Allarme di Confindustria Udine: “Ennesimo shock per la catena di fornitura delle nostre imprese”
“La situazione, arrivati a questo punto, richiede non parole, ma interventi comunitari e nazionali rapidi per risolvere l’enorme problematica della dipendenza energetica del nostro Paese. Bisogna attuare azioni immediate per ridurre le forniture energetiche esterne, non soltanto russe, ma anche quelle che derivano da tubature, degassificatori, ecc. che restano in ogni caso strutture soggette a […]
“La situazione, arrivati a questo punto, richiede non parole, ma interventi comunitari e nazionali rapidi per risolvere l’enorme problematica della dipendenza energetica del nostro Paese. Bisogna attuare azioni immediate per ridurre le forniture energetiche esterne, non soltanto russe, ma anche quelle che derivano da tubature, degassificatori, ecc. che restano in ogni caso strutture soggette a variabili non controllabili e con un elevato costo di mantenimento e manutenzione, che mina e continuerà a minare la competitività del nostro sistema industriale e del bilancio delle famiglie”.
Inizia così la lunga comunicazione pubblicato e diramata da Confindustria Udine con il titolo “Ennesimo shock per la catena di fornitura delle nostre imprese” in cui si parla di criticità della logistica merci.
“Cosa serve è chiaro” scrivono gli industriali: “impianti solari ed eolici al Sud, utilizzo dei giacimenti di gas nazionali (eventualmente adriatici) con un programma di produzione di energia nucleare per idrogeno green. Ma ad oggi un programma accelerato ancora non esiste”. E, come se non bastasse, “a questo gigantesco problema si aggiungono di volta in volta altri ostacoli con dinamiche temporali (probabilmente) temporanee, ma non per questo meno impattanti”.
L’esempio citato è quello del severo lockdown ancora in atto in Cina e per effetto del quale circa 25 milioni di persone sono chiuse in casa a Shangai. “Queste misure hanno provocato un ingorgo di proporzioni gigantesche al locale porto” ricorda Confindustria Udine, precisando che “fra le oltre 500 navi mercantili attualmente ferme davanti alla costa di Shanghai a decine sono cariche di metalli raffinati e altre sono in attesa di caricare materiali pronti per la distribuzione commerciale”.
Secondo gli industriali “i ritardi nelle consegne cominciano a essere imprevedibili e stanno impedendo sia alle imprese di rispettare i termini di consegna dei beni lavorati o dei componenti che agli esercizi commerciali di avere alcune merci da esporre in vendita”. Non solo: “Tutta la logistica delle merci è fortemente rallentata; le maggiori criticità riguardano le operazioni di carico e scarico, le necessarie formalità burocratiche ma anche il trasporto via terra. L’intera logistica mondiale, già provata dalla pandemia e dai più recenti effetti negativi prodotti dal conflitto russo-ucraino, dunque, sta soffrendo per questa ennesima, pesante strozzatura, seppur, auspichiamo, temporanea, con treni che partono dai porti degli altri continenti mezzi vuoti, e prezzi dei container e dei trasporti che salgono e scendono non più secondo la classica legge della domanda e dell’offerta, ma in base a logiche imprevedibili, legate prima di tutto alla loro semplice disponibilità”.
La nota di Confindustria prosegue spiegando che “la scarsità di merci sta lentamente plasmando quella che gli economisti chiamano crisi da offerta. In pratica i beni prodotti dall’industria sono molti meno di quelli richiesti dal mercato e questo fenomeno finisce anch’esso per alimentare l’inflazione, già schizzata negli ultimi mesi a livelli record. Oltre all’aumento dei prezzi delle materie prime, stanno lievitando i listini di numerosi beni, ad esempio quelli delle automobili perché la domanda resta forte, ma nessun costruttore riesce a produrre di più. Tali effetti, a cascata, finiscono per trasferirsi trasversalmente su tutti i comparti produttivi manifatturieri, dalla meccanica al legno arredo, dalla chimica alla plastica, per citarne soltanto alcuni”.
Gli industriali mettono in guardia sul fatto che “gli effetti del blocco del porto di Shanghai saranno evidenti tra circa 40 o 50 giorni, periodo corrispondente al tempo medio di percorrenza di un container che da Shanghai deve arrivare nei porti più occidentali. È praticamente impossibile quantificare eventuali danni economici – diretti e indiretti, immediati e a medio termine – generati da questo nuovo fronte di sofferenza sul versante della logistica, ma per comprendere cosa c’è potenzialmente in ballo, a livello nazionale e territoriale, basta ricordare alcuni dati sull’interscambio commerciale con la Repubblica Popolare Cinese, tenendo conto che la quota preponderante delle merci che compriamo e vendiamo in Cina viaggia via nave e che il porto di Shanghai è il principale scalo marittimo interessato da tali flussi di merci”.
La Cina per l’Italia rappresenta il nono partner commerciale per valore di beni esportati e il terzo per beni importati. Nel 2021, secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine, le esportazioni italiane in Cina, rispetto all’anno precedente, sono aumentate del 22,1% (passando da 12.851 a 15.691 milioni di euro) e del 21% rispetto al 2019. Le importazioni, invece, sono cresciute del 19,4%, da 32.256 a 38.525 milioni di euro. La principale voce di esportazioni sono i macchinari, +12,9% la variazione tendenziale nel 2021 (da 3.777 a 4.265 milioni di euro).
Questa la conclusione di Confindustria Udine: “Questo lockdown in Cina sta già avendo un impatto significativo sulle supply chain globali. Se non verrà presto rimosso, nel breve termine si prevede un rallentamento della domanda di trasporto. Quando la situazione tornerà, sperabilmente, alla normalità si tornerà a vedere una spinta improvvisa verso l’alto delle spedizioni e, conseguentemente, delle tariffe per i trasporti via mare. Extra-costi che, come ormai siamo abituati, finiranno inevitabilmente per gravare sulle nostre imprese manifatturiere”.