La logistica negli occhi degli altri al centro dell’ultimo convegno di Assologistica
Milano – È opinione diffusa tra gli operatori logistici che il loro settore non goda di buona fama e anzi che a volte non goda di fama tout court. I pubblici riconoscimenti che il comparto ha ottenuto durante l’emergenza sanitaria (in particolare nelle fasi più dure, quelle della primavera del 2020) sembrano ormai dimenticati e […]
Milano – È opinione diffusa tra gli operatori logistici che il loro settore non goda di buona fama e anzi che a volte non goda di fama tout court. I pubblici riconoscimenti che il comparto ha ottenuto durante l’emergenza sanitaria (in particolare nelle fasi più dure, quelle della primavera del 2020) sembrano ormai dimenticati e il riacutizzarsi dei conflitti sociali negli ultimi mesi (insieme all’apertura di una serie di inchieste da parte di procure e nuclei della Gdf) ne ha messo sotto i riflettori dei media soprattutto le criticità.
Per provare a comprendere come modificare questa percezione, Assologistica ha dedicato il suo convegno annuale sui ‘logistici dell’anno’, che si è svolto a Milano nella sede di Assolombarda, al tentativo di farsi raccontare il settore da chi non ne fa parte direttamente, ma lo tratta ugualmente per via delle sue attività, imprenditoriali o accademiche.
Per dirla con le parole del presidente dell’associazione, Umberto Ruggerone, che ha aperto il convegno, quello della logistica è spesso descritto come un “settore grigio, con lati oscuri” nonostante si tratti di un comparto oggi in piena crescita, “con prospettive di sviluppo occupazionale a due cifre” e un percorso già avviato sulla strada della sostenibilità (la quale, secondo il numero uno di Assologistica, dovrà dare priorità nell’ordine agli “aspetti sociali, poi a quelli economici e a quelli ambientali”).
Uno spunto interessante per modificare la ‘narrazione’ del comparto è arrivato da Roberto Zucchetti, docente di Economia dei Trasporti all’Università Bocconi. Pur evidenziando come la logistica dimostri la sua importanza anche per via del suo peso sul Pil (“Se 10 punti di Pil vi sembran pochi…” era il titolo del suo intervento), ha poi invitato a prestare attenzione (e quindi forse a sottolineare di più nella comunicazione verso l’esterno) altri indicatori economici, come quelli rappresentati nelle tavole di input-output dell’Istat relative all’interscambio tra settori produttivi.
Dalle quali si evince con maggior chiarezza come in Italia la logistica non sia un servizio ‘ancillare’ ma un fattore rilevante nella produzione di tutti i settori (più dell’energia), pesando ad esempio addirittura il 19% per l’industria estrattiva e circa il 10% per quella di legno e minerali. Da Zucchetti è arrivata poi anche una valutazione della crisi delle supply chain in prospettiva: “Le problematiche tecniche si risolveranno, le guerre commerciali no” ha affermato il docente, che ha chiuso il suo intervento con un messaggio di allerta agli operatori: “Attenzione a non lasciare le chiavi della ‘catena logistica’ in mano ai nostri avversari (in senso geopolitico, ndr)”.
Considerazioni sulla percezione che della logistica hanno i non addetti ai lavori sono arrivate anche da Antonio Romano, fondatore della società di brand design Inarea cui si deve anche il restyling del logo di Confindustria.
Nel corso di una tavola ritonda moderata dal direttore di SUPPLY CHAIN ITALY, Nicola Capuzzo, Romano ha usato esempi tratti dalla storia industriale italiana per descrivere lo stato dell’arte del settore. Se ad oggi le imprese logistiche assomigliano, a suo avviso, alle utility dell’energia di qualche anno fa (“ti accorgi della loro esistenza solo quando c’è qualche guasto”), il fondatore di Inarea ha poi anche ricordato il percorso positivo compiuto ad esempio in Italia dal settore enologico, che dall’immagine cupissima a cui era arrivato negli anni ’80 per via della vicenda metanolo è poi riuscito a riaffermarsi grazie a investimenti anche in comunicazione. Insomma, anche se la strada per un cambiamento nella comunicazione del settore può durare “mesi o anni”, è necessario percorrerla perché “ogni soggetto che esiste comunica, e lo fa anche quando non si accorge di farlo ” e “nella realtà di oggi, ogni azienda sul mercato è anche per forza una media company”.
