“Capacità insufficiente per movimentare i vostri veicoli”: allarme della logistica automotive
Non c’è pace per la logistica dei veicoli finiti: dopo la crisi nata nel 2020, che ha portato a un calo e soprattutto a una imprevedibilità dei volumi trasportati (con conseguenti frenata degli investimenti degli operatori e fuga della manodopera), la fase attuale sta vedendo ancora più esacerbate le criticità per gli stessi logistics provider, […]
Non c’è pace per la logistica dei veicoli finiti: dopo la crisi nata nel 2020, che ha portato a un calo e soprattutto a una imprevedibilità dei volumi trasportati (con conseguenti frenata degli investimenti degli operatori e fuga della manodopera), la fase attuale sta vedendo ancora più esacerbate le criticità per gli stessi logistics provider, alle prese con costi (di energia e carburante, ma non solo) moltiplicati, ulteriori fuoriuscite dal settore (in particolare di autisti ucraini) e contratti che si stanno rivelando non più remunerativi.
Un contesto difficile – che si può riassumere nella formula ‘crisi di capacità’- contro il quale si stagliano però le previsioni di una lenta ripresa delle vendite, che gli operatori rischiano di non poter accompagnare.
Il tema è stato al centro dell’ultima Ecg Conferenze, che si è svolta a Vienna la scorsa settimana. La disamina dell’associazione dello stato di salute delle tre principali modalità di trasporto non lascia molto ottimismo. Quello stradale, per iniziare, si trova ora a soffrire in primis per la carenza di mezzi. Sei tra i più grandi operatori hanno dichiarato di avere dismesso dal 2020 il 27% della capacità, per circa 1.500 veicoli (perlopiù avviati a demolizione, quindi fuoriusciti dal mercato), mentre una ulteriore percentuale di mezzi compresa tra il 5 e il 10% è ferma per la mancanza di autisti. In aggiunta, secondo Ecg, molti piccoli operatori offrono ora i propri servizi su base spot, rifuggendo i contratti con i logistics provider, e quindi creando ulteriori inefficienze ai network.
Non molto diverso il contesto del trasporto marittimo di corto raggio: anche qui, la capacità si è ridotta perché molte delle navi più vecchie negli ultimi anni sono state demolite o cedute, in particolare in Asia dove la domanda è forte. Anche se diverse unità più grandi sono in costruzione, gli ordini di quelle di taglie inferiori sono ai minimi storici. Le difficoltà sono aggravate dalle perduranti situazioni di congestione in alcuni porti chiave. Simile appare anche la situazione del trasporto ferroviario: si osservano contrazioni di capacità (sia di carri, sia di locomotori) così come mancanza di macchinisti e soprattutto difficoltà nell’utilizzo delle infrastrutture. Questo problema si avverte in particolare in Germania, dove tra cantieri aperti e la priorità sulla rete assegnata al trasporto di prodotti energetici si stima una carenza di capacità del 35-40%.
La risposta a queste criticità secondo Ecg resta quella della ricostruzione di un rapporto di fiducia tra case produttrici e operatori logistici e in una condivisione più equa tra le parti del rischio. Tradotto, secondo l’associazione i produttori dovrebbero garantire contratti (anziché affidamenti spot) più bilanciati e più lunghi, con volumi minimi garantiti, miglior pianificazione delle operazioni, rispetto dei termini e adeguamenti per costi crescenti. Tuttavia, anche se la fiducia e gli investimenti dovessero tornare immediatamente, va considerato che i tempi per vedere miglioramenti nei settori del trasporto su gomma e via mare saranno lunghi (sono necessari almeno 15 mesi per ricevere un nuovo mezzo stradale e 4-5 anni per mettere in acqua una nuova nave). Ancora più difficile la situazione del trasporto ferroviario, dove come visto sono necessari investimenti infrastrutturali pubblici.
“C’è il rischio concreto che non ci sarà capacità per trasportare i veicoli”,” ha dichiarato durante l’assemblea il direttore esecutivo di Ecg Mike Sturgeon, che poi ha aggiunto: “Andrà peggio, prima di andare meglio”. Tra le iniziative che da parte sua l’associazione promette di continuare a sostenere c’è lo sviluppo di un indice dei costi della logistica di trasporto veicoli finiti (composto da indicatori quali il costo della manodopera, dei charter, dell’acquisto di asset, ma non da quello del carburante) che possa fungere da “strumento per la negoziazione di contratti” di più lunga durata e che “aiuti a proteggere i margini” garantendo maggiore trasparenza.
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