Digitalizzazione nella logistica: l’approccio è ancora troppo frammentato
Secondo un report di Reuters e Cargowise, gli operatori stanno continuando a investire in nuovi progetti in questo ambito
Gli investimenti nella digitalizzazione della logistica sono ormai un imperativo per la maggior parte delle aziende, ma spesso portano a iniziative frammentate tra le varie funzioni o reparti.
È una delle principali conclusioni del report ‘Unlocking the future: embracing digital transormation in logistics’ realizzato da Cargowise con Reuters, che mostra come alcune delle svolte impresse al settore dalla pandemia siano ormai qui per restare.
L’82% del campione – in totale 468 tra 4PL, 3Pl, retailer, produttori, nonché vari professionisti della supply chain, di tutti i continenti, intervistati tra il marzo e l’aprile 2023 – ha infatti spiegato di avere incrementato i propri investimenti in questo ambito negli ultimi tre anni, anche se quote non indifferenti hanno detto di averli diminuiti (9%) o addirittura di non contemplarli del tutto (pure il 9%). Le cose dovrebbero però migliorare a breve, dato che nei prossimi 12 mesi il 50% degli intervistati stima di mantenerli sullo stesso livello, mentre il 45% prevede di aumentarli e solo il 5% di farli decrescere.
I progetti su cui si sono concentrati gli investimenti hanno riguardato perlopiù, nell’ordine, l’implementazione di sistemi per la gestione della supply chain (64%), la gestione digitale di documenti (48%), l’automazione di magazzino (39%), la data analysis per la gestione delle scorte (35%).
Ancora bassa l’attenzione verso la cybersecurity (23%), anche se su questo punto lo studio ipotizza che molti dei progetti di digitalizzazione portati avanti in altri ambiti già siano intrinsecamente dotati di sistemi di sicurezza. Seguono il tracciamento di mezzi (23%), l’automazione del fulfillment (17%), l’uso dell’intelligenza artificiale per la pianificazione di rotte (13%), l’utilizzo della realtà aumentata per attività di manutenzione e riparazione (2%) e la blockchain (2%).
Nel complesso, rileva la ricerca, sono però poche le realtà che tendono ad avere un approccio olistico in tema di digitalizzazione. Solo il 32% spiega infatti di aver avviato progetti che interessano l’organizzazione nel suo insieme.
Interessante notare inoltre quali siano i risultati che le imprese si aspettano di raggiungere con questi progetti. In ordine di importanza, il campione indica un recupero di efficienza, un miglioramento dell’esperienza per il consumatore, la riduzione dei costi (in lieve calo però rispetto al 2022), una maggiore accuratezza dei dati, uno snellimento dei processi, l’aumento della collaborazione, e infine un incremento di sicurezza e di scalabilità.
Sono due, di contro, le barriere che più di altre gli intervistati ritengono sbarrare la strada all’avvio di progetti di digitalizzazione. La prima è la mancanza (o presunta mancanza) di adeguate risorse (secondo il 53% del campione), la seconda la resistenza al cambiamento dei dipendenti (38%), legata a volte al timore di un aumento dei carichi di lavoro o di licenziamenti. A frenare le iniziative sono anche la percezione che questi progetti non generino ritorni (34%) o che siano troppo complicati da implementare (28%).
Il fattore umano è comunque ritenuto l’elemento più critico anche nei casi in cui i progetti siano effettivamente adottati. Per assicurare che la trasformazione digitale avvenga senza strappi, secondo gli intervistati la cosa più importante è il dedicare tempo a formazione e training (77%). Utile poi fornire riscontri e aggiornamenti sull’avanzamento del progetto in questione (63%), avere un team di manager dedicato al processo di cambiamento (54%), mentre conta meno la disponibilità di un help desk dedicato (30%) e l’introdurre incentivi e premi per incoraggiare dipendenti ad “abbracciare il cambiamento” (19%).
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