Sugli eccessi di una comunicazione ‘vuota’ o fuorviante ha d’altra parte messo in guardia Michele Acciaro, professore associato di logistica marittima alla Kuehne Logistics University di Amburgo. In un intervento in cui ha citato casi paradossali di greenwashing, Acciaro ha ricordato come il concetto di sostenibilità, oggi molto utilizzato anche dalle aziende del settore che vogliono rinnovare la propria immagine, sia spesso vago o declinato solo rispetto al tema delle emissioni di CO2 nella fase del trasporto, mentre dovrebbe includere anche aspetti di equità e benessere sociale e comprendere tutto il ciclo di vita di un bene.
Il tema dell’impatto del settore è stato al centro anche del discorso di Marco Facchinetti, architetto e professore di Architettura e Studi Urbanistici del Politecnico di Milano, secondo il quale per modificare la percezione che si ha in particolare di capannoni e immobili logistici questi andrebbero vanno mostrati nella loro veste di bene infrastrutturale più che immobiliare. “Costruiamo macchine complesse, il cui impatto sul territorio spesso è limitato dato che sono convertibili, e che sono le fabbriche del 2021″ ha affermato Facchinetti, per il quale comunque la chiave per lo sviluppo futuro in sarà quella del riuso di stabilimenti industriali dismessi, che offrono il vantaggio di essere in prossimità dei centri urbani e di evitare scontri con gli enti locali”.
La tavola rotonda ha ospitato anche gli interventi di altri professionisti che hanno raccontato il settore secondo il loro peculiare punto di osservazione. Maddalena Castellani, avvocato e docente di Diritto della Blockchain, ha parlato di questa nuova tecnologia (o, meglio, paradigma) evidenziando che “l’interesse da parte delle aziende italiane c’è, ma le imprese devono capire in che modo può servire loro”. Inoltre, “devono capire che stanno investendo in qualcosa che non è normato, o meglio lo è in parte” ha aggiunto Castellani, spiegando che la blockchain in Italia trova spazio a livello normativo “solo nell’articolo 8ter del Decreto Semplificazioni 2018, che parla di tecnologia distribuita e smart contract” secondo definizioni, però, a suo giudizio, che “non sono corrette né dal punto di vista giuridico né informatico”. Da qui la richiesta che Assologistica si faccia portatrice, presso il governo, della necessità di definire meglio il quadro normativo della blockchain.
Anche da Davide Chiaroni, professore ordinario di Strategy e Marketing del Politecnico di Milano, è arrivata la richiesta diretta all’associazione di fare da tramite con le istituzioni, in questo caso per l’introduzione di un meccanismo come il rilascio di certificati bianchi per soggetti virtuosi in tema di decarbonizzazione, proposta in linea con quella delineata dal presidente di Assologistica Umberto Ruggerone nei giorni scorsi sulle pagine di SUPPLY CHAIN ITALY.
Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, ha infine offerto uno sguardo sull’evoluzione del settore dal punto di vista occupazionale. In un intervento dal titolo emblematico ‘Informo e formo, dunque occupo’, ha sottolineato il valore della formazione in particolare alla luce del percorso di transizione energetica. Chiamato infine a descrivere quali saranno in questo ambito le tendenze per il futuro, Frosi ha evidenziato la necessità di persone “in grado di guardare i dati e leggerli in maniera intelligente, interpretarli”, a suo avviso una capacità che dovrà sempre più appartenere “a tutte le funzioni, anche quelle più operative”.
F.M.