2008, anno precedente alla crisi finanziaria, a un tasso di crescita medio del 3,6% tra il 2009 e il 2016. Per poter garantire un utilizzo delle navi tale da poter beneficiare appieno dei vantaggi economici derivanti dal loro utilizzo, le società di navigazione hanno così intensificato il loro livello di collaborazione attraverso la creazione di alleanze e Merger&Aquisitions.
I due processi, la corsa al gigantismo navale e l’intensificarsi delle integrazioni orizzontali, possono pertanto esser interpretati come l’uno causa ed effetto dell’altro. Queste strategie, che per le compagnie di navigazione avevano una ragione economica nell’essere adottate, per la maggior parte degli altri attori delle catene di approvvigionamento non sono considerate del tutto favorevolmente. Ad esempio, per un esportatore/importatore è importante usufruire di servizi marittimi frequenti e affidabili. Tuttavia, una società di navigazione è indotta a ridurre la frequenza del servizio offerto quando le condizioni del mercato sono tali da non garantire determinati livelli di utilizzo delle navi.
In linea generale, le navi di grandi dimensioni portano anche a una riduzione dei servizi marittimi offerti e, di conseguenza, a una riduzione della scelta per gli spedizionieri con rischi sulle catene di approvvigionamento in caso di ritardo, incidenti. I porti e gli operatori di terminal, per poter ospitare navi di maggiori dimensioni, devono effettuare investimenti infrastrutturali (esempio l’approfondimento dell’ormeggio, altezza delle gru, eccetera), e ciò risulta oneroso (spesso per le casse pubbliche) e controverso in termini di impatti ambientali. Inoltre, i porti si trovano a dover gestire gli effetti negativi della congestione in periodi di picco.
Anche per le stesse compagnie di navigazione il gigantismo navale ha dei limiti di
convenienza. Uno studio realizzato da Olaf Merk (International Transport Forum – ITF) parte
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) nel 2015
(https://t.co/TQ8qvluiPS?amp=1) evidenzia infatti che il raddoppio delle dimensioni massime delle navi portacontainer ha ridotto i costi totali delle navi per container trasportato di circa un terzo. Tuttavia, questi risparmi sui costi diminuiscono con le dimensioni; i risparmi sui costi della nuova generazione di portacontainer sono da quattro a sei volte inferiori ai risparmi del precedente ciclo di espansione. Circa il 60% dei risparmi sui costi delle più recenti navi portacontainer derivano dall’utilizzo di motori più efficienti e non dalla dimensione della nave. Un altro elemento da considerare quando si analizzano i costi e i rischi derivanti dall’utilizzo di navi di grandi dimensioni è l’onerosità e la laboriosità del loro salvataggio in caso di incidenti (come abbiano seguito con le fasi di sblocco di Ever Given).
Tuttavia, nonostante i costi e i rischi associati alle navi di grandi dimensioni, queste unità dominano il trasporto marittimo intercontinentale. I nostri dati (MDST) indicano che la flotta di navi portacontainer su rotte intercontinentali comprende 194 navi con capacità pari ad almeno 15.000 Teu: circa 7% della flotta complessiva impiegata su queste rotte e, in termini di capacità offerta, queste navi rappresentano il 13% della capacità totale sulle rotte intercontinentali. Nessuna di queste 194 navi è operata da società di navigazione che non siano attive in alleanze. Le navi di maggiore dimensione operate da compagnie ‘indipendenti’ sono di capienza massima di circa 14.500 Teu, operate da una compagnia iraniana (Hafiz Darya Shipping Company (Hds Line) ed attive sulla rotta Golfo – Far East.
E gli investimenti in queste navi non sono terminati, con 93 navi di questa capacità attualmente in ordine fino al 2024 – la più grande di capacità di oltre 24.200 Teu come illustrato nella seguente tabella.
Consolidamento del settore marittimo
Uno degli elementi di preoccupazione per gli spedizionieri e i consumatori è legato al quanto costerà loro questo ultimo evento che ha interessato una nave di grande dimensione operata da una società di navigazione, Evergreen, parte di una delle tre alleanze, Ocean Alliance, attualmente attive nel settore marittimo. È difficile quantificare con certezza, ma le tariffe di trasporto marittimo stanno nuovamente aumentando: gli ultimi dati Shanghai Containerized Freight Index mostrano che le tariffe per i servizi marittimi dal Far East verso il Nord Europa sono aumentate dell’8,6% rispetto alla settimana precedente, raggiungendo $3.964 per Teu; per i servizi dal Far East al Nord America costa orientale sono aumentate dell’11,4% rispetto alla settimana precedente, raggiungendo $5.334 per Feu. Non possiamo affermare con certezza che questi aumenti siano legati all’interruzione dell’operatività del Canale di Suez, ma le compagnie di navigazione, nei giorni seguenti all’incidente, avevano anticipando picchi nelle tariffe di trasporto marittimo nelle settimane successive.
