Per Amazon la supply chain “non sarà un grande problema” (ma alzerà il costo di Prime)
Le azioni di Amazon sono cresciute del 14% martedì scorso dopo la pubblicazione del report relativo all’andamento negli ultimi tre mesi 2021. Dopo un terzo trimestre giudicato deludente, l’azienda è infatti riuscita nell’intento di incrementare ricavi e utili, portando cioè il valore delle vendite a 137,4 miliardi di dollari (contro i circa 125 dello stesso […]
Le azioni di Amazon sono cresciute del 14% martedì scorso dopo la pubblicazione del report relativo all’andamento negli ultimi tre mesi 2021. Dopo un terzo trimestre giudicato deludente, l’azienda è infatti riuscita nell’intento di incrementare ricavi e utili, portando cioè il valore delle vendite a 137,4 miliardi di dollari (contro i circa 125 dello stesso periodo di un anno prima), per circa 469,8 miliardi di dollari nell’intero 2021. Un valore monstre ma leggermente inferiore alle previsioni di alcuni analisti che davano il gigante di Seattle come pronto a toccare già nell’esercizio appena chiuso i 500 miliardi di ricavi. Pari a 14,3 miliardi gli utili (dai 7,2 di un anno prima) nel trimestre.
A tenere alte le vendite e profitti, ha spiegato la stessa Amazon, è stata però in particolare Rivian Automotive, società considerata l’anti-Tesla, di cui il gruppo è sia investitore che cliente per l’acquisto di furgoni elettrici, che ha portato la maggior parte delle entrate, mentre l’e-commerce ha chiuso con una perdita di 1,63 miliardi.
Commentando i risultati nella conference call che ha fatto seguito alla loro pubblicazione, il management dell’azienda ha evidenziato come la stima di 4 miliardi di dollari di extracosti (per i trasporti ma anche per il lavoro) preventivati per l’ultimo trimestre del 2021 sia stata sostanzialmente rispettata, dato che il valore è stato solo leggermente superiore a quello della previsione.
Guardando più da vicino entrate e uscite sostenute dall’azienda nel periodo, appare però evidente che per Amazon il costo per la distribuzione dei suoi prodotti nel mondo stia continuando a crescere.
Nel dettaglio, questa voce di spesa (worldwide shipping costs) rappresenta ora il 17,66% del totale dei costi operativi sostenuti da Amazon (contro il 17,09 % nel trimestre precedente), mentre rispetto al totale dei ricavi questa è pari a una quota del 17,22 % (contro il 16,34%). Valore quest’ultimo che rappresenta un picco storico, poiché è il più alto osservato da due anni a questa parte.
Interessante a questo punto notare come nella conference call il tema della logistica sia stato affrontato diverse volte ma senza particolari allarmismi. Brian Olsavsky, chief financial officer del gruppo, ha ripercorso quanto fatto da Amazon nel Q4 2021 esprimendo una certa soddisfazione per come l’azienda sia riuscita a limitare le difficoltà dal punto di vista operativo: “Abbiamo acquistato i nostri prodotti in anticipo. Abbiamo collaborato con i fornitori per garantire l’inventario in anticipo, quindi, in alcuni casi, abbiamo pagato in anticipo, il che ha avuto un impatto sul capitale circolante. Abbiamo anche lavorato molto duramente per aprire i canali ingresso nel paese, sia che si trattasse di capacità portuale o di navi. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per ottenere più capacità in un mercato limitato”.
Olsavsky ha quindi aggiunto di non ritenere che la supply chain rappresenterà un grosso problema nel primo trimestre 2022. Allo stesso tempo il manager ha però anche confermato che Amazon aumenterà il costo di Prime negli Usa per contrastare gli incrementi nel costo del lavoro e di quelli del trasporto.
Nel paese l’incremento porterà il costo dell’abbonamento mensile al servizio da 12,99 a 14,99 dollari e di quello annuale da 119 a 139 dollari l’anno, ma per quel che riguarda l’introduzione di misure simili in altri mercati ha detto solo che queste saranno valutate separatamente.
F.M.