Domanda e offerta di trasporti di macchinari e impianti si sono confrontate a Marghera
Circa 250 professionisti hanno animato la prima edizione del Business Meeting BREAK BULK ITALY organizzato al Venezia Heritage Tower
Marghera – Sette rappresentanti della domanda di spedizioni di macchinari, impianti, carichi break bulk e project cargo si sono confrontati con altrettanti rappresentanti dell’offerta, ovvero spedizionieri, terminalisti portuali e fornitori di servizi logistici. Il risultato emerso è stato un proficuo momento di collaborazione e condivisione su alcuni dei temi di maggiore attualità, sulle criticità e sulle opportunità che i trasporti di carichi non unitizzati hanno affrontato nel recente passato e avranno di fronte a sé nel prossimo futuro.
Questo ‘faccia a faccia” ha avuto luogo durante la prima edizione del Business Meeting BREAK BULK ITALY organizzato a Marghera dai giornali online SHIPPING ITALY, SUPPLY CHAIN ITALY e AIR CARGO ITALY con il supporto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale e il patrocinio di Animp (Associazione Italiana Impiantistica Industriale) e di Assiterminal (Associazione italiana terminalisti portuali).
Al titolo del Business Meeting, “Cosa serve al mercato delle merci varie e dei project cargo in Italia?”, hanno cercato di dare risposta i caricatori intervenuti al panel mentre i rappresentanti dell’offerta di servizi portuali, di trasporto e movimentazione di carichi break bulk a loro volta hanno messo sul piatto della discussione le proprie proposte e novità per migliorare la logistica dei carichi heavy lift, project cargo o comunque non unitizzati.
Fra i tanti spunti emersi spiccano la proposta di un corridoio industriale per garantire la logistica in export dei macchinari e degli impianti prodotto in Nord Italia, un maggiore sfruttamento del trasporto fluviale anche attraverso politiche di incentivo, una mappa delle infrastrutture e delle vie di trasporto adatte al transito di trasporti eccezionali, banchine portuali equipaggiate con equipment in grado di movimentare carichi sempre più grandi e pesanti, una crescente tendenza alla modularizzazione dei progetti industriali, sempre più imbarchi ro-ro e non solo lo-lo, un progressivo avvicinamento delle fasi di assemblaggio a filo di banchina o comunque a ridosso dei porti, certezze e maggiore rapidità nell’ottenimento dei permessi per i trasporti oltre le 108 tonnellate di peso, navi adatte alla crescente domanda di trasporti e lavori offshore, condizioni infrastrutturali che consentano di sfruttare maggiormente anche il trasporto ferroviario.
Il ‘faccia a faccia’ fra domanda e offerta di spedizioni e logistica di carichi break bulk e project cargo ha visto di fronte Luca Edallo (Saipem), Paolo Fedeli (Belleli Energy Cpe e Associazione Italiana Pressure Equipment), David Bernardi (Fincantieri), Antonio Piga (Ansaldo Energia), Bruno Bianchi (Sofinter), Paolo Maffeis (Siad), Alessandro Fiorani (Danieli & C. Officine Meccaniche) oltre a Massimo Naldini (Integra Excellence) nel primo panel, mentre a cercare di fornire risposte ci hanno pensato Paolo Cornetto (F2i Holding Portuale), Carlo Montaperto (Boriani), Enrico Salvatico (Animp e Studio Legale Mordiglia), Matteo Fortuna (Bbc Chartering Genoa), Marco Zollia (Trieste Marine Terminal), Bruno Savio (Interporto Rivers Venezia) e Luca Abatello (Circle).
In apertura del Business Meeting BREAK BULK ITALY è intervenuto Fulvio Lino Di Blasio, presidente della port authority degli scali veneti, che ha posto in evidenza il tris di assi che il sistema portuale di Venezia-Marghera e Chioggia è in grado di offrire non avendo di fatto barriere (grazie a tre corridoi di accesso stradali più un corso fluviale) per ricevere carichi di dimensioni e peso eccezionali in import e in export. Proprio grazie al collegamento garantito dall’idrovia verso Mantova e Cremona e il network stradale il sistema portuale veneto vanta un’ampiezza di 250 km senza vincoli al quale si affaccia un ampio distretto industriale specialistico. Un sistema infrastrutturale che negli ultimi anni è andato via via completandosi con aree di produzione, assemblaggio e infine logistica distanti pochi metri dalle banchine d’imbarco per il trasporto via mare.
Di Blasio nella sua analisi di mercato ha evidenziato, oltre alla necessità di intervenire su un Piano regolatore portuale del 1965, che il project cargo riguarda per l’81% flussi in export lungo cinque direttrici (in particolare Medio Oriente e Usa) mentre l’import è in larga parte dal Far East. Tutti ambiti attualmente interessati da criticità geopolitiche.
Durante il suo opening speech il consulente tecnico navale Alvise Cattaneo, general manager della società A.C. Experts Marine, ha posto l’accento sul fatto che “quando si parla di project cargo e di colli eccezionali in Italia ci si riferisce automaticamente a Porto Marghera, che ha avuto, e ha tutt’oggi, un ruolo di hub primario, sia per numero, che per diverse tipologie di unità movimentate ogni anno. Parliamo mediamente di circa 200 toccate all’anno che coinvolgono navi general cargo/heavy lift con almeno 120 sollevamenti pesanti, quindi con unità di carico da 80 a 1500 tonnellate di peso. Marghera – ha proseguito Cattaneo – non è comunque l’unico porto attrezzato a gestire con continuità project cargo, basti a pensare a Marina di Carrara, Livorno, Ortona, Monfalcone, Porto Nogaro, Trieste, Ravenna ma anche altri scali”.
Cattaneo nel suo discorso ha ricordato che, “per venire incontro alla crescente esigenza mondiale di gigantismo, negli anni numerose aziende hanno spostato completamente o in parte la produzione di apparecchi e strutture all’interno delle aree portuali sia fluviali che marittime, cercando di garantirsi l’accesso più agevole e diretto alle vie d’acqua. Per citare qualche esempio in Adriatico a Porto Marghera abbiamo ATB, Macchi, Simic, BrembanaRolle, LuigiResta (Fincantieri), a Monfalcone c’è Mangiarotti, Fincantieri, Cimolai, quest’ultima presente anche a Porto Nogaro, a Trieste c’è Remazel, Redaelli, fino a tempi recenti c’era Wartsila, Fincantieri, a Ortona ancora Walter Tosto e a Mantova Belleli”.
Il vertice di A.C. Experts Marine ha concluso il suo discorso dicendo: “L’augurio che mi faccio, quale parte interessata e che faccio a tutti, è che a livello governativo ci sia, in primis, la massima attenzione nei confronti di una robusta e seria politica industriale, atta a sostenere chi produce in Italia, perché è evidente che se non si tutela il produttore, non c’è nulla da esportare e non c’è nessuna filiera di trasporto. Sarebbe poi indispensabile che anche le autorità e gli enti locali entrassero in un’ottica di ‘gioco di squadra’ e che la loro partecipazione, attiva o passiva che sia, non abbia solo lo scopo di burocratizzare ogni singola fase, con vincoli e regolamentazioni che hanno quasi sempre l’effetto di generare dei colli di bottiglia, aumentando tempistiche e costi, ma abbia lo scopo di sostenere l’intera filiera di trasporto con un atteggiamento collaborativo e proattivo che permetta di affrontare assieme le sfide dei prossimi anni”.
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