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Contratti di trasporto via mare di container: i 4 fattori da considerare per i rinnovi 2023

Con noli spot in picchiata (inclusi quelli per i trasporti dalla Cina all’Italia), e quelli ‘contrattati’ che invece faticano a riallinearsi su importi più bassi, il trasporto via mare di container continua a porre molti interrogativi a spedizionieri e cargo owner. Stracciare gli accordi già siglati con le compagnie per buttarsi sul mercato spot? Attendere […]

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28 Settembre 2022
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Con noli spot in picchiata (inclusi quelli per i trasporti dalla Cina all’Italia), e quelli ‘contrattati’ che invece faticano a riallinearsi su importi più bassi, il trasporto via mare di container continua a porre molti interrogativi a spedizionieri e cargo owner. Stracciare gli accordi già siglati con le compagnie per buttarsi sul mercato spot? Attendere un ulteriore calo per poter firmare nuovi contratti a cifre più convenienti nei prossimi mesi? E poi: come poter riottenere condizioni più favorevoli? Infine: dire addio ai fornitori di servizi che li hanno bistrattati quando la disponibilità di stiva scarseggiava?

Nel suo ultimo Logistics Executive Briefing la società di analisi Drewry ha proposto sul tema alcuni ragionamenti che a suo dire potrebbero aiutare gli operatori nel decidere i prossimi passi in materia di spedizioni via mare di container.

Relativamente all’ipotesi di una fuga dagli accordi già siglati in direzione delle tariffe spot (alla scadenza dei contratti o ad accordi ancora in vigore), l’invito alla clientela più strutturata è a usare una certa cautela. Oltre a considerare la presenza di obblighi contrattuali e penali, il suggerimento è di valutare se una mossa del genere possa incrinare i rapporti (ma anche far abbassare i livelli di servizio) offerti dal vettore e piuttosto di provare a rinegoziare le tariffe dei contratti esistenti. Passare al mercato spot può essere più ragionevole per gli operatori più piccoli, ma nel loro caso Drewry invita a considerare anche il fatto che il cambiamento comporterebbe maggior lavoro da parte dello staff interno (di caricatori o spedizionieri) e il ricevere minor supporto da quello dei carrier, soprattutto in situazioni critiche come in caso di cancellazioni di viaggi.

Rispetto invece alla possibilità di attendere per fissare nuovi contratti più in là nel tempo (auspicabilmente a prezzi più bassi), gli analisti di Drewry non hanno dubbi e quindi la loro risposta è un convinto ‘sì’. Il fatto che i noli spot stiano crollando induce infatti ad aspettarsi che prima o poi (e comunque nel 2023) il calo si propagherà alle tariffe dei contratti per via del generarsi di un atteso eccesso di capacità. Il suggerimento è quindi quello di chiedere proroghe (di 3 mesi) dei contratti esistenti e rinegoziare successivamente.

I contratti però non sono fatti di sole tariffe, ma anche di altre condizioni. Se nel biennio 2021-2022 gli operatori hanno dovuto accettare accordi meno favorevoli (ad esempio sul garantire certi volumi, sul ridurre i tempi di attesa), con il mercato che si sta spostando verso una situazione di sovracapacità i caricatori potranno più facilmente chiedere, ad esempio, livelli di servizio più elevati o termini di pagamento più lunghi.

Resta infine ai Bco (Beneficial cargo owner) il decidere come muoversi nei confronti di fornitori (compagnie) dai quali pensano di aver ricevuto un cattivo trattamento nella fase di crisi di capacità del mercato. Cercare vendetta non è una scelta ragionevole, secondo Drewry, per ragioni molto pragmatiche: al mondo i global carrier sono solo 9 ed è molto probabile che i caricatori di medie e grandi dimensioni nel prossimo futuro debbano continuare a interfacciarsi con almeno 5 di essi.

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