“Trasporto intermodale ferroviario competitivo anche sotto i 300 Km”
Se gli operatori della filiera fanno sistema, il trasporto intermodale ferroviario può essere competitivo anche per tratte inferiori ai 300 km. Questa convinzione – che ribalta la prospettiva abituale secondo la quale invece la modalità su ferro sarebbe adatta solo ai lunghi tragitti – è emersa in modo netto nell’evento organizzato dalla Regione Emilia Romagna […]
Se gli operatori della filiera fanno sistema, il trasporto intermodale ferroviario può essere competitivo anche per tratte inferiori ai 300 km. Questa convinzione – che ribalta la prospettiva abituale secondo la quale invece la modalità su ferro sarebbe adatta solo ai lunghi tragitti – è emersa in modo netto nell’evento organizzato dalla Regione Emilia Romagna per presentare il suo nuovo ‘ferrobonus’.
Del resto, proprio sulla base di questa idea è stato strutturato l’incentivo, giunto ormai alla sua quarta edizione e pensato per sostenere i tragitti ferroviari o fluvio-marittimi aggiuntivi (rispetto al 2022) svolti sul territorio regionale (qui i dettagli della misura).
Principale esponente di questa corrente di pensiero è stato, nella tavola rotonda seguita alla presentazione, è stato il presidente di Sapir, gruppo attivo con tre terminal nel porto di Ravenna, Riccardo Sabadini.
Come esempio Sabadini ha portato il caso dei traffici di materiali inerti in arrivo nello scalo e destinati al distretto della ceramica di Sassuolo (da cui dista circa 150 km), spiegando poi quale sia la ricetta dell’azienda per mantenere (e consolidare) su ferro questi traffici. “Cerchiamo di fidelizzare il cliente, inteso non come il vettore marittimo (le cui decisioni, rispetto ai porti di arrivo, sono spesso prese a livello centrale) ma come azienda destinataria della merce, anche fornendo nel terminal servizi aggiuntivi quali quelli per la miscelazione dei materiali”. Il traffico ferroviario – oltre naturalmente a compensare la cronica carenza di autisti – può trovare inoltre negli scali dotati di raccordo ferroviario una funzione di ‘magazzino’, in cui container e casse possono essere stoccati in attesa della partenza della nave. A queste condizioni, ha evidenziato il presidente di Sapir, è spesso l’azienda delle ceramiche a preferire il treno al camion. “Però i soggetti coinvolti devono parlarsi e trovare un accordo; se si cede alla tentazione del minor prezzo, il piano rischia di saltare”. Per far quadrare i conti, ha aggiunto, è però anche necessario il mantenimento l’incentivo, “altrimenti si devono chiedere dei sacrifici, o ai terminal o alle ceramiche”.
Simili le posizioni di Guido Nicolini, anch’egli intervenuto al dibattito. In teoria sotto i 300 km non dovrebbe esserci trasporto ferroviario, ma la realtà dell’Emilia Romagna dimostra il contrario, in particolare nei collegamenti retroportuali da Ravenna”. L’amministratore delegato di Logtainer, che pure ha sottolineato il ruolo di ‘polmone’ svolto dai terminal per la merce in attesa delle navi, ha però anche evidenziato come la competitività del trasporto ferroviario abbia un tallone d’Achille nelle manovre portuali, che da sole in certi scali pesano per il 30%-40% del costo treno. Da qui l’idea lanciata dall’ex presidente di Confetra: “Credo vada spinta anche una incentivazione alle operazioni di manovra”.
Rispetto alle prospettive per i traffici intermodali che si potranno aprire in futuro (nella Regione Emilia Romagna anche grazie al ferrobonus locale), Sabadini ha infine citato il caso del trasporto di materiali ferrosi, esempio di merce “molto vocato al trasporto su treno”, per il quale però è come visto necessario “creare delle sinergie” tra attori.
Infine, relativamente alla richiesta del mercato di treni da parte dei caricatori come mezzo per contrastare le emissioni (rispetto al trasporto stradale), dal tavolo sono arrivati due riscontri diametralmente opposti.
Se un grande cliente (non precisato) del settore ceramiche di General Noli – ha spiegato il general manager del gruppo, Roberto Aquilini, presente all‘evento– addirittura è disposto ad avere ritardi, o “anche a perdere una nave pur di avere intermodale” per l’export verso il Regno Unito, un’altra “grande azienda” (non precisata) che si era affidata a Logtainer ha invece optato per il traffico su strada pur a fronte di una differenza di prezzo di soli 22 euro a container, ha riportato, allargando le braccia, il suo amministratore delegato Guido Nicolini.
Francesca Marchesi
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