Se dovessero concretizzarsi, questi aumenti non sarebbe da considerarsi una sorpresa, come indicato da Olaf Merk in una delle sue recenti analisi (https://transportpolicymatters.org/2021/04/01/stuck-in-the-suez-canal-logjam-lessons/).
“Il blocco di Suez ha ridotto la capacità effettiva delle navi, quindi probabilmente porterà a ulteriori aumenti delle tariffe marittime. I clienti e i porti invece pagheranno il prezzo, e forse alcuni assicuratori”, ha indicato Merk. Lo stesso sottolinea inoltre che “l’attuale interruzione della catena di approvvigionamento marittima non riguarda una nave di grandi dimensioni bloccata nel Canale di Suez, né la mancanza di infrastrutture adeguate nei porti – in ultima analisi, si tratta di una mancanza di una politica di concorrenza efficace per le società di navigazione. L’intensificarsi del consolidamento tra le società marittime si pone all’interno di un contesto normativo caratterizzato dall’esistenza del “Consortia Block Exemption Regulation (Consortia BER)”, normativa europea che prevede deroghe alle regole antitrust per i consorzi tra le compagnie di navigazione. Entro il 25 aprile 2024, la Commissione europea dovrà decidere se estendere o porre fine a questa normativa.
Nel frattempo, alla luce degli avvenimenti susseguitesi nel corso del 2020 che hanno causato gravi disagi alle catene di approvvigionamento globale (come ad esempio servizi marittimi non sufficienti a coprire le aumentate richieste degli spedizionieri, mancanza di container, etc.), nonché in considerazione dell’aumento sostanziale delle tariffe marittime a fronte di servizi con performance di affidabilità e puntualità a livelli molto bassi come riportato nella Revisione trimestrale del mercato del trasporto di container per il quarto trimestre del 2020 pubblicata da MDS Transmodal e da Global Shippers Forum (GSF) il mese scorso (https://www.mdst.co.uk/copy-of-mdst-and-global-
shippers-forum-launch-the-container-shipping-market-quarterly-review-1), le maggiori associazioni rappresentative della filiera a livello europeo e mondiale hanno sottoscritto una lettera inviata lo scorso 13 aprile agli uffici dell’Antitrust della Commissione Europea chiedendo, in sostanza, di avviare “un’indagine fattuale sugli sviluppi su base mensile nel corso del 2020 e nel primo trimestre 2021 al fine di stabilire le vere cause dell’interruzione della logistica marittima e della catena logistica retroportuale”. I firmatari della lettera sono spedizionieri internazionali (Fiata) ed europei (Clecat), terminalisti (Feport), operatori portuali, rimorchiatori (Eta) nonché Global Shippers Forum (Gsf) voce dei proprietari di merce, esportatori ed importatori, definiti “caricatori” nella terminologia di settore.
Nel frattempo che i sottoscrittori della succitata lettera ricevano risposta dai commissionari europei, negli Stati Uniti è già in corso da mesi un’indagine da parte della Federal Maritime Commission (Fmc) sull’operato delle compagnie di navigazione. Lo scorso 7 aprile, a seguito di un incontro a porte chiuse, il neo presidente della Fmc, Daniel B. Maffei, ha dichiarato: “Mentre la maggior parte dei partecipanti alla catena di approvvigionamento sta facendo del suo meglio per far fronte al boom delle importazioni senza precedenti, ci sono segnalazioni di linee di navi portacontainer e operatori terminalisti che approfittano ingiustamente della situazione o negano il servizio agli esportatori in un modo che potrebbe essere in violazione con lo Shipping Act. Dobbiamo andare a fondo di questa situazione il prima possibile ed è per questo che l’indagine è fondamentale”.
La chiusura temporanea del Canale di Suez ha pertanto solo aggravato ed evidenziato problematiche già in atto. Interessante sarà osservare quali azioni le autorità competenti decideranno di porre in atto al fine di risolverle.
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