Maurizio Caredio: Asti diventi Zls e scommetta sul porto di Genova
Lo schietto parere del vertice di Caredio Group sul come affrontare la situazione attuale e sugli elementi imprescindibili tra cui il trasporto ferroviario merci
La realizzazione di un retroporto che colleghi il porto di Genova con il resto del nord-ovest sarebbe la condizione principale per permettere un significativo sviluppo economico della città di Asti che, con la sua collocazione a metà strada tra Torino e Milano, è la più favorita a ospitarlo.
L’investimento comunque – spiega Maurizio Caredio al Corriere Torino – deve poter rendere al massimo del suo potenziale: “Si diano una svegliata e facciano un treno che parta da Genova e arrivi al retroporto”, afferma senza mezzi termini Maurizio Caredio, imprenditore astigiano leader nel settore dei trasporti e della logistica, vertice della Caredio Group, realtà che fattura circa 40 milioni di euro e ha quattro poli logistici (Trofarello, Montaldo, Montegrosso e Mombercelli) oltre a una sede distributiva a Milano, e muove 50 container al giorno, carichi di merci provenienti da ogni parte del mondo, dagli Stati Uniti all’India, passando per il Giappone e la Cina, ma anche dalla Russia.
“I russi sono tra i principali importatori di vini e spumanti piemontesi, molti produttori erano spaventati dalle sanzioni, ma la paura è passata dopo pochi giorni: si è risolto tutto triangolando con Paesi come Turchia e Kazakistan” dice Caredio.
L’azienda fondata dal padre Franco a fine anni Sessanta si è trasformata in provider logistico a metà anni Novanta e quindi un’opera come il retroporto sarebbe proprio quello che occorre, a patto che a collegarla con lo scalo portuale di Genova siano i treni e non solo i tir: “Fare il retroporto senza ferrovia è come fare un’autostrada con il passaggio a livello, che senso ha? Con i treni si può lavorare anche di notte, perché le merci arrivano prima, e nel weekend, perché non c’è il blocco del trasporto pesante come sulle autostrade. E poi a Genova è un delirio, le strade sono sempre intasate, e così si rallenta tutto. Per non parlare poi della riduzione dell’inquinamento che ci sarebbe se le merci viaggiassero ogni giorno su 3-4 treni anziché su centinaia di camion”.
Questa impostazione sarebbe ideale per tutti secondo il manager: “Genova potrebbe fare tre volte quello che fa: i turisti avrebbero le strade libere e in questo modo sarebbero più invogliati a fare le vacanze in Liguria, e al tempo stesso le merci correrebbero più veloci. Oggi basta uno sciopero di poche ore e si blocca tutto”.
Caredio ha inoltre consapevolezza del potenziale economico di Asti che, nonostante stia attraversando anni non facili come altri distretti industriali del Piemonte, definisce così: “Asti è strategica perché qui ci sono le grandi aziende vitivinicole che esportano in tutto il mondo, considerato anche le aziende dell’Albese e tutto l’indotto circostante”, mentre invece sullo spumante Caredio è convinto che sia più conveniente venderlo all’estero: “In Italia una bottiglia viene pagata 4,50 euro, negli Stati Uniti si vende a 13 dollari. Il guadagno è il triplo”.
Relativamente alla situazione economica nazionale attuale Caredio sostiene invece che quest’anno ci sia “una flessione importante: il settore del vino è in flessione, abbiamo stipendi da terzo mondo, mentre luce, gas e benzina aumentano del 30%. L’inflazione aumenta del 20% ma gli stipendi restano al palo: negli altri paesi si riesce a stare al passo. Dobbiamo pensarci noi ad aumentare gli stipendi, altrimenti nessuno vuole più lavorare. Chi prendeva 1.800 euro prima del Covid era un signor stipendio, oggi è un salario base”.
Per queste ragioni secondo il manager di Caredio Group il retroporto ferroviario riveste grande importanza: “Porterebbe sviluppo e competitività, riducendo costi e spese di movimentazione, poi un treno non costa come 36 tir. Prendi un imprenditore che esporta rum dal Sudamerica: ora scarica a Rotterdam, ma se torni competitivo scarica a Genova”. C’è però molto ancora da lavorare: “In un Paese dove si paga il 70% di tasse non si ha ragione di investire. Tutti i politici promettono di ridurre il cuneo fiscale, ma poi non lo fa nessuno, perché appena fanno i conti capiscono che quei soldi servono a loro”.
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